Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.
ANNO C - XXXI Domenica del Tempo Ordinario
«DOMENICA DI ZACCHEO»
Sapienza 11,22-12,2 • Salmo 144 • 2 Tessalonicesi 1,11-2,2 • Luca 19,1-10
(Visualizza i brani delle Letture)
1. La perfetta conversione a Dio (Giovanni Laspergio, certosino, dalle «Omelie»)
2. La conversione di Zaccheo (Cirillona, Hymn. in convers. Zacch., passim)
3. Zaccheo: il buon uso delle ricchezze (Ambrogio, In Luc., 8, 82.84-90)
4. La risposta di fede alla chiamata di Dio (Filosseno di Mabbug, Hom., 4, 77-80)
5. Il piccolo Zaccheo (Lc 19,1-10) (Nerses Snorhali, Jesus, 668-673)
6. Dalla Costituzione pastorale «Gaudium et spes» del Concilio ecumenico Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Nn. 78)
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1. La perfetta conversione a Dio
La perfetta conversione a Dio taglia tutte le radici dei peccati. La cupidigia è origine e causa per molti di peccato.
Zaccheo per sradicarla promette di dare metà dei suoi beni per le necessità dei poveri e «Se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19,8). Vedi quale progresso abbia fatto subito Zaccheo illuminato da Cristo. Egli volle poi dichiarare pubblicamente questo suo proposito, per difendere Cristo contro i mormoratori e dimostrare quanta sapienza avesse usato con lui; non lo aveva evitato disprezzandolo come pubblicano, ma parlandogli con benevolenza e invitandosi da sé in casa sua, lo aveva portato alla penitenza e alla conversione con un mutamento così grande e improvviso che, come in passato era stato avido di denaro, allo stesso modo ora desiderava di spogliarsene. Infatti non promise di elargire ai poveri e restituire in futuro a quelli che aveva frodato, ma parla del presente dicendo: «Ecco, do e restituisco» (Lc 19,8). Do l'elemosina, restituisco ciò che ho rubato. E quantunque si debba prima di tutto restituire realmente ciò che è stato rubato perché l'elemosina sia accetta a Dio, tuttavia in questo caso, per dimostrare la sua prontezza nel dare, non solo ciò che doveva, ma anche ciò che poteva e voleva generosamente donare, parla prima delle sue elargizioni che della restituzione. «Gesù gli rispose: Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19,9-10).
Annunciando la salvezza operata «in questa casa», Cristo vuole indicare l'anima di Zaccheo che si è salvata col desiderio e con l'adesione della volontà buona, con l'amore e l'obbedienza; ed è quest'anima che il Signore chiama casa di Dio, perché Dio abita in essa; Gesù infatti venne nel mondo per salvare ciò che era perduto. Per questo volle stare soprattutto con coloro che sapeva bisognosi del suo aiuto e che cercavano la salvezza. Quasi rispondendo a coloro che mormoravano, disse: Per quale ragione vi indignate contro di me perché parlo con un uomo peccatore e mi invitoa casa sua senza essere chiamato?
Sono venuto nel mondo, non perché i peccatori rimangano nel loro peccato, ma perché si convertano e abbiano in me la vita. Non guardo a ciò che il peccatore ha fatto finora,ma considero ciò che d'ora innanzi farà. Gli offro la mia grazia e la mia amicizia,che offro anche a voi, se la desiderate. Se egli l'accetta e viene a me, se da peccatore diventa giusto, perché mi calunniate per essere andato in casa sua, giudicando male colui che da peccatore è diventato amico di Dio? Egli infatti è figlio di Abramo, non perché nato dal suo sangue, ma perché imitatore della fede e della pietà di Abramo.
Nostro Signore Gesù Cristo ci doni la conoscenza di sé, l'amore e la fiducia in lui,perché nulla ci piaccia,nulla ci attiri se non ciò che piace alla volontà di pio e non ostacola la nostra salvezza. Egli è benedetto nei secoli. Amen,
(Giovanni Laspergio, certosino, dalle «Omelie»)
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2. La conversione di Zaccheo
Il Maledetto cinge la spada contro di noi e mostra le armi per spaventarci, ma esse si struggono come cera sui corpi. che non si lasciano indurre al peccato Si adira Satana, perché la schiera dei giusti è più numerosa del suo esercito. E perfino il suo gregge insorge e fugge verso il Figlio di Maria.
Si è allontanato da lui il suo zelante seguace Zaccheo, poiché il Signore l'ha incontrato e l'ha accolto benevolmente; il sicomoro lungo la via è stato il suo rifugio. Ne è sceso stanco e ha riacquistato le forze. Stando sull'albero, Gesù lo ha illuminato con la sua luce; sul ramo, le tenebre si sono dissipate.
