a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 3/2020)
ANNO A – 29 marzo 2020
V Domenica di Quaresima
Ezechiele 37,12-14 • Salmo 129 • Romani 8,8-11 • Giovanni 11 ,1-45
(Visualizza i brani delle Letture)
V Domenica di Quaresima
Ezechiele 37,12-14 • Salmo 129 • Romani 8,8-11 • Giovanni 11 ,1-45
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IL FUTURO È GIÀ NELL'OGGI
Il lungo brano della resurrezione di Lazzaro relega alla fine, in pochi versetti, il nocciolo che dovrebbe invece avere una rilevanza ben superiore. Si è, infatti, mai sentito di un uomo che sia tornato alla vita? E invece, dopo una lunga e dettagliata descrizione dell'antefatto, la conclusione dell'episodio sembra essere sbrigativa. In questo caso, a tutti gli effetti, bisogna ammettere che centro della fede cristiana non è il ritorno alla vita dell'uomo di Betania, ma che Gesù sia la resurrezione e la vita: domanda che, non a caso, il maestro di Nazareth rivolge a Marta, sorella del defunto. Accennato il punto cruciale, è possibile ripercorrere il corso della narrazione, ricominciando dall'inizio.
La Giudea si è fatta calda per Gesù, che rischia di essere lapidato. E allora si allontana dalla regione in cui vivono gli amici Lazzaro, Marta e Maria. Ma il primo si ammala gravemente, così da spingere le sorelle ad avvertire Gesù della sua possibile imminente morte. Tanto le sorelle quanto i discepoli hanno un'idea inscalfibile: si può fare qualcosa per una persona fintanto che è viva; una volta morta, invece, non c'è più nulla da fare. Perciò, se i discepoli accolgono con sollievo la decisione di Gesù di rimanere lontano da Gerusalemme, non lo capiscono più quando dichiara che, ora che Lazzaro è morto, è tempo di tornare in Giudea. Sarà Tommaso a dire con estrema chiarezza che la decisione di Gesù porterà non solo lui alla morte, ma anche tutti i discepoli.
La morte fa da sottofondo a tutto il racconto: quella di Lazzaro, di Gesù, dei discepoli e anche delle sorelle, che con il loro grido rimproverano l'amico di Nazareth sia dolcemente che disperatamente, dicendo che il fratello non sarebbe mai morto se Gesù fosse arrivato in tempo. Marta professa la sua fede nella potenza di Gesù («Qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà»), ma rimane esterrefatta alla proposta di lui di andare ad aprire una tomba nella quale il morto giace da quattro giorni nella calda terra di Palestina. Persino lei, che intuisce il rapporto speciale di Gesù con il Padre onnipotente, non riesce a immaginare che si possa parlare di resurrezione prima della fine dei tempi. La morte è il limite dell'oggi e pone l'ultima parola su ogni esistenza; la resurrezione invece è per un futuro lontano, quello dell'ultimo giorno.
Ed è proprio questa la conversione che deve realizzarsi nella fede dei discepoli di Gesù: lui vuole che credano che la resurrezione non concerne solo il futuro e che già nell'oggi non si può vivere schiacciati dal peso della morte. Chi crederà alla resurrezione di Gesù, se nel panorama presente c'è posto soltanto per la morte? Possono gli uomini essere governati dalla convinzione che la morte è la parola ultima e definitiva, fino a quando il Figlio dell'uomo tornerà? La resurrezione di Lazzaro è soltanto un segno della resurrezione vera, quella di Gesù. A Lazzaro non gioverà molto, perché i farisei decisero di ucciderlo. Del resto, il suo ritorno alla vita è soltanto temporaneo e non definitivo come quello del Signore. Per questo Giovanni non spende molte parole su questa anticipazione della resurrezione: è quella definitiva di Gesù che cambia la storia e getta nuova luce anche sulla morte.
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