a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 11/2019)
ANNO A – 22 dicembre 2019
IV Domenica di Avvento
Isaia 7,10-14 • Salmo 23 • Romani 1,1-7 • Matteo 1,18-24
(Visualizza i brani delle Letture)
IV Domenica di Avvento
Isaia 7,10-14 • Salmo 23 • Romani 1,1-7 • Matteo 1,18-24
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LA RABBIA, LA DELUSIONE E LA PROMESSA
Come esiste un'annunciazione a Maria, cosi ne esiste anche una a Giuseppe: è dal suo punto di vista che Matteo sceglie di raccontare le cose. Dopo che Maria ha ricevuto l'annuncio dell'angelo, la notizia arriva anche a Giuseppe, al quale crolla il mondo addosso. Non solo non se l'aspettava, ma non se lo sarebbe immaginato. Giuseppe ha dovuto affrontare una grande delusione, probabilmente una grande rabbia è emersa dal suo cuore: è cominciato un grande travaglio, con anche il pensiero di rimandare Maria.
Soltanto attraversando rabbia e delusione è possibile giungere a riconoscere la presenza del Signore nella nostra vita, perché egli è presente, ma il prezzo per poter fare questa esperienza è attraversare la rabbia e la delusione che ci abitano e che le vicende della vita fanno emergere. Certo si può dire che c'era un progetto di Dio, più grande di quello che Giuseppe e Maria pensavano... ma Dio non poteva scegliere qualcun altro? Loro non se ne avrebbero avuto a male. Il progetto più grande richiede la rinuncia ai nostri piani, e ciò non avviene senza passare attraverso rabbia e delusione.
Tutte le cose grandi della nostra vita richiedono una rielaborazione. Non basta avere sempre di più, sentirsi sempre più in alto, essere sempre più riconosciuti. La storia di Giuseppe e di Maria ci mostra che il compimento delle promesse è possibile coglierlo soltanto se siamo disposti a lavorare su noi stessi. Altrimenti, la nostra rabbia e la nostra delusione o ci rendono persone spente e non più capaci di sperare oppure ci fanno investire su qualcosa d'altro: magari una relazione nuova, una promozione sul lavoro, un'idealizzazione che ci porta fuori di noi stessi.
Giuseppe avrebbe potuto gettare via tutto, ma ha avuto il coraggio di entrare in sé stesso e venire a contatto con il travaglio che lo abitava, sentendo tutto lo "tsunami" che si portava dentro. Soltanto lavorando sulla rabbia e la delusione è possibile assaporare la promessa, che però si realizza in modo diverso da quello che pensiamo noi.
Quali sono le mie rabbie e le mie delusioni? Rischio a volte di non riconoscerle e di cambiare obiettivo, invece di rielaborarle e lavorarci sopra? Per compiere il cammino di Giuseppe è fondamentale uno spazio per riflettere. C'è una sua immagine particolarissima nella cappella degli Scrovegni: Giotto lo ritrae raccolto con la mano che sorregge la faccia e gli occhi semichiusi. È l'immagine di chi pensa a ciò che sta succedendo: «Mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore...». L'angelo del Signore che appare a Giuseppe indica che soltanto fermandosi e ascoltando è possibile trovare la strada da percorrere. L'angelo (il messaggero) può essere un amico che ci dice una parola, un'intuizione, una riflessione che illumina…
Il brano di Vangelo che narra questo racconto ha un titolo ben preciso: «Così fu generato Gesù Cristo». Il Signore è generato ogni volta che approdiamo alla promessa, attraversando le nostre rabbie e le nostre delusioni, il "lato oscuro" che ci abita. Altrimenti, non si genera Gesù Cristo nella carne, ma un surrogato, uno spirito che non tocca la nostra vita e non è portatore di nessuna promessa.
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