III Domenica di Avvento (C)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 11/2018)



ANNO C – 16 dicembre 2018
III Domenica di Avvento

Sofonia 3,14-17 • Salmo Is 12,2-6 • Filippesi 4,4-7 • Luca 3,10-18
(Visualizza i brani delle Letture)

PRATICHE DI GIUSTIZIA

«Cosa dobbiamo fare?». È la domanda centrale del Vangelo di questa domenica. Mentre Giovanni è nel deserto a battezzare e a predicare la conversione, le persone che vanno da lui si sentono chiamate a cambiare il loro stile e chiedono in che modo tradurre tale cambiamento nella vita. Fa impressione ascoltare le risposte di Giovanni: ha davanti persone che facevano mestieri sconvenienti (esattori, soldati, gente legata con il potere imperiale, nemici del popolo), eppure non chiede loro di cambiare mestiere; chiede piuttosto di fare in modo onesto ciò che già fanno. Inoltre, non chiede preghiere, digiuni, novene, cose "religiose"; la sua richiesta tocca la loro vita concreta, il loro agire, poiché ciò che deve cambiare è la pratica.
Essere discepoli è dunque qualcosa che si fa nella pratica di vita, con l'agire, le scelte di tutti i giorni. Non bisogna uscire dal mondo, ma viverne l'appartenenza in modo limpido. È sempre forte la tentazione di dividere ciò che è religioso e ciò che è vita, affidando alla preghiera il nostro essere vicini a Dio senza che ciò porti cambiamenti reali in noi. Contro tale tentazione, le indicazioni del Battista sono una parola preziosa. Giovanni dice che ciò che prepara la via al Signore è una pratica di giustizia, fatta di condivisione, accontentandosi di ciò che è giusto, senza usare violenza sui deboli.
Alla folla viene chiesto di condividere: chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha. Chi ha il coraggio di farlo? Soprattutto: che giustizia è questa?! Se una cosa è mia, perché dovrei darla a chi non ne ha? Con tale richiesta, il Vangelo vuole che impariamo ad alzare lo sguardo da noi agli altri. La condivi- sione è una scelta che nasce in noi quando ci accorgiamo che le persone sono più importanti delle cose. Finché uno guarda solo a sé, non avrà mai abbastanza, vivrà sempre nella lamentela. Se invece alza lo sguardo, comincerà a sentire che esse possono essere più importanti delle proprie - pur legittime - cose.

Agli esattori delle tasse dice di non richiedere più di quanto è stato fissato. Tecnicamente, li invita a non pretendere tangenti. La vita di ciascuno ha limiti dettati dalle scelte personali, derivanti dal vivere insieme, legati alla condizione personale. Tali limiti si scontrano con la fame che c'è in noi. La logica delle mazzette è quella secondo cui la propria fame fa andare oltre i limiti, di nascosto, semplicemente perché si è nella posizione di farlo.
Questi esattori potevano chiedere più del dovuto, "oltre i limiti". Così è per noi: a volte questa logica porta a fare le cose sottobanco, pur sapendo che sono sbagliate; più spesso si traduce nell'esercitare ogni giorno una pretesa sugli altri, camuffandola in tanti modi. L'antidoto è coltivare la trasparenza, comunicando ciò che facciamo. Ciò che non possiamo dire apertamente, spesso nasconde una riserva di "tangenti" che chiediamo alla vita.
Da ultimo, ai soldati chiede di non usare violenza, in particolare verso le persone più deboli, che non potevano difendersi. L'indicazione fa pensare che c'è una violenza molto facile: è quella contro le persone più fragili, preda dei nostri giudizi, della nostra indifferenza. Fare giustizia è imparare l'attenzione verso queste persone, per non trovarsi a calpestare qualcuno senza rendersene conto.


--------------------
torna su
torna all'indice
home