II Domenica del Tempo Ordinario (C)
Letture Patristiche

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Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.


ANNO C - II Domenica del Tempo Ordinario

DOMENICA «DELLE NOZZE DI CANA»

Isaia 62,1-5 • Salmo 95 • 1 Corinzi 12,4-11 • Giovanni 2,1-11
(Visualizza i brani delle Letture)


1. Discorso 123, di sant'Agostino, vescovo. Dalle parole del vangelo di Giovanni (2, 1-11):"Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli", ecc. (PL 38, 684-686)
2. L'ora di Gesù (Giovanni Crisostomo, Comment. in Ioan., 22, 1-2)
3. Cristo con la sua presenza santifica le sorgenti stesse dell'umana generazione (Cirillo d'Alessandria, vescovo. Dal «Commento sull'evangelo di Giovanni»)


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Discorso 123, di sant'Agostino, vescovo
Dalle parole del vangelo di Giovanni (2, 1-11):"Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli", ecc. (PL 38, 684-686)


L'umiltà di Cristo rimedio alla nostra superbia
1. Avete imparato a conoscere, fratelli, perché credenti in Cristo avete infatti appreso e, mediante il nostro ministero, anche noi vi abbiamo assiduamente inculcato, che rimedio alla superbia dell'uomo è l'umiltà di Cristo. L'uomo non si sarebbe infatti perduto se non si fosse gonfiato di superbia. Poiché, come dice la Scrittura: Principio di ogni peccato la superbia (Sir 10, 15). Contro il principio del peccato fu necessario il principio della giustizia. Se la superbia fu principio di ogni peccato, allora da che sarebbe venuto il rimedio al gonfiore della superbia, se Dio non si fosse degnato di farsi umile? Si vergogni l'uomo di essere superbo, poiché Dio si è umiliato. Ad esempio, quando infatti si parla ad un uomo per indurlo ad un sentire umile di sé, reagisce sdegnato; è pure opera della superbia che gli uomini siano decisi a vendicarsi, se offesi. Mentre rifuggono dall'essere umiliati, si vogliono vendicare, quasi che il male altrui possa tornare a profitto di alcuno. Chi ha subito un torto ed è stato ferito da un'ingiuria, è deciso a vendicarsi; dall'altrui danno vuole ricavare di che essere soddisfatto, ma si procura un grande tormento. Perciò Cristo Signore in ogni circostanza si degnò di essere umiliato, mostrandoci la via, se pure è vero che ci degniamo di percorrerla.

Perché Cristo, avendo fame, non mutò la pietra in pane, così come alle nozze mutò l'acqua in vino
2. Ecco che, tra l'altro, il Figlio della Vergine si recò alle nozze: egli istituì le nozze quando era presso il Padre. A quel modo che la prima donna, per la quale entrò il peccato, fu formata dall'uomo senza la donna, così l'uomo, per il quale fu cancellato il peccato, fu formato dalla donna senza l'uomo. A causa di quello precipitammo, in grazia di questo ci eleviamo. E proprio in quelle nozze che cosa creò? Vino dall'acqua. C'è un potere più grande? Chi aveva il potere di compiere tali opere, si abbassò fino al bisogno. Chi dell'acqua fece vino, ebbe il potere di mutare in pane le pietre. Riguardava la medesima potenza: ma allora fu il diavolo a proporre, perciò Cristo se ne astenne. Sapete di certo che quando Cristo Signore fu tentato, questo glielo insinuò il diavolo. Ebbe fame, infatti, perché si abbassò fino a questo punto, perché anche questo servì all'umiltà. Ebbe fame il Pane, come pure fu allo stremo delle forze la Via, come pure fu ferita la Salute, come pure si spense la Vita. Avendo fame, come sapete, gli disse il tentatore: Se sei Figlio di Dio, comanda a queste pietre che diventino pani. E rispose al tentatore insegnando a te a rispondere al tentatore. Il Comandante in capo entra in battaglia infatti a questo scopo: perché i soldati apprendano. Che rispose? Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola di Dio. E delle pietre non fece pani egli che indubbiamente ebbe il potere di farlo, così come da acqua vino. E' proprio della medesima potenza infatti fare di una pietra un pane, ma non lo fece per disprezzare la volontà del tentatore. Poiché altrimenti il tentatore non resta vinto, a meno che non venga disprezzato. Avendo sconfitto il diavolo tentatore, vennero gli angeli e lo servivano (Mt 2, 4-10). Per quale ragione allora chi aveva tanta potenza non attuò quello, ma operò questo? Leggi, o meglio, ricorda quello che poco fa hai ascoltato, quando operò questo, cioè cambiare acqua in vino; che cosa aggiunse l'Evangelista? E i suoi discepoli credettero in lui (Gv 2, 11). Allora il diavolo era forse disposto a credere?

