Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 1/2021)
ANNO B – 10 gennaio 2021
Battesimo del Signore
Isaia 55,1-11 • Salmo Is 12,2.4-6 • 1Giovanni 5,1-9 • Marco 1,7-11
(Visualizza i brani delle Letture)
Battesimo del Signore
Isaia 55,1-11 • Salmo Is 12,2.4-6 • 1Giovanni 5,1-9 • Marco 1,7-11
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IMMERGERSI NELLA STORIA E NEL MONDO
Singolare la prima apparizione pubblica del Figlio di Dio! Trent'anni di vita racchiusi in quel «Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni». Niente che soddisfi la nostra curiosità. Eppure, in questo brevissimo versetto c'è tutta la teologia, c'è il senso di come Gesù intenda manifestare il suo essere uomo e il suo essere Dio.
Da Nazaret. Nulla che marcasse la differenza tra il Figlio di Dio e i figli dell'uomo se è vero, che a fronte dei prodigi operati da lui, la maggior parte obietterà: «Non è costui il figlio del carpentiere? Da dove mai tanta sapienza?». Nazaret, infatti, non rilascia titoli: ti consegna solo la capacità di far fronte a nuovi imprevisti, non perché ti correda di risposte ma perché ti offre i criteri per attraversare nuovi guadi. A Nazaret imparerà a sue spese cosa significa la convivenza con gli uomini. Se vuoi parlare loro devi indossare i loro panni; se vuoi far breccia nel loro cuore devi apprendere la loro lingua, devi capire che cos'è che appassiona un uomo, cosa lo angoscia.
Quel gesto era molto più che un rito. Esprimeva il modo in cui Gesù avrebbe inteso operare: nel segno della condivisione, a misura d'uomo, senza perdere mai la consapevolezza di essere il Figlio di Dio. Ecco perché è un gesto rivelativo: dice qualcosa dello stesso Dio, tanto è vero che proprio tale gesto non tarderà a ricevere l'approvazione del Padre. A noi verrebbe da concludere che non può essere Dio uno così: per questo il Padre non fa mancare la sua rassicurazione. È proprio lui, altro che. Un Dio che si umilia e che si abbassa esula dal nostro immaginario su di lui.
Il venire al Giordano per farsi battezzare è il segno evidente del non voler evitare la storia e del non scansare l'umano: vi si immerge per amore, non per curiosità. Si è messo sui passi dell'uomo per comprendere attraverso quali vie egli dà credito alla seduzione del male e proprio ripercorrendo il medesimo cammino, poter attestare che l'uomo è in grado di respingere il fascino della seduzione se permane in atteggiamento di fiducia nei confronti del Padre. Ecco la "differenza cristiana": assumere uno "stile altro" nella comune compagnia degli uomini.
Il Figlio di Dio comincia con l'assumere l'aspetto più vulnerabile non già con il rimprovero bensì con la compassione, non con il correre ai ripari ma con la condivisione, non con l'isolamento di chi rivendica speciali prerogative ma con il contatto. L'acqua sulla testa è memoria di un'appartenenza, è l'armatura mediante la quale affrontare il nemico, è il segno che la disperazione è vinta: Dio in te si compiace.
Non vorrebbe essere questo il nostro battesimo? Non un'etichetta da esibire ma un essere nel mondo - così com'è - perché esso viva.
Se il nostro battesimo è arrivare ad avere in noi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (Fil 2,5), non si tratta, allora, di un nuovo rituale ma della decisione di continuare a restare nella storia da figli di Dio. Gesù lo farà a prezzo della sua stessa esistenza, di nuovo scegliendo di entrare in un battesimo, quello della passione e morte.
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