XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (C)
Letture Patristiche

torna all'indice



Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.


ANNO C - XXVIII Domenica del Tempo Ordinario

DOMENICA «DEI 10 LEBBROSI»

2Re 5,14-17 • Salmo 97 • 2 Timoteo 2,8-13 • Luca 17,11-19
(Visualizza i brani delle Letture)


1. Grande è la virtù della fede (Bruno di Segni, Commento su Luca Parte 2,40)
2. La gratitudine promuove sempre più grazie (Bernardo di Chiaravalle, De diversis, 23,5-8)
3. Gesù salvezza universale (Agostino, Sermo 176,2.5)
4. La carità più eccellente della fede e della speranza (Agostino, Enarr. in Ps., 91,1)


_______________




1. Grande è la virtù della fede

«Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea: entrando in un villaggio gli vennero incontro dieci lebbrosi» (Lc 17,11-12). Cosa possono rappresentare i dieci lebbrosi se non tutti i peccatori? Tutti gli uomini infatti alla venuta di Cristo erano lebbrosi nell'anima. Non tutti nel corpo. Certo è molto peggiore la lebbra dell'anima che quella del corpo. Ma consideriamo ciò che segue: essi si fermarono a distanza e «alzarono la voce dicendo: Gesù, maestro, abbi pietà di noi!» (Lc 17,13). Restavano a una certa distanza, perché in tali condizioni, questi uomini non osavano avvicinarsi. Anche noi stiamo a distanza quando ci ostiniamo nel peccato. Se vogliamo essere guariti e risanati dalla lebbra dei nostri peccati gridiamo a gran voce e diciamo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!».
Non gridiamo però con la bocca, ma col cuore. La voce del cuore è più forte. Il grido del cuore trapassa i cieli e giunge fino all'eccelso trono di Dio.
«Appena li vide Gesù disse: Andate a presentarvi ai sacerdoti» (Lc 17,14). Lo sguardo di Dio è misericordia. Li vede e subito ne ha compassione; ordina loro di andare dai sacerdoti non perché li guariscano, ma perché ne constatino la guarigione.
«E mentre essi andavano, furono sanati» (Lc 17,14) Ascoltino ciò i peccatori e ne penetrino diligentemente il significato. È facile per il Signore rimettere i peccati. Spesso infatti vengono perdonate le colpe al peccatore prima che egli giunga dal sacerdote. Infatti, quando uno si pente, nello stesso istante è guarito. In qualunque momento il peccatore si convertirà, vivrà e non morrà. Però consideri bene come si debba convertire.
Ascolta ciò che dice il Signore: «Ritornate a me con tutto il vostro cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti» (Gl 2,12). Chi si converte si converta dunque nel profondo del cuore, perché Dio non disprezza un cuore pentito e umiliato.
«Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano» (Lc 17,15-16). In esso sono rappresentati tutti coloro che, dopo essere stati purificati dall'acqua del battesimo o guariti per mezzo della penitenza, ormai non seguono più il demonio, ma si sforzano di conformarsi al Cristo, lo seguono, lo glorificano, lo adorano, lo ringraziano e restano al suo servizio.
«E gli disse Gesù: Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato» (Lc 17,19). È grande dunque la potenza della fede, senza la quale, come dice l'Apostolo, «è impossibile essergli graditi» (Eb 11,6); «Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia» (Gal 3,6). La fede dunque salva, la fede giustifica, la fede guarisce l'uomo nell'anima e nel corpo.

(Bruno di Segni, Commento su Luca Parte 2,40)

