VI Domenica del Tempo Ordinario (C)
Letture Patristiche

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Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.


ANNO C - VI Domenica del Tempo Ordinario

DOMENICA «DEL DISCORSO DELLA PIANURA»

Geremia 17,5-8 • Salmo 1 • 1 Corinzi 15,12.16-20 • Luca 6,17.20-26
(Visualizza i brani delle Letture)


1. I «guai a voi» di Luca (Beda il Venerabile, In Luc., 2,24 ss.)
2. La cupidigia di ricchezze è insaziabile (Basilio di Cesarea, Adversus divites, 5)
3. La povertà non è per noi un'infamia, ma una gloria (Minucio Felice, Octavius, 36,3-7)
4. La certezza dei cristiani (Agostino, De civit. Dei, 1,29)
5. Gli uomini a servizio della divina volontà salvifica (Mesrop Armeno, Sermo 5)
6. La parola di Dio è sorgente inesauribile di vita (Sant'Efrem, diacono, dai «Commenti dal Diatessaron», 1,18-19; SC 121,52-53)


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1. I «guai a voi» di Luca

"Guai a voi ricchi, perché avete già la vostra consolazione" (Lc 6,24). In che cosa consista questo "guai a voi ricchi" lo si capisce meglio dove si dice che i, regno dei cieli è dei poveri. Da questo regno infatti si separeranno coloro che mettono ogni loro piacere in questo mondo e udranno la sentenza del giusto giudice: "Rammentate, figli, che avete avuto dei beni nella vostra vita" (Lc 16,25). Dove però è da notare che l'incriminazione non è posta tanto sulla ricchezza quanto sull'amore della ricchezza. Infatti, non tutti quelli che hanno ricchezze, ma, come dice il Qoèlet: "Chi ama le ricchezze non ne avrà vantaggio" (Qo 5,9), perché colui che non sa staccare l'animo dai beni temporali e non sa farne parte ai poveri, per il momento, sí, gode del loro uso, ma resterà privo per sempre del frutto che avrebbe potuto acquistare, se li avesse donati. E leggiamo anche altrove: "Beato il ricco che è stato trovato senza macchia, che non è corso appresso all'oro e non ha riposto le sue speranze nel danaro e nel tesoro" (Sir 31,8).
"Guai a voi che siete sazi, perché avrete fame" (Lc 6,25).
Era sazio quel ricco, vestito di porpora, che faceva ogni giorno splendidi banchetti, ma stava certo poi in un gran guaio, quando, affamato, dovette chiedere che dal dito del disprezzato Lazzaro gli cadesse una goccia sulla bocca. D'altra parte, se son beati quelli che hanno sempre fame delle opere di giustizia bisogna pur che siano infelici coloro che, al contrario, seguendo i loro desideri, non sentono nessuna fame di veri e solidi beni e si reputano abbastanza felici, se per il momento non son privi del loro piacere.
"Guai a voi che ridete, perché sarete tristi e piangerete" (Lc 6,25). E Salomone dice: "Il riso sarà mescolato al dolore e la gioia finirà in lutto" (Pr 14,13). E ancora: "Il cuore dei sapienti è quello dov'è tristezza e il cuore degli stolti è quello dov'è letizia" (Qo 7,5); e questo vuole insegnare che la stoltezza dev'essere attribuita a quelli che ridono e la prudenza a quelli che piangono.
"Guai a voi, quando tutti gli uomini diranno bene di voi" (Lc 6,26). È ciò che il Salmista deplora, "poiché il peccatore è lodato per i suoi desideri e il malvagio è benedetto" (Sal 9,24). A costui non dà nessuna pena che i suoi delitti non siano ripresi e che egli ne sia lodato, come se avesse fatto bene.
"I padri di questa gente hanno trattato allo stesso modo i profeti" (Lc 6,26). Ma qui intende gli pseudoprofeti, i quali nella Sacra Scrittura son chiamati anche profeti, perché, per accaparrarsi il favore del popolo, si sforzavano di predire cose future. Perciò dice Ezechiele: "Guai ai profeti stolti che vanno dietro alla loro fantasia e non vedono niente; i tuoi profeti, Israele, erano come volpi nel deserto" (Ez 13,3). Perciò il Signore sulla montagna descrive soltanto le Beatitudini dei buoni, invece nella campagna annunzia anche le sventure dei malvagi; perché la gente più rude per essere spinta al bene ha bisogno di minacce e terrore, i perfetti invece basta invitarli con la prospettiva d'un premio.