Cristo umile, via alla Patria
3. Così colui che ebbe il potere di compiere grandi prodigi soffrì la fame, la sete, si assoggettò alla fatica, cedette al sonno, fu arrestato, fu flagellato, fu crocifisso, fu ucciso. Codesta è la via: cammina attraverso l'umiltà per giungere all'eternità. Cristo Dio è la patria dove siamo diretti; Cristo uomo è la via per la quale procediamo. Andiamo a lui, andiamo attraverso lui; perché temiamo di allontanarci dalla mèta? Non si allontanò dal Padre e venne fino a noi. Era nutrito al seno e conservava il mondo. Giaceva in una mangiatoia ed era il cibo degli angeli. Dio e uomo: lo stesso che Dio egli uomo, lo stesso che uomo egli Dio. Ma non in quanto uomo egli Dio. Dio perché è il Verbo; uomo perché il Verbo si fece carne; e sussistendo come Dio e prendendo su di sé la carne propria dell'uomo; assumendo ciò che non era, non perdendo ciò che era. Per conseguenza, dopo aver ormai sofferto proprio a motivo dello stato di umiliazione, avendo ormai subito la morte, ormai la sepoltura, risuscitò infine, salì al cielo infine; si trova là e siede alla destra del Padre; e si trova quaggiù nella persona dei suoi poveri. Anche ieri l'ho fatto notare alla Carità vostra [nel discorso precedente] in riferimento a ciò che disse a Natanaele: Vedrai cose più grandi di queste. In verità vi dico: Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo (Gv 1,50-51). Ne abbiamo ricercato il senso e abbiamo parlato a lungo; ancora oggi dobbiamo ripetere le medesime cose? Quanti sono intervenuti vedano di ricordarlo; tuttavia, lo richiamo in breve alla memoria.

Cristo e in cielo e in terra. Cristo e ricco e povero
4. Non direbbe: Salivano al Figlio dell'uomo, se non fosse anche in cielo; non direbbe: Scendevano sul Figlio dell'uomo, se non fosse anche sulla terra. Egli stesso in cielo, egli stesso sulla terra; quanto a sé in cielo, quanto ai suoi, sulla terra; in cielo presso il Padre, sulla terra in mezzo a noi. In forza di ciò quel richiamo a Saulo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (At 9,4). Poteva dire: Saulo, Saulo, proprio perché era in cielo. Saulo non lo perseguitava in cielo; se non era anche sulla terra, chi era in cielo non poteva dire: Perché mi perseguiti? Temete il Cristo che è in cielo, riconoscete il Cristo che è sulla terra. Il Cristo in cielo consideralo quale dispensatore di doni, il Cristo sulla terra riconoscilo povero. Quaggiù è povero, lassù è ricco. Che quaggiù Cristo è povero in luogo nostro egli stesso lo dice: Ho avuto fame, ho avuto sete, ero nudo, ero forestiero, ero carcerato. E ad alcuni ha detto: Mi avete provveduto; ad altri ha detto: Non mi avete provveduto (Mt 25,35-45). Ecco, abbiamo dato a conoscere l'identità del Cristo povero: chi non conosce il Cristo ricco? Ed anche sulla terra il potere di cambiare acqua in vino era proprio di quelle ricchezze. Se è ricco chi possiede vino, qual grado di ricchezza contraddistingue chi crea il vino? Ricco e povero perciò il Cristo; come Dio, ricco, come uomo, povero. E infatti lo stesso uomo già ricco ascese al cielo, siede alla destra del Padre, eppure quaggiù tuttora povero soffre la fame, la sete, è nudo.

