Immacolata concezione della B.V. Maria




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 11/2020)


ANNO B – 8 dicembre 2020
Immacolata concezione della B.V. Maria

Genesi 3,9-15.20 • Salmo 97 • Efesini 1,3-6.11-12 • Luca 1,26-38
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IL SOSPETTO E LO STUPORE

Dal sospetto circa le reali intenzioni di Dio verso l'umanità allo stupore per ciò che compie chiedendo a Maria di diventare Madre del Figlio suo: ecco il cammino che la festa dell'Immacolata ci propone di compiere.
Tutti veniamo al mondo con una ferita che non sarà mai del tutto rimarginata: tale ferita ha a che fare con il sospetto che Dio nutra gelosia per le sue prerogative divine. Il tarlo che ci rode è che noi non siamo fatti per conoscere un'esistenza felice. La nostra è piuttosto una pena da scontare. Questa inclinazione al sospetto condiziona la mente, il cuore, l'approccio alla realtà, i rapporti.
Contemplare l'Immacolata, invece, vuol dire restare stupiti di Dio che non giungerà mai a maledire l'opera delle sue mani. Dio non si lascia disarmare dall'ingratitudine umana e per questo rilancia la sua offerta pensando (concependo) a una creatura capace di mostrare come sarebbe l'umanità senza peccato, come sarà quando vedremo Dio faccia a faccia e come potrebbe essere già ora, già qui.
Maria è il segno di che cos'è la felicità e di come la si raggiunge: la felicità è la pienezza della comunione con Dio e la si raggiunge solo nella disponibilità a fidarsi della sua parola, mettendola in pratica con gioia, scrutandola con intelligenza, realizzandola con prontezza.
La nostra umanità è pienamente riuscita non quando è costretta a rincorrere miraggi o quando si vede riconoscere ruoli e titoli. Quella di Maria non è la favola in cui la ragazza prescelta viene portata a corte dal re. Resterà a Nazaret, paese sperduto della Galilea, non conoscerà l'onore della cronaca, eppure proprio la sua obbedienza piena di amore è ciò che ha fatto sì che noi potessimo contemplare la storia da un'altra prospettiva. Penso, così, alla fedeltà alla nostra storia, ai nostri luoghi, ai nostri rapporti: forse ci sfugge la portata che essa può avere a beneficio dell'intera umanità.
Adamo ed Eva, nel tentativo patetico di non accettare la propria condizione, credono di potersi emancipare diventando "come Dio" e, ahimè, finiscono per ritrovarsi fragili e nudi. Maria, invece, riconciliata con la sua condizione ("l'umiltà della sua serva"), fa della sua storia una terra di benedizione per tutti.

Sta a noi scegliere. Dare ascolto alla teologia del serpente antico o a quella del sogno di Dio per ogni uomo? Perpetuare la diffidenza di Adamo ed Eva secondo criteri adolescenziali trasversali a ogni età o scegliere di vivere la nostra umanità come Maria così da trasformare la terra dell'irrilevanza in terra del significato e della benedizione?
Diffidare o affidarsi? Continuare a vivere una sorta di alienazione o riappropriarci della bellezza a cui siamo chiamati e di cui siamo costituiti immagine? Perpetuare l'inganno che fa evaporare il sogno di Dio o incamminarci per la strada che ci vuole ancora santi e immacolati? Il sogno di Dio, infatti, per quanto infranto non è mai deposto, mai abbandonato.
Reiterare la rottura o risanare la separazione tra creatura e Creatore?
Santi e immacolati nell'amore o poveri illusi che dilapidano un'eredità preziosa per un pugno di cenere?


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