(Beda il Venerabile, In Luc., 2, 24 ss.)

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2. La cupidigia di ricchezze è insaziabile

Tu chiami te stesso povero, e io son d'accordo. Povero infatti, è colui che ha bisogno di molte cose. Tuttavia, non è altro che l'insaziabile cupidigia a rendervi tali. A dieci talenti cerchi di aggiungerne altri dieci; diventati venti, ne vuoi altrettanti e ciò che tu ammassi, lungi dal calmare il tuo appetito, lo stimola ancor di più. Infatti, come per gli ubriaconi il continuare a ingerire vino costituisce uno stimolo al bere, parimenti le persone che si arricchiscono, dopo aver messo insieme delle ricchezze, ne desiderano ardentemente delle altre ancora, in tal modo, continuando sempre a nutrirsi, aggravano la loro malattia ed il loro desiderio ottiene l'effetto contrario a quello auspicato. Le ricchezze materiali, infatti, anche quando siano abbondanti, non rallegrano tanto i loro detentori quanto invece li rattristano le cose di cui son privi, quelle, cioè, di cui essi ritengono di avere bisogno. Così il loro animo è costantemente tormentato dalle preoccupazioni, poiché si danno da fare per raccogliere profitti sempre maggiori.
E al posto di essere lieti e di pensare che sono meglio piazzati rispetto a molti altri, sono abbattuti e tristi poiché sono messi in ombra da questa o da quest'altra persona più ricca. Una volta però che abbiano raggiunto anche quest'ultima, subito si dan da fare per diventare pari ad un'altra più ricca ancora salvo poi, eguagliata questa, puntare su di un'altra la loro cupidigia. Come coloro che salgono delle scale, con il piede sempre proteso verso il gradino superiore, non trovano pace prima di aver guadagnato la cima; similmente anche costoro non cessano di aspirare alla potenza, fino a quando, pervenuti alla vetta, non precipitino con una lunga caduta.
A beneficio degli uomini il Creatore di tutte le cose stabilì che l'uccello seleucide fosse insaziabile; tu, invece, è a danno di molti che hai reso insaziabile l'anima tua. Tutto ciò che l'occhio vede, l'avaro lo desidera grandemente. "L'occhio non si sazierà di vedere" (Qo 1,8), né l'avaro si sazierà di arraffare. L'inferno non ha mai detto: Basta; e l'avaro neppure ha mai detto: Basta (cf .Pr 27,20; 30,16). Quando dunque potrai servirti delle ricchezze presenti? Quando potrai goderne tu, che sempre ti affanni a procurartene ancora? "Guai a coloro che uniscono casa a casa e congiungono campo a campo, togliendo qualcosa al vicino" (Is 5,8). E tu cosa fai?

(Basilio di Cesarea, Adversus divites, 5)

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3. La povertà non è per noi un'infamia, ma una gloria

Noi siamo per lo più ritenuti poveri: non è un'infamia, ma una gloria. Il lusso abbatte l'animo, la frugalità lo afferma. Del resto, come può dirsi povero chi non ha bisogno di nulla, chi non brama i beni altrui, chi è ricco in Dio? E' povero piuttosto colui che, pur possedendo molto, desidera ancor di più. Dirò proprio quello che sento: Nessuno può essere tanto povero come quando è nato. Gli uccelli vivono senza patrimonio e gli animali ogni giorno trovano il loro pascolo: sono tutte creature nate per noi, e, se non le bramiamo, le possediamo tutte. Dunque, come chi fa un viaggio è tanto più fortunato quanto minore è il carico che porta, così è tanto più felice nel viaggio di questa vita chi è alleggerito dalla povertà, chi non sospira sotto il peso delle ricchezze. Tuttavia, se ritenessimo utili le ricchezze, le chiederemmo a Dio: potrebbe concedercene un po’, perché è padrone di tutto. Ma noi preferiamo disprezzare i beni, anziché conservarli; bramiamo piuttosto l'innocenza, chiediamo piuttosto la pazienza; preferiamo essere buoni che prodighi.