torna su



2. La gratitudine promuove sempre più grazie

"Non furono dieci a essere guariti; e gli altri nove dove sono?" (Lc 17,17). Penso che ricordiate che son queste le parole del Salvatore, che rimproverava l'ingratitudine di quei nove. Si vede dal testo quanto abbiano saputo ben pregare coloro che dicevano: "Gesù, figlio di David, abbi pietà di noi" (Lc 18,17); mancò però l'altra cosa di cui parla l'Apostolo (cf. 1Tm 2,1), il ringraziamento, perché non tornarono a render grazie a Dio.
Anche oggi vediamo molti impegnati a chiedere ciò di cui sanno d'aver bisogno, ma vediamo ben pochi che si preoccupano di ringraziare per ciò che hanno ricevuto. E non è che è male chiedere con insistenza; ma l'essere ingrati toglie forza alla domanda. E forse è un tratto di clemenza il negare agli ingrati il favore che chiedono. Che non capiti a noi di essere tanto più accusati d'ingratitudine, quanto maggiori sono i benefici che abbiamo ricevuto. E' dunque un tratto di misericordia, in questo caso, negare misericordia, com'è un tratto d'ira mostrare misericordia, certo quella misericordia di cui parla il Padre della misericordia attraverso il Profeta, quando dice: "Facciamo misericordia al malvagio, ed egli non imparerà a far giustizia" (Is 26,10). Vedi, dunque, che non giova a tutti essere guariti dalla lebbra della conversione mondana, i cui peccati son noti a tutti; ma alcuni contraggono un male peggiore, quello dell'ingratitudine; male che è tanto peggiore, quanto è più interno.
Fortunato quel Samaritano, il quale riconobbe di non aver niente, che non avesse ricevuto e perciò tornò a ringraziare il Signore. Fortunato colui che a ogni dono, torna a colui nel quale c'è la pienezza di tutte le grazie; poiché quando ci mostriamo grati di quanto abbiamo ricevuto, facciamo spazio in noi stessi a un dono anche maggiore. La sola ingratitudine impedisce la crescita del nostro rapporto di grazia, poiché il datore, stimando perduto ciò che ha ricevuto un ingrato, si guarda poi bene di perdere tanto più, quanto più dà a un ingrato.
Fortunato perciò colui che, ritenendosi forestiero, si prodiga in ringraziamenti per il più piccolo favore, e ha coscienza e dichiara che è un gran dono ciò che si dà a un forestiero sconosciuto. Noi però, miserabili, sebbene a principio, quando ancora ci sentiamo forestieri, siamo abbastanza timorati, umili e devoti, poi tanto facilmente ci dimentichiamo quanto sia gratuito tutto ciò che abbiamo ricevuto e, come presuntuosi della nostra familiarità con Dio, non badiamo che meriteremmo di sentirci dire che i nemici del Signore sono proprio i suoi familiari (cf. Mt 10,36). Lo offendiamo più facilmente, come se non sapessimo che dovranno essere giudicati più severamente i nostri peccati, dal momento che leggiamo nel salmo: "Se un mio nemico mi avesse maledetto, l'avrei pure sopportato" (Sal 54,13).
Perciò vi scongiuro, fratelli; umiliamoci sempre più sotto la potente mano di Dio e facciamo di tutto per tenerci lontani da questo orribile vizio dell'ingratitudine, sicché, impegnati con tutto l'animo nel ringraziamento, ci accaparriamo la grazia del nostro Dio, che sola può salvare le nostre anime. E mostriamo la nostra gratitudine non solo a parole, ma anche con le opere e nella verità; perché il Signore nostro, che è benedetto nei secoli, non vuole tanto parole, quanto azioni di grazie. Amen.

(Bernardo di Chiaravalle, De diversis 23,5-8)