Eva ha seguito il cattivo consiglio e l'ha fatto suo, ma è apparsa Maria, la Santa, e le ha ridato l'antico splendore. Il serpente ha mescolato segretamente il peccato con il sangue della morte e lo ha porto ad Eva. E perché ella non rifiutasse la bevanda, ha simulato amicizia. Nostro Signore ha mescolato col sangue il proprio vino, lo ha reso medicamento di vita e lo ha dato a bere. L'innocente (Maria) ha assaggiato ed ha dominato il sale mortale della terra. In paradiso, il peccato ha assalito Eva e quando ella gli ha ceduto l'ha scacciata dal paradiso. Ha dato ascolto al serpente ed ha perso il giardino. Il serpente che non ha piedi ha impedito il passo ad Eva, ma Maria ha servito la madre. La giovane ha portato la vecchia per poter vivere nell'antica dimora. È morta Eva in tarda età, ma ha generato Maria, tornando così, giovane. La nascita della figlia ha riparato la colpa dell'antica madre. Eva ha nascosto nel nostro feto il fermento della morte e della miseria. Ma è apparsa Maria che ha tolto questo fermento, perché le creature non si corrompessero.
Dio ha celato le sue onde nella Vergine. Dalla gloriosa è sgorgata la vita. I torrenti hanno risalito i monti, sopra le valli e le voragini. Il Maligno è stato vinto dall'annuncio del Figlio, dinanzi al quale tutti si sono prosternati. A quelli che chiedevano ha rivelato la sua natura, i campi si sono inariditi non potendo sopportare la sua gloria. Quella medicina ha fortificato i ricchi nella grazia, le loro mani l'hanno accolta nel lutto. Le nazioni l'hanno presa, essa ha sanato la ferita prodotta dal serpente.
Il mare della misericordia ha rotto i suoi argini per lavare le colpe di Zaccheo. La grazia ha vinto la colpa, il colpevole si è sollevato senza subire condanna. Gesù è stato benigno con i peccatori, anche se i nemici lo hanno percosso. Il suo amore è stato quello del pastore che è uscito in cerca della pecorella smarrita (cf. Lc 15,4-7). Egli ha affermato solennemente, perché noi gli credessimo, di non volere la nostra perdizione; quando un peccatore fa penitenza, il Padre e i suoi angeli esultano (cf. Lc 15,7-10).
Un giorno, ha vietato di persistere nell'odio e nell'ira. Ha voluto renderci simili a lui che tante colpe perdona agli uomini. Essendo egli giusto, ci salva dalla perdizione dandoci a tal fine i mezzi. In cielo, gli angeli tremano davanti a lui, e agli abitanti della terra si permette di vincere.
Quando le lacrime corrispondono a quello che chiede, egli si lascia commuovere. Tende il suo arco per spaventarci, ma ha pietà e l'arco perde tensione.
Passando vicino all'albero, ha visto il peccatore, lo ha abbracciato con lo sguardo e si è fermato. Un giorno, per Simone oggi ha gioito per Zaccheo e gli ha ordinato di scendere subito dal sicomoro. Il giusto ha comandato al peccatore di comparire triste davanti al tribunale. Come si sarà rallegrato il colpevole, quando ha incontrato il Giudice misericordioso.
Quanto piú Zaccheo ha temuto, quanto meno ha osato chiedere il perdono; tanto piú il Signore ha avuto pietà, tanto piú gli ha usato misericordia.
Giusto e clemente è il Signore, abbiate paura, voi peccatori, ma abbiate fiducia! Perdona le colpe a coloro che fanno penitenza e manda castighi agli ostinati. Per mezzo di Zaccheo, egli ci chiama: guardate al suo amore! Come il pescatore, il Signore getta le reti per potervi prendere in gran numero.
Ha preso il penitente dall'albero, l'ha trapiantato subito nel suo giardino. Ha visto che come Adamo egli aveva perduto la sua gloria, perciò lo ha vestito di un abito tessuto di misericordia. Lodate il Signore che ha trovato e accolto un peccatore, che altrimenti si sarebbe perduto. Ci ha mostrato con ciò la via della sua misericordia.
Signore, invece di salire su un albero, io vengo nella tua casa, mi salvi il tuo mistero! Piú grande è la croce che il ramo, si riversi sopra di me la tua misericordia!
