XXI Domenica del Tempo ordinario (A)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 8-9/2020)



ANNO A – 23 agosto 2020
XXI Domenica del Tempo ordinario

Isaia 22,19-23 • Salmo 137 • Romani 11,33-36 • Matteo 16,13-20
(Visualizza i brani delle Letture)

IMPOSSIBILE SENZA L'ALTRO

Gesù chiede ai suoi discepoli che cosa di lui si dica in giro. Ma desidera sapere soprattutto dai discepoli: «Voi, chi dite che io sia?». Non si tratta di un interrogatorio, di un esame. Gesù non è interessato a valutare se i suoi discepoli abbiano "capito la lezione" fin qui impartita. Siamo, infatti, a una svolta del Vangelo. Ormai Gesù ha preso la decisione e darà inizio al suo cammino doloroso, che lo porterà alla croce. Lui ha chiara la sua identità e la sua missione. L'ha maturata in sé fin dal battesimo ricevuto da Giovanni e ha lottato contro le tentazioni di esprimerla in modo differente.
Ha chiara la sua identità, ma ha anche necessità di "riceverla", di vederla riconosciuta dai suoi. Gesù vive una dinamica pienamente umana, che anche noi viviamo: anche lui, come noi, ha bisogno di esser riconosciuto per quello che è. Da soli non sappiamo chi siamo: siamo, infatti, non solo ciò che crediamo di essere, ma anche ciò che gli altri riconoscono di noi, ciò che gli altri ci restituiscono. Gesù, dunque, chiede: «Chi sono io?», per vivere, fino in fondo, la sua identità che lui conosce, ma sulla quale ora scommette tutta la sua esistenza.
Quando Pietro "riconosce" Gesù per quello che davvero è, a sua volta Gesù lo chiama con un nome nuovo. Pietro riceve un'identità che si radica sulla sua storia, ma che la ri-orienta facendole prendere una strada certamente non prevedibile. Gesù gli cambia il nome e lo costituisce per una missione sorprendente per un pescatore di Galilea. Dunque, perché Gesù ha chiesto: «Chi sono io?» ai suoi discepoli? Lo ha fatto per confermarsi nella sua identità o per donare loro e in particolare a Pietro una nuova identità? È evidente che Pietro sarà Pietro grazie all'incontro con Gesù. La conoscenza dell'identità di Gesù gli consentirà di riceverne una nuova. Sono gli incontri che ci trasformano: noi siamo il frutto delle nostre relazioni. Un frutto buono se le relazioni sono sane e generative, un frutto cattivo se viviamo relazioni malate.
Sapere chi sono è impossibile senza l'altro. L'identità non è uno scrigno chiuso: nasce dalla relazione e si plasma nelle relazioni. Per questo la scelta dei "compagni di viaggio" è decisiva nella nostra vita, a patto che le relazioni siano serie, profonde, e accettino la sfida delle domande scomode.

Una relazione è vera quando ci accade ciò di cui è capace Simone. Davanti alla domanda di Gesù, Simon Pietro dà una risposta che fa sgorgare in Gesù un'esclamazione: «Beato te, Simone!». Tu hai capito, dice Gesù, non perché ti sei riferito alla tua natura e alla tua storia, alla tua abitudine e alla tua formazione: qualcosa d'altro ti ha rivelato la verità. Qualcun altro. Pietro ha capito chi è Gesù perché ha avuto accesso a un altro ordine di conoscenza, a una verità profonda, a un metodo di analisi che supera i normali criteri di ragionamento e di giudizio.
«Lo conosco come le mie tasche... si capisce che è così...»: sono frasi che ci possono venire spontanee quando la lunga familiarità con una persona ci fa supporre che, ormai, di lei sappiamo tutto, possiamo addirittura prevedere ciò che risponderà e anticipare le sue azioni. Ma conoscere davvero l'altro significa gettare uno sguardo più in profondità. Richiede la consapevolezza che il suo "mistero" ci sfugge sempre.


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