XXV Domenica del Tempo ordinario (A)



Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 8/2020)



ANNO A – 20 settembre 2020
XXV Domenica del Tempo ordinario

Isaia 55,6-9 • Salmo 144 • Filippesi 1,20c-24.27a • Matteo 20,1-16
(Visualizza i brani delle Letture)

LA VERA GIUSTIZIA

Questo padrone spiazza tutti! Prima ha spiazzato gli operai ancora in piazza durante il pomeriggio, che ormai pensavano d'aver perso la giornata. E poi li sorprende ancora quando li paga. In quel momento scoprono, con stupore, di ricevere un denaro, che è la paga di un'intera giornata di lavoro. Il loro stupore è la gioia di aver avuto un dono immeritato. Poi, però, spiazza anche gli operai della prima ora. Evidentemente delude le loro attese: quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Quindi mormorano contro il padrone. Quei poveretti, che han sopportato il peso della giornata e il caldo, possono almeno avere il diritto di lamentarsi e possono almeno rivendicare di aver subito un torto.
E allora la parabola spiazza anche noi. Infatti, la prima cosa che abbiamo pensato è che questo padrone è ingiusto. È questo il punto a cui Gesù vuole farci arrivare, costruendo la storia in modo così intelligente. È costruita in modo che tutti ci schieriamo dalla parte degli operai della prima ora. La loro rabbia è anche la nostra. Ma la parabola ci spiazza completamente, perché questo padrone difende il suo operato come giusto e buono. Dice all'operaio che si lamenta: Amico, io non ti faccio torto. Non solo è ingiusto, ma rivendica pure di essere giusto. E di essere pure buono: Io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? E qui ci spiazza ancora! Se il padrone avesse risposto: Sì, è vero, avreste meritato di più..., in fondo avrebbe ammesso di essere stato un po' ingiusto. Invece lui gira la frittata, e il malpensante diventa l'operaio che ha lavorato di più! In altre parole dice: Tu sei arrabbiato perché io sono generoso. Ma il problema è che il tuo occhio è cattivo. Il problema non sta nella mia libera decisione. Delle mie cose faccio quel che mi pare. Il problema risiede nel tuo cuore invidioso e nel tuo occhio malevolo.
Gesù racconta questa storia in modo geniale: ha costruito un'esca che ci attira, creando in noi delle attese. Poi sul più bello, le fa saltare tutte. In psicologia si chiama "test proiettivo". Senza accorgercene, noi proiettiamo dentro la storia che ascoltiamo i nostri pensieri e le nostre emozioni. Tu ti identifichi nella storia e ti arrabbi,e alla fine lui - come Natan a Davide - ti dice: Tu sei quell'uomo. Ciascuno di noi s'è identificato con l'operaio che si lamenta. Ci sentiamo come lui, proviamo il suo stesso senso di ingiustizia.

È la presunzione che portiamo nel cuore. Siamo noi che ci riteniamo operai della prima ora, che credono di avere il potere di decidere quanto ciascuno deve avere. Siamo noi che pensiamo di poter rivendicare qualche privilegio. Siamo noi che rivendichiamo il diritto di lamentarci, contro qualcuno che meritava meno di noi. È sterile chiedersi se il padrone è giusto o ingiusto. Non è questo il problema. Quel che conta è che la parabola ci ha smascherato: noi ci sentiamo sul piedistallo, un gradino sopra gli altri. Ma anche a ciascuno di noi, come all'operaio che mormora, il Signore dice: Amico. E da amico ci avverte amorevolmente. Finché pensi di essere tra i primi, che possono rivendicare privilegi, sei dalla parte sbagliata, perché gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.


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