a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 4/2020)
ANNO A – 5 aprile 2020
Domenica delle Palme
Isaia 50,4-7 • Salmo 21 • Filippesi 2,6-11 • Matteo 26,14 - 27,66
(Visualizza i brani delle Letture)
Domenica delle Palme
Isaia 50,4-7 • Salmo 21 • Filippesi 2,6-11 • Matteo 26,14 - 27,66
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LA RISPOSTA ALL'INFEDELTÀ DEGLI AMICI
Gli evangelisti hanno un certo accordo tra loro nella narrazione della passione; allo stesso tempo, ognuno accentua determinate caratteristiche. Matteo non nasconde la propria ostilità nei confronti dei "giudei" e, al contrario, una sorta di indulgenza verso il mondo romano, impersonato soprattutto da Pilato: forse, segno di quella comunità cristiana che viveva la persecuzione della sinagoga e non ancora dell'Impero. Se Gesù è in tutti i testi al centro, qui e nel Vangelo di Giovanni è sempre sotteso, anche quando non se ne parla: ne è il protagonista assoluto e unico, quasi fosse il convitato silente di ogni singolo passaggio, anche quello che vede per protagonista non lui ma qualcun altro.
La narrazione comincia con il tradimento di Giuda, che manifesta ciò che fin dall'inizio del Vangelo è stato detto di lui: l'essere egli il traditore. In verità, in queste pagine, l'evangelista lo definisce in quattro modi diversi: anzitutto lo identifica come un uomo che ha un proprio nome ("Giuda"). Poi è "uno dei discepoli", sottolineando la sua appartenenza radicale al gruppo dei dodici; quindi è "colui che tradisce", consegnando il Maestro per una manciata di monete. Infine, nell'ultimo incontro che avrà con Gesù, questi lo chiamerà "amico". La parola di giudizio che Gesù pronuncia su di lui e con cui lo descrive è quella di un amico che sì lo tradisce ma al quale è lasciata aperta ogni possibilità ulteriore, così come accadrà a Pietro. Solo Matteo ci racconta del disperato tentativo di annullare tutto da parte di Giuda, che proverà a riavvolgere il nastro, riconsegnando le monete. Ma la sua decisione sarà inutile e perciò fallimentare: il passato non si può cancellare.
Giuda sceglierà il suicidio, una volta che avrà preso atto del suo errore, sebbene non abbia tradito più di Pietro. La passione ci mostra che soltanto uno resta fedele fino in fondo, ed è Gesù: tutti gli altri falliscono, perché il Figlio di Dio non viene riconosciuto né dagli uomini di fede, né dalle folle, né dalla politica. Gesù si presenta non come un discendente messianico, ma come il Figlio dell'uomo annunciato dal profeta Daniele: un uomo con prerogative divine. Non sarà semplicemente un discendente di Davide che rivendica per sé il regno dell'antenato, ma colui che pur sedendo alla destra del Padre viene nel mondo. Ciò sarà come una bestemmia per il sinedrio.
Il punto è che pure i suoi amici più fidati, per i quali dona la vita e che hanno potuto vedere Gesù nella vita di tutti i giorni, persino loro non riescono a rimanergli accanto. In questa solitudine totale, in questo clima violento e ingiusto, Gesù non cadrà mai nella tentazione della violenza, che rifiuterà in ogni circostanza: tanto gli atti quanto le parole non sono mai velate da una nota aggressiva o vendicativa. Ma forse proprio per questo motivo Gesù rimane solo, al punto da arrivare persino a dubitare della vicinanza del Padre, chiedendosi se sulla croce non l'abbia abbandonato persino lui.
Rimarrà tuttavia fedele fino alla fine, rinunciando alla violenza, non giudicando nessuno e continuando a rivolgersi al Padre anche al culmine della disperazione. Uomo e credente fino in fondo, mostra la risposta di Dio all'infedeltà degli amici.
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