Maria Santissima Madre di Dio

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 1/2020)



ANNO A – 1° gennaio 2020
Maria Santissima Madre di Dio

Numeri 6, 22-27 • Salmo 66 • Galati 4,4-7 • Luca 2,16-21
(Visualizza i brani delle Letture)

IL SEGNO DI UN BIMBO

Ogni anno la prima parola della liturgia è una benedizione affidata a Mosè e Aronne (Nm 6). È un testo unico, perché dice che Dio ha un volto e vuole incontrarsi con noi. La benedizione non è altro che la proposta di un incontro e un'amicizia sempre più stretti, di un volto che ci diviene familiare e di cui possiamo fidarci per vivere: ciò che serve alla vita è un volto di cui potersi fidare, sono relazioni certe; sappiamo quanto sia grande il dolore se non riusciamo più a fidarci, se la relazione va in crisi.
Dio dunque ci propone la sua amicizia. Di più: ci propone una relazione alla pari, poiché noi possiamo chiamarlo per nome e il suo nome è Gesù. Per gli ebrei il nome di Dio era impronunciabile; dire il nome significava in qualche modo conoscere pienamente una persona, trattarla alla pari, mentre Dio non può essere alla pari con l'uomo. La novità del Vangelo è che ora il volto di Dio, il suo nome sono pronunciabili, si possono conoscere nella persona di Gesù. In fondo, la Buona Notizia è questa: Dio si fa conoscere e ci offre la sua amicizia, mostrandoci il suo volto in un uomo, Gesù. Nel suo stile di vita, nelle scelte, nelle parole ... è racchiusa tutta la benedizione che Dio immette nella nostra vita.
Eppure, forse per noi questa offerta non basta. Noi vorremmo da Dio un anno di fortuna, di pace, di consolazione... come gli auguri che tante volte ci scambiamo in modo un po' scaramantico. Vorremmo che Dio fosse il nostro talismano contro il male, mentre la vita di Gesù è stata tutt'altro: non ha risolto problemi, rimesso a posto le cose, portato prosperità. Tuttavia è stata un segno fortissimo dell'amore e dello stile di Dio per chi ha voluto vederlo, qualcosa di così solido da vincere anche la morte.
Se tale è la benedizione di Dio, il compito affidatoci quest'anno è coglierne i segni. E il luogo di tale scoperta è l'umanità semplice delle persone che incontriamo, sono le situazioni che viviamo. li Vangelo parla tre volte di un segno: un bimbo che nasce. E un segno di vita, che commuove, ma è un segno come tanti altri, non ha niente di "divino". Così è l'agire di Dio.

Ma come fare a riconoscerlo? Maria ci insegna due atteggiamenti: custodire e meditare (Lc 2,19). Penso a ciò che ella poteva vivere in quel momento: da una parte c'era la promessa dell'angelo e i pastori che annunciavano meraviglie di questo bambino; dall'altra, la condizione misera a cui erano costretti, la piccolezza e la semplicità di questo bimbo. Come fare a conciliare queste cose, a darvi senso? Il Vangelo dice che Maria custodisce, cioè tiene nel cuore come bene prezioso le parole che riceve e ciò che vive; inoltre medita, letteralmente "getta insieme", ossia confronta, cerca le connessioni. Accetta di non capire tutto; accetta di non trovare un senso compiuto, senza rinunciare al desiderio di tenere insieme, di creare connessioni. Questo lavorio interiore è la sua forza, ciò che le permetterà di porsi alla scuola di Gesù anche quando lui sarà uomo, senza scandalizzarsi davanti a un volto di Dio troppo umano, debole.
Sappiamo anche noi "custodire" ciò che non capiamo? Sappiamo "confrontare" tra loro le cose che ci succedono, per cercarvi un senso? O viviamo sballottati, senza chiederci in che modo queste cose stiano insieme e verso quale meta?


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