(Cirillona, Hymn. in convers. Zacch., passim)
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3. Zaccheo: il buon uso delle ricchezze
"Ed ecco un uomo di nome Zaccheo" (Lc 19,2). Zaccheo è sul sicomoro, il cieco è sulla strada. Il Signore ha pietà dell'uno e lo aspetta; nobilita l'altro, onorandolo di una sua visita. Interroga il cieco per guarirlo; si invita a casa di Zaccheo senza essere invitato: sapeva infatti che il suo ospite sarebbe stato largamente ricompensato, e se non gli aveva sentito proferire l'invito con la voce, ne aveva tuttavia sentito il desiderio di farlo...
Ritorniamo ora nelle grazie dei ricchi: non vogliamo offenderli, in quanto desideriamo, se possibile, guarirli tutti. Altrimenti, impressionati dalla parabola del cammello, e lasciati da parte, nella persona di Zaccheo, prima di quando converrebbe, essi avrebbero un giusto motivo per ritenersi ingiuriati.
Essi debbono apprendere che non c'è colpa nell'essere ricchi, ma nel non sapere usare delle ricchezze: le ricchezze, che nei malvagi ostacolano la bontà, nei buoni debbono costituire un incentivo alla virtù. Ecco, qui il ricco Zaccheo è scelto da Cristo: ma donando egli la metà dei suoi beni ai poveri, restituendo fino a quattro volte quanto aveva fraudolentemente rubato. Fare soltanto la prima di queste due cose non sarebbe stato sufficiente, poiché la generosità non conta niente, se permane l'ingiustizia: il Signore poi chiede che si doni, non che si restituisca semplicemente ciò che si è rubato. Zaccheo compie ambedue le cose, e perciò riceve una ricompensa molto piú abbondante di quanto ha donato.
Opportunamente si fa rilevare che costui è il "capo dei pubblicani" (Lc 19,2): chi allora potrà disperare della salvezza, quando si è salvato anche colui che traeva il suo guadagno dalla frode?
"Ed era ricco", sta scritto (Lc 19,2), affinché impari che non tutti i ricchi sono avari.
Perché le Scritture non precisano mai la statura di nessuno mentre di Zaccheo si dice che "era piccolo di statura" (Lc 19,3)? Vedi se per caso egli non era piccolo nella sua malizia, o piccolo nella sua fede: egli non aveva ancora promesso niente, quando era salito sul sicomoro; non aveva ancora visto Cristo, e perciò era piccolo. Giovanni invece era grande perché vide Cristo, vide lo Spirito, come colomba, fermarsi su Cristo, tanto che disse: "Ho visto lo Spirito discendere come colomba e fermarsi su di lui" (Gv 1,32).
Quanto alla folla, non si tratta forse di una turba confusa e ignorante, che non aveva potuto vedere le altezze della Sapienza? Zaccheo, finché è in mezzo alla folla, non può vedere Cristo; si è elevato al di sopra della turba e lo ha visto, cioè meritò di contemplare colui che desiderava vedere, oltrepassando l'ignoranza della folla...
Così vide Zaccheo, che stava in alto; ormai per l'elevatezza della sua fede egli emergeva tra i frutti delle nuove opere, come dall'alto di un albero fecondo...
Zaccheo sul sicomoro è il nuovo frutto della nuova stagione.
(Ambrogio, In Luc., 8, 82.84-90)
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4. La risposta di fede alla chiamata di Dio
L'occhio della fede, che è stato posto nella pupilla della semplicità, riconosce la voce di Dio non appena l'ascolta...
Tutti coloro che sono stati chiamati hanno obbedito su due piedi alla voce che li invitava, allorché il peso delle cose terrene non si aggrappava alla loro anima. Infatti, i legami del mondo sono un peso per l'intelligenza e per i pensieri, e coloro che ne sono avvinti e impediti difficilmente sentono la voce della chiamata divina.
Gli apostoli, invece, e prima di loro i giusti e i padri, non erano in queste condizioni: obbedirono come viventi, e ne uscirono leggeri, perché nulla del mondo li appesantiva. Niente può legare e impedire l'anima che ascolta Dio: essa è aperta e pronta, sí che la luce della voce divina, ogniqualvolta si fa presente, la trova in condizione di riceverla.
Nostro Signore chiamò Zaccheo dal sicomoro sul quale era salito, e subito Zaccheo si affrettò a scendere e lo ricevette nella sua casa: il fatto è che sperava di vederlo e diventare suo discepolo ancor prima di essere stato chiamato. Ed è cosa davvero ammirevole che egli abbia creduto in lui senza che Nostro Signore gli avesse parlato e senza averlo visto corporalmente, ma solo sulla parola di altri: la fede che era in lui era stata custodita nella sua vita e nella sua salute naturali. Egli ha dimostrato la propria fede allorché credette in Nostro Signore sentendolo annunciare; e la semplicità della sua fede è affiorata quando ha promesso di dare la metà dei propri beni ai poveri e di restituire il quadruplo di ciò che aveva frodato.