Ogni uomo è il povero e il mendico di Dio
5. Tu che sei? Ricco, o povero? Molti mi dicono: Sono povero, e dicono il vero. Riconosco povero chi possiede qualcosa, riconosco povero anche l'indigente. Ma c'è chi possiede in abbondanza oro e argento. O se si riconoscesse povero! Si riconosce povero chi si accorge di avere accanto a sé un povero. Com'è? Per molto che tu voglia avere, chiunque ricco tu sia, sei il mendìco di Dio. Si viene all'ora della preghiera e proprio in questo momento ti metto alla prova. Tu chiedi. Come, non sei povero tu che chiedi? Aggiungo di più: chiedi pane. Non sei forse sul punto di dire: Dacci il nostro pane quotidiano (Mt 6,11)? Tu che chiedi il pane quotidiano sei povero o ricco? Eppure Cristo ti dice: Dammi di ciò che ti ho dato. Che hai portato con te quando sei venuto al mondo? Quaggiù hai trovato esistente tutto ciò che ho creato. Niente hai recato, nulla porterai via di qui. Per quale ragione non mi doni del mio? E' perché sei ricco, mentre il povero è privo di tutto. Considerate all'origine la vostra vita: entrambi veniste alla luce nudi. Anche tu perciò nascesti nudo. Trovasti qui molte cose: recasti con te qualcosa? Ti chiedo del mio: dammi ed io ti rendo. Hai avuto in me il donatore, rendimi presto debitore. E' dir poco ciò che ho detto: hai avuto in me il donatore, fa' di me un debitore; che io abbia in te un creditore. Mi dai poco, renderò di più. Mi dài beni terreni, te ne renderò di celesti. Mi dài beni temporali, ti renderò beni eterni. A te renderò te stesso quando avrò restituito te a me.

