Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.
ANNO C - III Domenica del Tempo Ordinario
DOMENICA «DELLA PRIMA PREDICAZIONE A NAZARET»
Neemìa 8,2-4.5-6.8-10 • Salmo 18 • 1 Corinzi 12,12-30 • Luca 1,1-4; 4,14-21
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1. La trasmissione della Parola (Origene, In Luc., 1)
2. La Parola annunzio di liberazione (Origene, In Luc., 32, 2-6)
3. Oggi in questa riunione parla il Signore (Origene, dalle «Omelie su Luca»)
4. Cristo è sempre presente nella sua Chiesa (Dalla Costituzione «Sacrosanctum Concilium» del Concilio ecumenico Vaticano II sulla sacra Liturgia, Nr. 7-8. 106)
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1. La trasmissione della Parola
Un tempo, presso il popolo giudeo, molti pretendevano di avere il dono della profezia, ma alcuni erano dei falsi profeti, - ricordiamo tra essi Anania, figlio di Azor (cf. Ger 28), - mentre altri invece erano profeti autentici (il popolo aveva un carisma particolare per distinguere gli spiriti, in base al quale, con una perizia degna di «cambiavalute molto esperti», ne accoglieva alcuni e respingeva gli altri). Cosi, anche ai tempi del Nuovo Testamento, molti hanno tentato di scrivere vangeli; ma non tutti sono stati accolti. E affinché sappiate che non sono stati scritti soltanto quattro Evangeli ma un numero maggiore e che da essi sono stati scelti quelli che noi possediamo e che vengono tramandati alle Chiese, ascoltiamo quanto lo stesso Prologo di Luca, qui riportato, ci dice: "Perché molti hanno tentato di comporre una narrazione" (Lc 1,1). Queste parole «hanno tentato» contengono implicitamente un'accusa contro coloro i quali, senza la grazia dello Spirito Santo, si sono gettati nella redazione dei Vangeli. Non v'è dubbio che Matteo, Marco, Giovanni e Luca non hanno affatto «tentato» di scrivere, ma, ricolmi di Spirito Santo, hanno scritto i Vangeli. "Molti hanno tentato di comporre una narrazione di questi avvenimenti che sono a noi perfettamente noti" (Lc 1,1).
La Chiesa possiede quattro Vangeli, gli eretici moltissimi...
Luca rivela i suoi sentimenti dicendo: «Ci sono state molto chiaramente manifestate». È infatti con la certezza della fede e della ragione che egli aveva conosciuto gli avvenimenti; e non aveva il benché minimo dubbio su un fatto, se fosse accaduto in un certo modo anziché in un altro.
Questo succede a coloro che hanno creduto con la massima fedeltà, e hanno raggiunto ciò che il Profeta chiede con insistenza e possono dire: "Confermami nelle tue parole" (Sal 119,29); ecco perché l'Apostolo, di quelli che erano saldi e forti, dice: "Affinché siate radicati e fondati nella fede" (Ef 3,17; Col 2,7; 1,23). Infatti, per chi è radicato e fondato nella fede, la tempesta può sollevarsi, i venti possono soffiare, la pioggia può cadere a rovesci, ma egli non sarà scosso, né vacillerà, perché l'edificio è stato fondato "sulla pietra" (cf. Mt 7,24-28), cioè su una solida base.
E non pensiamo che venga concessa a questi occhi del corpo la fermezza della fede, che è dono della mente e della ragione. Lasciamo che gl'infedeli credano a motivo dei miracoli e dei prodigi che l'occhio umano può vedere; il fedele saggio e prudente segua la ragione e il verbo, e distingua così la verità dall'errore.
"Come ce li hanno tramandati coloro che all'inizio videro e furono poi ministri della Parola" (Lc 1,2). Nell'Esodo sta scritto: "Il popolo vedeva la voce del Signore" (Es 20,18). Certamente a voce si ascolta piuttosto che vederla, ma così sta scritto per farci capire che vedere la voce di Dio significa possedere altri occhi, che permettono di vedere a coloro che lo meritano. Senza dubbio nel Vangelo non è la voce che si vede, ma la Parola, che è superiore alla voce. Per questo dice ora: «Come ce li hanno tramandati coloro che all'inizio videro e poi sono divenuti ministri della Parola».
