Immacolata Concezione della B. V. Maria
[II Domenica di Avvento (A)]

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 11/2019)



ANNO A – 8 dicembre 2019
Immacolata Concezione della B. V. Maria (II Domenica di Avvento)

Genesi 3,9-15.20 • Salmo 97 • Efesini 1,3-6.11-12 • Luca 1,26-38
(Visualizza i brani delle Letture)

VINCERE LA PAURA

La figura di Maria ci aiuta a comprendere che cosa significhi vivere il nostro cammino di vita. In lei si mostrano le dinamiche di chi crede attraverso tre caratteristiche che ci invitano a riflettere. Vincere la paura: di fronte alla proposta che Maria riceve, il Vangelo ricorda che «a queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo».
La paura è la prima reazione che abita il nostro cuore di fronte a un cambio di prospettiva, un orizzonte nuovo, una proposta che non ci aspettiamo. La tendenza che l'uomo ha è quella di nascondersi – soprattutto di fronte alla responsabilità – e dire: «Io non c'entro». Il racconto della Genesi sottolinea come di fronte alla domanda «Dove sei?», la paura suggerisca di battere in ritirata. Eppure, la dinamica della fede spinge proprio nella direzione opposta: ad avere coraggio. Avere fede significa osare, non farsi imbrigliare da false forme di prudenza. Spesso rischiamo di rinunciare a tante esperienze importanti, semplicemente per paura di non essere capaci, di non risultare all'altezza o che non faccia per noi. Nella nostra vita prevale la paura o il coraggio? Siamo persone che osano o che battono in ritirata?
Scegliere la concretezza: è questa la seconda caratteristica che Maria ci mostra. Di fronte al dono di grazia che le viene fatto, la sua domanda è concreta: «Come è possibile, poiché non conosco uomo?». Non si tratta del pragmatismo di chi la butta nel banale, ma di una domanda che indica un contatto con la realtà. Come ripete spesso papa Francesco, è proprio vero che «la realtà è più importante dell'idea», nel senso che a un certo punto della vita sono le scelte a manifestare ciò in cui uno crede, al di là delle proclamazioni. Maria mostra questa concretezza che è adesione alla realtà, che si preoccupa di tradurre in processi esistenziali ciò che si riceve come dono.
Essere credente non è un'etichetta identitaria, ma trova il suo senso quando si accompagna a gesti e decisioni che incidono nella vita di una persona. Se due persone dicono di amarsi, ma non si cercano mai, il loro amore non è credibile, perché non ha concretezza e incisività nella vita, rimanendo qualcosa puramente teorico e astratto. Siamo persone credenti, che cioè traducono in gesti, atti, scelte quello in cui credono?

Custodire la riservatezza: Maria ce lo insegna. La fede si pone di fronte al mistero di Dio e richiede pudore e silenzio, non esibizione. La Parola, per essere accolta, ha bisogno di un cuore che sia capace di fare silenzio e di avere uno spazio di interiorità. L'esperienza di fede va testimoniata, ma non può mai essere urlata; va condivisa, ma non diventa esibizione. «Avvenga per me secondo la tua parola», conclude Maria: è prima di tutto dentro di lei che avviene questa accoglienza, che è capace di trasformarla. La nostra interiorità è il luogo nel quale accogliamo la Parola affinché possa essere generata e così diventare forza interiore e vigore spirituale.
Siamo persone che curano la propria interiorità oppure scadiamo, più facilmente, nell'esibizione e nella chiacchiera?


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