torna su



3. Gesù salvezza universale

Il Signore Gesù loda chi lo ringrazia, rimprovera gli ingrati guariti nella pelle, ma ancora lebbrosi nel cuore. Che dice l'Apostolo? "Discorso fedele e degnissimo di essere accolto" (1Tm 1,15s). Che discorso è? "Gesù Cristo è venuto nel mondo". A che fare? "Per salvare i peccatori". E tu chi sei? "Io sono il primo dei peccatori". Chi dice di non essere, o di non essere stato peccatore, è ingrato verso il Salvatore. Nessun uomo in questa massa, che viene da Adamo, nessun uomo affatto è esente da malattia, nessuno è guarito senza la grazia di Cristo. Che cosa bisogna dire dei bambini, malati per la loro discendenza da Adamo? Anch'essi son portati alla Chiesa; se non possono andarci con i loro piedi, vi vanno con i piedi degli altri, per essere guariti. La Chiesa accomoda loro i piedi degli altri, perché vi giungano; il cuore degli altri, perché credano; la lingua degli altri, perché professino la fede, proprio perché son malati, perché un altro ha peccato.
Non disperate. Se siete malati, accostatevi a lui, e fatevi guarire; se siete ciechi, accostatevi a lui, e fatevi illuminare. Se siete sani, ringraziatelo; se siete malati, correte a lui per la guarigione. Dite tutti: "Venite, prostrati adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti" (Sal 95,6) e uomini e salvi. Se lui ci ha fatti uomini, noi ci siam fatti salvi: abbiam fatto meglio di lui. È meglio, infatti, un uomo salvo, che uno semplicemente uomo. Se, dunque, Dio ti ha fatto uomo, e tu ti sei fatto un uomo buono, quello che hai fatto tu è meglio. Ma non ti credere più di Dio; abbassati, adora, inchinati a colui che ti ha fatto: nessuno ricrea, se non colui che crea; nessuno ti rifà, se non colui che ti ha fatto.
Leggiamo in un altro salmo: "Lui ci ha fatti, non ci siam fatti da noi" (Sal 99,3). Certo, quando ti fece, tu non potevi far nulla; ora che sei, anche tu puoi fare qualche cosa; puoi andare dal Medico, lo puoi chiamare; egli è dappertutto. E perché lo chiamassi, risvegliò il tuo cuore e ti diede la possibilità di invocarlo. "Perché Dio opera in voi e vi rende capaci di volere e di operare" (Fil 2,13). Proprio perché tu avessi la buona volontà, lui ti ha chiamato prima. Grida: "La grazia del mio Dio mi viene in aiuto" (Sal 58,11). La sua misericordia ti ha prevenuto, perché esistessi, sentissi e acconsentissi. Lui ti ha prevenuto in tutto; previeni tu in qualche modo la sua ira. Come? Dichiara che tutto il bene che hai, lo hai da Dio, e che tutto il male viene da te. Non disprezzarlo in ciò che hai di bene, non lodarne te stesso. Non lo accusare della tua malizia; non scusare te stesso. Colui che ti ha prevenuto in tanti beni, verrà da te e vedrà i suoi doni e i tuoi mali e guarderà come ti sarai servito dei suoi doni.
Dal momento ch'egli ti ha prevenuto in tutti questi beni, vedi un po' come tu puoi prevenire la sua venuta. Senti il salmo: "Preveniamo il suo incontro". Renditelo propizio, prima che arrivi; placalo, prima che stia qui. Hai un sacerdote per mezzo del quale puoi placare il tuo Dio; ed egli, insieme col Padre è Dio per te, lui che s'è fatto uomo per te. Così canterai con i salmi, preparandoti a riceverlo con la tua confessione. Esulta con i salmi; professando la sua misericordia, accusa te stesso. Lodando lui, che ti ha fatto, e accusando te stesso, verrà colui che è morto per te e ti risusciterà.
La dottrina mutevole e incostante è la lebbra della mente. Tenete ben fisso questo. Nessuno apporti novità, nessuno faccia il lebbroso. Una dottrina incostante, che cambia colore, è segno di lebbra mentale: anche questa la guarisce Cristo. Forse avevi seguito qualche novità, ci riflettesti e tornasti alla dottrina migliore; e ciò ch'era cambiato è tornato di un solo colore. Non ne attribuire il merito a te stesso, per non essere uno di quei nove che non ringraziarono il Signore. Uno solo ringraziò. Gli altri erano tutti Giudei. Quello era uno straniero, simboleggiava i Gentili, e lui, il decimo dei lebbrosi, con quel numero, pagò le decime a Cristo. A lui infatti dobbiamo che esistiamo, che viviamo, che abbiamo intelligenza; se siamo uomini, se siamo buoni, se l'intelligenza è retta, lo dobbiamo a lui. Di nostro abbiamo solo i nostri peccati. Che hai, che non l'abbia ricevuto? (cf. 1Cor 4,7). Voi, dunque, soprattutto voi che capite ciò che udite, sollevate il cuore guarito dalla malattia, purificato dalle tentazioni di novità, e ringraziate Iddio.

(Agostino, Sermo 176, 2.5)

torna su



4. La carità più eccellente della fede e della speranza

La fede ha per oggetto le cose che non si vedono, ma cederà il posto alla chiara visione, quando le vedremo. La speranza ha per oggetto le cose che non possediamo, sicché, quando verrà la realtà, non ci sarà più la speranza, perché non c'è più ragione di sperare ciò che ormai possediamo. Quanto alla carità, viceversa, essa non può non aumentare sempre di più (cf. 1Cor 13,4-13).
Se amiamo ciò che non vediamo, quanto dovremo amarlo allorché lo vedremo! Cresca dunque sempre il nostro desiderio! Se siamo cristiani, lo siamo soltanto in ordine alla vita eterna. Nessun cristiano riponga la sua speranza nei beni presenti, nessuno, per il fatto di essere cristiano, si riprometta la felicità in questo mondo. Della felicità presente usi come meglio può, se può, quando può e nella misura in cui può. Quando ce l'ha renda grazie a Dio che così lo consola; quando non l'ha renda grazie alla giustizia di Dio.
Sia in ogni caso pieno di gratitudine; mai sia ingrato! Ringrazi il Padre che consola e che accarezza; e ringrazi ugualmente il Padre che vuol raddrizzare, che flagella e che sottopone a disciplina. Dio infatti sempre ama: sia quando accarezza sia quando minaccia. Ripeta le parole che avete udito nel salmo: "È buono lodare il Signore, e inneggiare al tuo nome, Altissimo" (Sal 91,2).

(Agostino, Enarr. in Ps., 91,1)




--------------------
torna su
torna all'indice
home