Gli apostoli hanno visto la Parola, non perché hanno visto il corpo del Signore e Salvatore, ma perché hanno visto il Verbo. Se, infatti, aver visto Gesù con gli occhi del corpo fosse lo stesso che aver visto la Parola di Dio, in questo caso Pilato, che condannò Gesù, avrebbe visto il Verbo, come anche lo avrebbero visto il traditore Giuda e tutti coloro che gridavano: "Crocifiggilo, crocifiggilo, fallo sparire dalla terra" (Gv 19,15). Lungi da me ammettere che qualsiasi infedele abbia potuto vedere il Verbo di Dio. Vedere il Verbo di Dio è ciò che dice il Salvatore stesso: "Chi ha visto me, ha visto anche il Padre che mi ha mandato" (Gv 14,9).
«Come ce li hanno tramandati coloro che all'inizio videro e sono divenuti poi ministri della Parola». Le parole di Luca ci insegnano implicitamente che lo scopo di una dottrina può essere la conoscenza della dottrina stessa, e che c'è invece un'altra dottrina il cui scopo consiste nelle opere che la mettono in pratica. Ad esempio: la scienza della geometria ha per scopo soltanto la conoscenza e la dottrina; ben diversa è la scienza il cui fine esige la pratica, come la medicina. In questo caso io debbo conoscere i metodi e principi della medicina, non soltanto per conoscere ciò che debbo fare, ma anche per fare: cioè per incidere una piaga, per prescrivere una dieta rigorosamente misurata, per valutare il grado della febbre secondo il pulsare delle vene, per moderare e ridurre con periodiche cure l'abbondanza degli umori. Chi sa soltanto queste cose e non le mette in pratica possiederà una scienza inutile. C'è pertanto un analogo rapporto tra la scienza della medicina e le opere, come tra la conoscenza della Parola e il suo ministero. Per questo sta scritto: «Come ce li hanno tramandati coloro che all'inizio videro e poi divennero ministri della Parola». Dicendo «videro» significa la conoscenza e la dottrina, e dicendo «divennero ministri» ci fa conoscere che hanno compiuto le opere.
"È sembrato anche a me, investigata accuratamente ogni cosa fin dal principio..." (Lc 1,3). Insiste e ripete che tutto ciò che si appresta a scrivere non l'ha conosciuto per sentito dire, ma che ha investigato ogni cosa fin dall'origine. Per questo giustamente anche l'Apostolo lo loda dicendo: "La cui lode per quanto riguarda il Vangelo è diffusa in tutte le Chiese" (2Cor 8,18). Non dice così di nessun altro, lo dice solo a proposito di Luca.
"È sembrato anche a me, investigata accuratamente ogni cosa fin dal principio, di scrivere per te ordinatamente, ottimo Teofilo" (Lc 1,3). Qualcuno può credere che il Vangelo sia stato scritto per un certo Teofilo. Tutti voi che ascoltate le nostre parole, se siete uomini tali da essere amati da Dio, siete anche voi Teofili, e per voi il Vangelo è scritto...
Cosi audacemente direi che chi è Teofilo è forte, perché deriva la sua forza e il suo vigore tanto da Dio quanto dalla sua Parola, per cui è capace di conoscere «la verità delle parole nelle quali è ammaestrato» comprendendo le parole del Vangelo nel Cristo.
(Origene, In Luc., 1)
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2. La Parola annunzio di liberazione
Quando tu leggi: «E insegnava nelle loro sinagoghe e tutti celebravano le sue lodi», stai attento a non credere che soltanto quelli siano stati felici, mentre tu sei stato privato del suo insegnamento. Se la Scrittura è la verità, Dio non ha parlato soltanto allora nelle assemblee giudee, ma anche oggi parla in questa nostra assemblea; e non soltanto qui, nella nostra Chiesa, ma anche in altri consessi e in tutto il mondo Gesù insegna, cercando gli strumenti per trasmettere il suo insegnamento. Pregate dunque affinché egli trovi anche in me uno strumento idoneo e ben disposto a parlare di lui. Cosi, come Dio onnipotente, cercando dei profeti, al tempo in cui gli uomini avevano bisogno delle profezie, trovò per esempio Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele; del pari Gesù cerca strumenti con cui trasmettere la sua Parola, e ammaestrare i popoli nelle loro sinagoghe ed essere glorificato da tutti. Oggi Gesù è «più glorificato da tutti» che non in quel tempo in cui era conosciuto in una sola regione.
