XXVI Domenica del Tempo ordinario (A)



Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 8/2020)



ANNO A – 27 settembre 2020
XXVI Domenica del Tempo ordinario

Ezechiele 18,25-28 • Salmo 24 • Filippesi 2, 1-11 • Matteo 21,28-32
(Visualizza i brani delle Letture)

LE BELLE PAROLE NON BASTANO

Che ve ne pare? Spesso Gesù inizia così i suoi racconti. Alla fine sei tu che devi dare il tuo parere. Questo è lo scopo delle parabole: farci entrare da protagonisti nel racconto, per poter aprire gli occhi e vedere la vita da un punto di vista diverso. Un uomo aveva due figli. A tutti e due chiede di andare a lavorare nella vigna. Il primo risponde in maniera sfacciata: Non ne ho voglia. Ma poi si pente e ci va. Il secondo figlio risponde: Sì, signore, come un soldatino. Ma poi non va. Ora da' il tuo giudizio: chi dei due ha compiuto la volontà del padre?
La risposta è ovvia: il primo. L'obbedienza alla volontà di Dio non è fatta di sole parole. Non chiunque dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio. Fin qui, tutto molto semplice. Soffermiamoci, però, su chi dà questa risposta. Sono quelli che Gesù paragona al figlio che poi non va. Sono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, sono gli uomini religiosi.
A loro Gesù fa capire che il giudizio che hanno dato è su sé stessi. Loro dicono di fare la volontà di Dio, ma non sono loro i figli obbedienti. I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Non vedono la propria disobbedienza, perché la nascondono dietro belle parole. Questo è il rischio delle persone religiose e pie. La parabola dei due figli è proprio per noi "praticanti". È a noi che Gesù dice: che ve ne pare?
Ci obbliga a prendere posizione, a guardarci allo specchio, a guardare dentro noi stessi. Noi che ascoltiamo la parola di Gesù, nella vita che risposta diamo? E dentro al cuore, mentre diciamo belle invocazioni liturgiche, quale parola risuona? Se siamo sinceri, dentro di noi, mentre diciamo "sì", c'è anche il "no". Quel no che tanti che non vengono in chiesa dicono spudoratamente. Chi disobbedisce apertamente può vedere il suo peccato e pentirsi. Ha visto, ha riflettuto,s'è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà - dice il profeta Ezechiele. Se vedi il tuo peccato, puoi pentirti; se non lo vedi, la conversione è impossibile.

I pubblicani e le prostitute – dice Gesù – hanno creduto e si sono pentiti. I pubblicani son quelli che per denaro vendono la loro dignità ai romani invasori. Le prostitute sono le donne che vendono il proprio corpo. Venduti nell'anima e nel corpo! Chi c'è peggio? Si vendono, e lo fanno pure pubblicamente, meritandosi il titolo di pubblici peccatori. Il loro peccato è sotto gli occhi di tutti. Quei traditori, quelle scostumate precederanno nel regno di Dio tanti "santerellini".
Per quale motivo? Hanno ricevuto il giudizio di condanna dalla gente. Viene in mente san Francesco. Quando Fra Masseo gli chiede:«Perché tutto il mondo corre dietro a te?», lui risponde: «Perché Dio non ha trovato sulla terra un peccatore più vile di me». Sapeva d'essere un peccatore graziato dall'amore di Dio. E quando incontra la prostituta che le propone di giacere con lei, Francesco si spoglia e si stende sulle braci ardenti. Senza nessun giudizio, le aveva detto: «Io sono come te». E lei si converte. Al contrario, noi osservanti non sentiamo il bisogno di cambiare vita, anzi siamo molto attaccati ai nostri vizi nascosti. Per questo Gesù con noi uomini religiosi è così duro, per svegliarci e aprirci gli occhi. Se ci guardiamo allo specchio di questa parabola e riconosciamo la nostra disobbedienza nascosta, scopriamo che Dio può guarirci.


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