a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 10/2019)
ANNO C – 2 novembre 2019
Commemorazione dei fedeli defunti
Giobbe 19,1-23-27a • Salmo 26 • Romani 5,5-11 • Giovanni 6,37-40
(Visualizza i brani delle Letture)
Commemorazione dei fedeli defunti
Giobbe 19,1-23-27a • Salmo 26 • Romani 5,5-11 • Giovanni 6,37-40
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UOMINI E DONNE DI PRIMAVERA
Celebriamo il ricordo dei morti nel cuore dell'autunno: stagione in cui gli alberi si spogliano delle foglie, le ore di luce si tendono ad accorciarsi e il buio sembra vincere sul giorno. In questa stagione anche la natura sembra addormentarsi e andare incontro alla morte.
Proprio in questi giorni, noi ricordiamo i nostri morti e andiamo sulle loro tombe portando fiori e accendendo luci. Fiori e luci sono il segno del nostro affetto verso coloro che abbiamo amato e che non sono più con noi. Ma fiori e luci sono anche il segno della nostra fede; la fede in un Dio che vuole che nessuno vada perduto prigioniero della morte: «Questa è la volontà del Padre mio: che non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno» (Gv 6,39).
Proprio in questa stagione in cui la natura sembra spogliarsi e morire, noi portiamo fiori per testimoniare che crediamo che c'è vita oltre l'inverno della morte, una primavera che è vita nuova di risurrezione. Anche le luci che accendiamo sulla tomba dei nostri cari diventano segno della nostra fede nella luce di Cristo. Mentre nell'autunno le ore di luce si accorciano e il buio della morte sembra vincere, noi accendiamo luci per testimoniare la nostra fede in Cristo, la luce che non tramonta, la luce che le tenebre della morte non possono né contenere né sconfiggere.
Questa è la nostra fede, una fede che ci obbliga a essere uomini e donne di primavera e di luce, non di autunno e di tenebra. Come ha ricordato papa Francesco: «Non è cristiano camminare con lo sguardo triste rivolto verso il basso senza alzare gli occhi all'orizzonte, come se tutto il nostro cammino si spegnesse qui, nel palmo di pochi metri di viaggio; come se nella nostra vita non ci fosse nessuna meta e nessun approdo. Questo non è cristiano». Per noi cristiani la memoria dei morti è una grande celebrazione della risurrezione della primavera e della luce. C'è un Padre che non si dimentica di noi, che piange anche con noi; c'è un Padre che desidera la nostra gioia e che ci libera dalla morte.
Dio non ha voluto le nostre vite per sbaglio, lui ci ha creati per la gioia e per la vita. Lui è il nostro Padre, e noi crediamo e sappiamo che la morte e l'odio non sono le ultime parole sulla parabola dell'esistenza umana. Essere uomini e donne di primavera e di luce significa credere che nell'orizzonte della nostra vita non ci sono foglie ingiallite e cadenti, esistono anche germogli di un mondo nuovo. Mentre spesso noi ci culliamo in nostalgie, rimpianti e lamenti; essere cristiani significa credere che Dio ci vuole eredi di una promessa e instancabili coltivatori di sogni.
Il cristiano sa che il regno di Dio sta crescendo come un grande campo di grano, anche se sempre ci sono problemi, ingiustizie, guerre, malattie… Noi crediamo che il grano cresce, e alla fine il male sarà eliminato. "Gesù Cristo", scrive papa Francesco: «ci conduce nel suo regno, alla grande tenda di Dio con gli uomini (cf Ap 21,3), con tanti altri fratelli e sorelle. E sarà bello al termine della nostra vita scoprire che niente è andato perduto, nessun sorriso e nessuna lacrima. E quel giorno noi saremo davvero felici, e piangeremo, piangeremo non di dolore, ma di gioia».
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