"Poi venne a Nazaret, ove era stato allevato, entrò, secondo il costume, nel giorno di sabato nella sinagoga e si alzò per fare la lettura. Gli fu dato il libro del profeta Isaia, e, sfogliando il libro, trovò il passo in cui era scritto: lo Spirito del Signore è su di me, per questo mi ha unto" (Lc 4,16-18). Non è per caso, ma per intervento della provvidenza di Dio, che Gesù sfoglia il libro e trova nel testo il capitolo che profetizzava a suo riguardo. Se sta scritto infatti che «nessun uccello cade nella rete senza la volontà del Padre»; e se «i capelli della testa» degli apostoli "sono tutti contati" (Lc 12,6-7), sarebbe forse un effetto del caso che quella scelta sia caduta proprio sul libro di Isaia e non su un altro, e il passo da leggere sia stato non un altro, ma questo che esprime il mistero del Cristo: «Lo Spirito del Signore è su di me, per questo egli mi ha unto»? È infatti Cristo che commenta questo testo e bisogna quindi pensare che niente sia avvenuto secondo il gioco del caso o della fantasia, ma tutto si svolse secondo il disegno della provvidenza di Dio.
Consideriamo il senso delle parole del Profeta e, dopo, l'applicazione che di esse fa Gesù a proprio riguardo nella sinagoga. Dice: "Mi ha inviato a portare la buona novella ai poveri" (Lc 4,18). I poveri raffigurano i Gentili. Infatti essi erano poveri, dato che non possedevano assolutamente niente, né Dio, né la legge, né i profeti, né la giustizia, né le altre virtù. Per quel motivo Dio lo ha inviato come messaggero presso i poveri? "Per annunziare agli schiavi la liberazione". Noi fummo prigionieri, e per tanti anni Satana ci ha tenuti incatenati, schiavi e soggetti a sé; è venuto Gesù «ad annunziare la liberazione ai prigionieri "e a dare ai ciechi la vista"». È appunto per la sua parola, e per la predicazione della sua dottrina, che i ciechi vedono. Il termine «predicazione» va logicamente riferito apò koinoù non soltanto «ai prigionieri», ma anche «ai ciechi».
"E a restituire la libertà agli oppressi" (Lc 4,18). C'è un essere più oppresso e più mortificato dell'uomo, che da Gesù è stato liberato e guarito?
"A proclamare l'anno di grazia del Signore" (Lc 4,19; Is 61,2). Secondo una pura e semplice interpretazione letterale, alcuni intendono che il Salvatore ha annunziato il vangelo in Giudea durante un anno, e che questo è il significato della frase: «proclamare l'anno di grazia del Signore "e il giorno della ricompensa"». Ma forse la Santa Scrittura nella frase «proclamare l'anno del Signore» ha voluto nascondere un mistero. Diversi saranno i giorni futuri, non paragonabili a quelli che vediamo oggi nel mondo; ed anche i mesi saranno diversi e diverso il calendario. Se dunque i tempi saranno tutti rinnovati, nuovo sarà nel futuro l'anno del Signore portatore di grazia. Queste cose ci sono state annunziate affinché, dopo essere passati dalla cecità alla chiara visione e dalla schiavitù alla libertà, guariti dalle nostre molteplici ferite, noi perveniamo «all'anno di grazia del Signore».
Gesù, dopo aver letto queste parole, "ripiegandolo restituì il libro al ministro e si pose a sedere. E gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi in lui" (Lc 4,20). Anche ora, se lo volete, in questa sinagoga, in questa nostra assemblea gli occhi vostri possono fissare il Salvatore. Quando voi riuscite a rivolgere lo sguardo più profondo del vostro cuore verso la contemplazione della Sapienza, della Verità e del Figlio unico di Dio, allora i vostri occhi vedranno Gesù. Felice assemblea quella di cui la Scrittura testimonia che «gli occhi di tutti erano fissi in lui». Come desidererei che questa nostra assemblea potesse ricevere una simile testimonianza, cioè che tutti voi, catecumeni e fedeli donne, uomini e fanciulli aveste gli occhi, non gli occhi del corpo ma quelli dell'anima, rivolti a guardare Gesù! Quando voi vi volgerete verso di lui, dalla sua luce e dal suo volto i vostri volti saranno fatti più chiari, e potrete dire: "Impressa su di noi è la luce del tuo volto, o Signore" (Sal 4,7), "cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (1Pt 4,11).