In effetti, se l'anima di Zaccheo non fosse stata ripiena in quel momento della semplicità che si addice alla fede, non avrebbe fatto una tale promessa a Gesú e non avrebbe elargito e distribuito in poco tempo quanto il suo lavoro aveva ammassato in lunghi anni. La semplicità spandeva da un lato e dall'altro ciò che la scaltrezza aveva ammucchiato e la purezza dell'anima spargeva ciò che era stato acquisito con i pensieri dell'astuzia; la fede rinunciava a quanto l'ingiustizia aveva trovato e posseduto, e proclamava che non gli apparteneva. Infatti, l'unico bene della fede è Dio e non consente a possedere altro al di fuori di lui; tutti gli altri beni hanno poca importanza per lei, al di fuori di quell'unico bene durevole che è Dio; ed è stata posta in noi per trovare Dio e non possedere che lui, e per vedere che tutto ciò che esula da lui risulta a nostro detrimento.
(Filosseno di Mabbug, Hom., 4, 77-80)
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5. Il piccolo Zaccheo (Lc 19,1-10)
Come ha fatto Zaccheo il pubblicano
non mi sono elevato da questa terra vile
sullo slanciato albero della sapienza
per la divina tua contemplazione.
La corta taglia da spirituale
non è cresciuta in me con l'opre buone,
senza posa al contrario è sminuita
fino a ridurmi al latte dei bambini.
A ritroso percorrendo la parabola,
del corpo pravo l'albero ho salito,
per terragno amore dal soave gusto,
come Zaccheo, anche lui sul fico.
Di lì, per la possente tua parola
fammi scendere in fretta come lui;
prendi alloggio nella magion dell'anima,
e con Te, il Padre ed il Consolatore.
Fa' che il corpo che ha reso torto all'anima
in servizio il quadruplo le renda,
e dia metà dei beni corporali
al mio libero arbitrio impoverito,
per la parola tua a lei diretta,
d'ascoltar la tua voce io sia degno,
essendo io del par figlio di Abramo,
del Patriarca seguendone la fede.
(Nerses Snorhali, Jesus, 668-673)
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6. Dalla Costituzione pastorale «Gaudium et spes» del Concilio ecumenico Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Nn. 78)
La pace non è semplicemente assenza di guerra, né si riduce solamente a rendere stabile l'equilibrio delle forze contrastanti e neppure nasce da un dominio dispotico, ma si definisce giustamente e propriamente «opera della giustizia» (Is 32, 17). Essa è frutto dell'ordine impresso nella società umana dal suo fondatore. E' un bene che deve essere attuato dagli uomini che anelano ad una giustizia sempre più perfetta.
Il bene comune del genere umano è regolato nella sua sostanza dalla legge eterna, ma, con il passare del tempo, è soggetto, per quanto riguarda le sue esigenze concrete, a continui cambiamenti. Perciò la pace non è mai acquisita una volta per tutte, ma la si deve costruire continuamente. E siccome per di più la volontà umana è labile e, oltre tutto, ferita dal peccato, l'acquisto della pace richiede il costante dominio delle passioni di ciascuno e la vigilanza della legittima autorità.
Tuttavia questo non basta ancora. Una pace così configurata non si può ottenere su questa terra se non viene assicurato il bene delle persone e se gli uomini non possono scambiarsi in tutta libertà e fiducia le ricchezze del loro animo e del loro ingegno. Per costruire la pace, poi sono assolutamente necessarie la ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli, l'impegno di ritener sacra la loro dignità e, infine, la pratica continua della fratellanza. Così la pace sarà frutto anche dell'amore, che va al di là quanto la giustizia da sola può dare.
La pace terrena, poi, che nasce dall'amore del prossimo, è immagine ed effetto della pace di Cristo che promana da Dio Padre. Infatti lo stesso Figlio di Dio, fatto uomo, principe della pace, per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio e, ristabilendo l'unità di tutti in un solo popolo e in un solo corpo, ha distrutto nella sua carne l'odio (cfr. Ef 2,16; Col 1,20.22). Nella gloria della sua risurrezione ha diffuso nei cuori degli uomini lo Spirito di amore.
Perciò tutti i cristiani sono fortemente chiamati a «vivere secondo la verità nella carità» (Ef 4,15) e a unirsi con gli uomini veramente amanti della pace per implorarla e tradurla in atto.
Mossi dal medesimo Spirito, non possiamo non lodare coloro che, rinunziando ad atti di violenza nel rivendicare i loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono del resto alla portata anche dei più deboli, purché questo si possa fare senza ledere i diritti e i doveri degli altri o della comunità.
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