XXX Domenica del Tempo ordinario (C)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 9/2019)



ANNO C – 27 ottobre 2019
XXX Domenica del Tempo ordinario

Siracide 35,15-17.20-22 • Salmo 33 • 2 Timoteo 4,6-8.16-18 • Luca 18,9-14
(Visualizza i brani delle Letture)

LA MISERICORDIA DI DIO

Il brano precedente si era concluso con una domanda: «Quale fede troverà il figlio dell'uomo al suo ritorno?». È evidente che si riparte da qui, anche se questa parabola sembrerebbe ricongiungerci più alle catechesi sulla preghiera che non al tema della fede. Per alcuni che presumevano di essere giusti e giudicano gli altri, Gesù si mette a raccontare una parabola bella e sorprendente. Ci sono due uomini che salgono al tempio a pregare, un fariseo e un pubblicano. Il primo è l'uomo della legge che prega in piedi e tra sé. L'evangelista era un pagano convertito e coglieva in questo comportamento un segno di presunzione. Ma, forse, così non appariva agli occhi dei suoi concittadini, dato che semplicemente ringraziava.
Nella sua preghiera si sentono echi delle preghiere del tempo (ad esempio: «Io ti ringrazio, Signore, Dio mio, di aver posto la mia sorte tra quelli che abitano la casa di studio e non tra quelli che stanno ai bordi delle strade. Io mi alzo presto e anch'essi si alzano presto, ma io mi alzo per studiare le parole della Torah, mentre essi si alzano per cose frivole». Del resto, il fariseo è una persona talmente giusta da andare oltre le opere richieste dalla legge: non digiuna una volta la settimana, ma due; non dà soltanto la decima, si auto-tassa su tutto.
Altrove, invece, prega un uomo "venduto" ai romani; è un lontano non solo in termini geografici, ma perché la sua è una lontananza da Dio. Non alza gli occhi al cielo, e si batte il petto: è un uomo solcato dalla vergogna e scavato dalla disperazione. Anche la sua preghiera è sobria, giusto un versetto del salmo 50. Non ha nulla da presentargli, nessun vanto; e anche i peccati restano non elencati. Si tratta di una parabola che non ha nulla di enigmatico: è molto più simile a una storia esemplare, un racconto che mette a confronto due personaggi che illustrano molti altri comportamenti. Non ci sarebbe molto da interpretare, ma una sorpresa che spiazza c'è, introdotta da un solenne "vi dico".
Chi si sarebbe potuto aspettare un finale in cui a essere giustificato è il peccatore invece del fariseo? Il pubblicano non promette di cambiare, non si carica di sacrifici e penitenze: come è possibile che venga giustificato? Difficile pensare che questo detto non abbia scandalizzato: sicuramente i farisei, ma non tutti. Gesù ribalta un comune sentire: se la misericordia è la grande propensione di Dio a perdonare i peccati, il fariseo non ne ha nemmeno un po' nei confronti degli altri uomini, men che meno del pubblicano chino in ultima fila. In questo senso, il tema della tecnica di preghiera passa in secondo piano. Non si dice che una preghiera è giusta e l'altra sbagliata; il fatto è che uno crede nella misericordia e l'altro no. Pregando, il fariseo diventa più cattivo con i fratelli, quasi peggio del pagano che giudica. La preghiera, la frequentazione del luogo di culto, l'osservanza della legge… non sono necessariamente i luoghi in cui il cuore si calma e si ammorbidisce.
È solo quando gli occhi stanno bassi che il cuore si ammansisce. Diversamente, il fariseo convinto di tornare a casa con la coscienza tranquilla, si ritrova ingiustificato. Non percepisce che c'è qualcosa di strano in quello che ha vissuto e non si accorge di non voler accogliere la misericordia di Dio.


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