(Origene, In Luc., 32, 2-6)
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3. Oggi in questa riunione parla il Signore
«Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi» (Lc 4,14-15).
Quando leggi che insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi, non giudicare fortunati soltanto loro, e non crederti privato del suo insegnamento. Se le Scritture sono vere, il Signore non ha parlato solo allora nelle riunioni dei giudei, ma parla anche adesso in questa nostra riunione; e non solo in questa, ma anche in altri incontri e in tutto il mondo Gesù insegna, cercando gli strumenti attraverso i quali insegnare.
«Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo, trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me;per questo mi ha consacrato con l'unzione» Lc 4,16-18).
Non per caso svolgendo il rotolo trovò il capitolo che parlava profeticamente di lui, ma ciò era stato predisposto da Dio. Come infatti è scritto: Un passero non cade a terra senza la volontà del Padre vostro (cfr Mt 10,29), e: «Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati» (Lc 12,7), così avvenne che gli fosse offerto proprio il rotolo di Isaia; e non un altro tratto, ma quello che parlava del mistero di Cristo: «Lo Spirito del Signore è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione» (Is 61,1.)
Dopo aver letto questo passo Gesù «arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui» (Lc 4,20). E ora, se volete, in questa riunione i vostri occhi possono scorgere il Salvatore. Quando tu avrai rivolto tutta l'attenzione del cuore a contemplare la sapienza e la verità dell'unigenito Figlio di Dio, i tuoi occhi vedranno Gesù. Beata quell'assemblea di cui ci parla la Scrittura, nella quale gli occhi di tutti stanno fissi su di lui. Come vorrei che anche di questa riunione si potesse dire la stessa cosa, che cioè gli occhi di tutti, dei catecumeni e dei fedeli, delle donne, degli uomini e dei bambini, non gli occhi del corpo, ma quelli dell'anima vedono Gesù! Se guarderete a lui, dalla sua luce e dal suo sguardo i vostri volti saranno resi più splendenti e potrete dire: «Risplende su di noi, Signore, la luce del tuo volto» (Sal 4,7) A lui sia gloria e onore nei secoli dei secoli.
(Origene, Dalle «Omelie su Luca»)
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4. Cristo è sempre presente nella sua Chiesa
Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e soprattutto nelle azioni liturgiche. È presente nel Sacrificio della Messa tanto nella persona del ministro, «Egli che, offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso per il ministero dei sacerdoti», tanto, e in sommo grado, sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, di modo che quando uno battezza è Cristo che battezza. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e canta i santi, lui che ha promesso: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro» (Mt 18,20).
In quest'opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale lo prega come suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all'Eterno Padre.
Giustamente perciò la Liturgia è ritenuta come l'esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo; in essa, per mezzo di segni sensibili, viene significata e, in modo ad essi proprio, realizzata la santificazione dell'uomo, e viene esercitato dal Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico e integrale.
Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, ne uguaglia l'efficacia.
Nella Liturgia terrena noi partecipiamo, pregustandola, a quella celeste, che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini e dove il Cristo siede alla destra di Dio quale ministro del santuario e del vero tabernacolo. Insieme con la moltitudine dei cori celesti cantiamo al Signore l'inno di gloria; ricordando con venerazione i santi, speriamo di condividere in qualche misura la loro condizione e aspettiamo, quale salvatore, il Signore nostro Gesù Cristo, fino a quando egli apparirà, nostra vita, e noi appariremo con lui nella gloria.
Secondo la tradizione apostolica, che ha origine dallo stesso giorno della risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente «giorno del Signore» o «domenica». In questo giorno infatti i fedeli devono riunirsi in assemblea per ascoltare la parola di Dio e partecipare all'Eucaristia, e così far memoria della passione, della risurrezione e della gloria del Signore Gesù e rendere grazie a Dio che li «ha rigenerati nella speranza viva della risurrezione di Gesù Cristo dai morti» (1Pt 1,3). La domenica è dunque la festa primordiale che dev'essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro. Non le vengano anteposte altre celebrazioni, a meno che siamo di grandissima importanza, perché la domenica è il fondamento e il nucleo di tutto l'anno liturgico.
(Dalla Costituzione «Sacrosanctum Concilium» del Concilio ecumenico Vaticano II sulla sacra Liturgia, NR. 7-8. 106)
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