(Minucio Felice, Octavius, 36,3-7)

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4. La certezza dei cristiani

Tutta la famiglia del sommo e vero Dio ha la sua consolazione, non ingannevole, non fondata nella speranza di beni incerti e caduchi; e non deve crucciarsi per la stessa vita temporale in cui viene ammaestrata alla vita eterna, come pellegrina, usa dei beni terreni ma non se ne rende schiava, mentre i mali della terra sono per lei o prova o emenda.
Ma quelli che insultano questa sua prova e che quando cade in qualche travaglio temporale le chiedono: "Dove è il tuo Dio?" (Sal 41,4), dicano loro dove sono i loro dèi quando soffrono quei mali per evitare i quali li adorano o pretendono che tutti li adorino. La famiglia di Dio risponde: Il mio Dio è presente ovunque, in ogni luogo c'è tutto e in nessun luogo è racchiuso; può essere presente nel segreto e può essere lontano senza muoversi. Egli quando mi mette alla prova con le avversità, o esamina i miei meriti o castiga i miei peccati, e mi riserva un premio eterno per i mali di quaggiù piamente sopportati.

(Agostino, De civit. Dei, 1,29)

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5. Gli uomini a servizio della divina volontà salvifica

Nella persecuzione e nella pace, mostriamo al Signore la nostra amicizia. Egli ci dona la sua grazia increata, perché vuole che tutti vivano e diventino eredi della gloria e della grandezza che è in Gesù Cristo nostro Signore. E noi, da lui liberati purificati dalle brame perverse, divenuti per molti causa di salvezza, dobbiamo, ciascuno con la sua fatica e le sue virtù, innalzarci veramente dalla terra alla pace celeste, nel regno dell'amore, per essere sempre con Cristo e godere dei suoi beni eterni. E come le membra costituiscono la figura del corpo, così la fede consiste nelle buone opere; e con la fede si rafferma la speranza, con la speranza si raggiunge l'approvazione. Così dobbiamo avvicinarci all'amore di Dio, ricevere la grazia dello Spirito Santo, giungere al cielo, renderci eredi della vita eterna nell'abitazione dei santi, nella carità vivifica, radianti di splendore divino, nell'indicibile, nell'eterno, per lodare la Santissima Trinità per tutti i secoli.

(Mesrop Armeno, Sermo 5)

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6. La parola di Dio è sorgente inesauribile di vita

Chi è capace di comprendere, Signore, tutta la ricchezza di una sola delle tue parole? È molto più ciò che ci sfugge di quanto riusciamo a comprendere. Siamo proprio come gli assetati che bevono ad una fonte. La tua parola offre molti aspetti diversi, come numerose sono le prospettive di coloro che la studiano. Il Signore ha colorato la sua parola di bellezze svariate, perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in ciò che contempla.
La sua parola è un albero di vita che, da ogni parte, ti porge dei frutti benedetti. Essa è come quella roccia aperta nel deserto, che divenne per ogni uomo, da ogni parte, una bevanda spirituale. Essi mangiarono, dice l'Apostolo, un cibo spirituale e bevvero una bevanda spirituale (cfr. 1Cor 10, 2).
Colui al quale tocca una di queste ricchezze non creda che non vi sia altro nella parola di Dio oltre ciò che egli ha trovato. Si renda conto piuttosto che egli non è stato capace di scoprirvi se non una sola cosa fra molte altre. Dopo essersi arricchito della parola, non creda che questa venga da ciò impoverita. Incapace di esaurirne la ricchezza, renda grazie per la immensità di essa. Rallegrati perché sei stato saziato, ma non rattristarti per il fatto che la ricchezza della parola ti superi. Colui che ha sete è lieto di bere, ma non si rattrista perché non riesce a prosciugare la fonte. E' meglio che la fonte soddisfi la tua sete, piuttosto che la sete esaurisca la fonte. Se la tua sete è spenta senza che la fonte sia inaridita, potrai bervi di nuovo ogni volta che ne avrai bisogno. Se invece saziandoti seccassi la sorgente, la tua vittoria sarebbe la tua sciagura. Ringrazia per quanto hai ricevuto e non mormorare per ciò che resta inutilizzato. Quello che hai preso o portato via è cosa tua, ma quello che resta è ancora tua eredità. Ciò che non hai potuto ricevere subito a causa della tua debolezza, ricevilo in altri momenti con la tua perseveranza. Non avere l'impudenza di voler prendere in un sol colpo ciò che non può essere prelevato se non a più riprese, e non allontanarti da ciò che potresti ricevere solo un po’ alla volta.

(Sant'Efrem, diacono, dai «Commenti dal Diatessaron», 1,18-19; SC 121,52-53)




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