XXIV Domenica del Tempo ordinario (A)



Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 8/2020)



ANNO A – 13 settembre 2020
XXIV Domenica del Tempo ordinario

Siracide 27,30-28,7 • Salmo 102 • Romani 14,7-9 • Matteo 18,21-35
(Visualizza i brani delle Letture)

UN PERDONO RECIPROCO

Pietro comincia il suo discorso con una frase ipotetica, circa la possibilità che un fratello pecchi contro di lui. Non mette nemmeno in conto che quel fratello che pecca contro altri potrebbe essere lui stesso... È possibile che la domanda sia nata da una situazione precisa nei difficili rapporti tra i Dodici. Capita che la risposta al peccato altrui diventi una decisione ferma e risoluta, quasi a espellere il fratello dalla propria vita, anche se solo temporaneamente. Dunque la proposizione ipotetica non racconta di un'eventualità remota e altamente improbabile: più che un'eventualità è una certezza: accadrà sicuramente. Che fare allora?
Quando si parla di comunità il tema del conflitto non si può aggirare. La risposta di Gesù a Pietro è immediata e senza esitazioni: perdonare fino a settanta volte sette. L'accento si potrebbe porre sulla misura di questo perdono, concesso a oltranza; ma si può pure mettere sul peccato: se c'è un perdono concesso con tanta abbondanza, c'è anche un'offesa reiterata allo sfinimento. Il male ci accompagna, attraversa ogni comunità, con una sistematicità che fa spavento: se vuoi vivere la fraternità, preparati al peccato del fratello.
Forse per questa ragione anche la parabola seguente è esagerata nei numeri proposti: si racconta infatti di due debiti, uno dei quali è talmente grande da potersi paragonare a quello di uno Stato moderno, sproporzionato rispetto alle possibilità di un singolo uomo. Eppure, Gesù gioca su queste esagerazioni per raccontare che il male non ha una piccola quota nell'esistenza dei singoli e della comunità cristiana. Un male al quale non c'è soluzione, fino a che si resta rinchiusi in uno sguardo stretto e limitato al rapporto tra peccatore e offeso.
La parabola è semplice: un padrone e un gruppo di servi sono i protagonisti; tra questi ultimi vi sono due debitori: un primo verso il padrone e un secondo verso il collega. Ovviamente la parabola è originata dalla domanda di Pietro; ma Gesù estende lo sguardo e ricorda che anche il servo creditore ha un debito verso il padrone, decisamente più alto. Fino a quando l'attenzione sta sulla rottura che c'è tra offeso e offensore, non ci sono vie d'uscita: la vittima avrà ogni ragione per rimproverare il colpevole e questi potrà tutt'al più giustificarsi, cercare attenuanti, ma non riuscirà mai a rasserenare colui che è stato ferito. Infatti Pietro dichiara di essere disposto a perdonare il proprio fratello, però al massimo sette volte!

Gesù, invece, parla di un debito sproporzionato per dare l'idea che nessuno è in grado di ripagare: o si incontra il perdono o non ci sono possibilità di ripianarlo. Ancora una volta Gesù restituisce spessore alle parole: fratello non può essere un termine vuoto, ma è una realtà che deve trovare spazio nelle concrete relazioni di una comunità. Proprio questa condizione di uguaglianza ci riporta al grande debito che ciascuno ha nei confronti del Padre che sta nei cieli e che lui ha già condonato. È su questo condono che si deve basare la relazione tra i fratelli. Poiché siamo tutti perdonati, possiamo scambiarci un perdono reciproco. Ecco perché entrano in causa gli altri servi: non come spie, ma come fratelli che richiamano l'attenzione sul bene e non sugli egoismi di turno.


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