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2. L'ora di Gesù

"Che c'è tra me e te, o donna? L'ora mia non è ancora venuta" (Gv 2,4).
È certamente cosa faticosa il tenere sermoni, come riconosce lo stesso Paolo con queste parole: "I presbiteri che governano bene siano compensati di duplice onore: soprattutto quelli che si affaticano e nella predicazione e nell'insegnamento" (1Tm 5,17). Però dipende unicamente da voi il rendere questa fatica leggera o pesante. Se respingete quanto vi si dice, oppure, senza respingerlo, non lo mettete in pratica, la nostra fatica sarà pesante, perché sappiamo di lavorare inutilmente; se, invece, prestate attenzione e mettete in pratica quanto ascoltate, non ci accorgeremo neppure del sudore che tutto questo ci costa: l'abbondanza dei frutti delle nostre fatiche ce le farà sembrare leggere. Perciò, se volete stimolare il nostro zelo, e non spegnerlo o diminuirlo, mostratecene, vi prego, il frutto, affinché, vedendo il buon raccolto, confortati dalla speranza di prosperità e contando già i buoni risultati che ne ricaveremo, non siamo indolenti nell'impegnarci in un'impresa così importante. Infatti, anche la questione che oggi ci proponiamo di trattare non è di scarsa importanza. La madre di Gesù gli disse: "Non hanno più vino", e il Cristo le rispose: "Che c'è tra me e te, o donna? L'ora mia non è ancora venuta"; però, dopo aver risposto così, egli compì proprio quello che gli aveva chiesto la madre. Tale questione non è meno difficile e importante della precedente. Invocando dunque l'aiuto di colui che fece questo miracolo, cerchiamo di arrivare prontamente alla soluzione.
Notiamo prima di tutto che questa espressione non ricorre solo in questa circostanza; lo stesso evangelista dice più avanti: "Nessuno lo arrestò, perché la sua ora non era ancora venuta" (Gv 8,20); e ancora: "Nessuno gli mise le mani addosso perché la sua ora non era ancora venuta" (Gv 7,30); e infine il Salvatore dice: "È venuta l'ora, glorifica il Figlio tuo" (Gv 17,1). Ho raccolto qui tutti questi passi tratti dall'intero Vangelo, per darne un'unica soluzione. Qual è in effetti il significato di queste espressioni? In primo luogo, il Cristo non era soggetto alle leggi del tempo, e non era per obbedire alle esigenze di una determinata ora che egli diceva: "L'ora mia non è ancora venuta". E come avrebbe potuto l'Autore del tempo, il Creatore delle ère e dei secoli, subire una tale necessità? Esprimendosi in questo modo, vuole solo farci intendere che egli compie ogni cosa a tempo opportuno e non tutte nello stesso tempo; giacché se non fissasse a ciascuna delle sue opere il momento opportuno, la nascita, la risurrezione, il giudizio dovrebbero mescolarsi l'un l'altro, e ne nascerebbe confusione e disordine. Notate bene, infatti: Era opportuno che la creazione avvenisse, ma non tutta in una volta; era opportuno che venissero creati l'uomo e la donna, ma non entrambi nello stesso istante; era opportuno condannare alla morte il genere umano e che avvenisse poi la risurrezione, ma tra i due decreti doveva esservi un grande intervallo; era opportuno che venisse data la legge, ma non contemporaneamente alla grazia; a ciascuna delle due cose conveniva un tempo particolare. Il Cristo non era dunque soggetto alla necessità dei tempi, ma è lui che ha assegnato un ordine ai tempi, e che li ha creati.
Se perciò Giovanni riporta qui la frase del Cristo: "L'ora mia non è ancora venuta", è per significare che egli era ancora sconosciuto a molti e che non aveva neppure al suo seguito l'intera schiera dei discepoli: lo seguivano solo Andrea e Filippo e nessun altro; e nemmeno questi lo conoscevano in maniera adeguata, come neanche sua madre e i suoi fratelli. Prova ne è quanto dice l'evangelista a proposito dei fratelli, dopo che erano avvenuti molti miracoli: "E neanche i suoi fratelli credevano in lui" (Gv 7,5). Così non lo conoscevano nemmeno quelli che erano presenti alle nozze: altrimenti, essi stessi gli si sarebbero avvicinati e lo avrebbero pregato, trovandosi ad aver bisogno di lui. Ecco perché egli dice: "L'ora mia non è ancora venuta": - non sono, cioè, ancora conosciuto dai presenti ed essi non sanno neppure che il vino manca. Lascia che almeno se ne accorgano. Però non sei tu che devi rivolgermi questa domanda, perché tu sei la madre e rendi sospetto il miracolo. Sarebbe stata cosa più opportuna che quelli stessi che si trovano nel bisogno fossero venuti da me a pregarmi; non perché questa sia per me una condizione indispensabile, ma affinché essi accolgano il miracolo che io compirò con piena soddisfazione -. Chi, infatti, sa di trovarsi in stato di necessità, appena ottiene quello che desidera, pensa di aver ricevuto una grande grazia; chi, invece, non si rende ancora conto di trovarsi nel bisogno, non avrà neanche una chiara e piena coscienza del beneficio.
«Ma perché mai - mi chiederete -, dopo aver detto: "L'ora mia non è ancora venuta" e dopo aver opposto un rifiuto, compì ciò che la madre gli aveva chiesto?». Per dimostrare ai suoi oppositori e a quanti lo ritenevano soggetto all'ora e al tempo, che non lo era affatto. Se, infatti, fosse stato soggetto ad essi, come avrebbe potuto compiere quest'opera, quando non era ancora venuta l'ora? Inoltre, egli volle rendere onore a sua madre, affinché non sembrasse resisterle completamente, non si spargesse la diceria della sua impotenza a compiere qualcosa di straordinario, e per non farla vergognare in presenza di tante persone: ella, infatti, gli aveva mandato i servitori. Anche quando disse alla Cananea: "Non è bene prendere il pane dei figlioli per gettarlo ai cagnolini" (Mt 15,26), le concesse poi ciò che ella gli aveva chiesto, commosso dalla sua insistenza; e benché le avesse detto precedentemente: "Io non sono stato mandato se non per le pecorelle smarrite della casa d'Israele" (Mt 15,24), egli le liberò la sua figlia.
Impariamo da questi esempi che la perseveranza spesso ci rende degni di ricevere le grazie, anche se ne siamo indegni. Per questo anche la madre aspettò, e poi saggiamente gli mandò i servitori affinché egli venisse pregato da più persone. Aggiunse infatti: "Fate quello che vi dirà" (Gv 2,5). Ella sapeva che non era per incapacità che le aveva opposto un rifiuto, ma perché rifuggiva dalla vanità, e per evitare ogni apparenza di precipitazione nel fare questo miracolo, gli fece avvicinare i servitori.
"C'erano là sei idrie, per la purificazione dei Giudei, della capacità di due o tre metrete l'una. Gesú disse loro: «Riempite le idrie di acqua». Ed essi le riempirono fino all'orlo" (Gv 2,6-7). Non senza motivo l'evangelista precisò: "per la purificazione dei Giudei", affinché nessun incredulo potesse pensare che vi fosse rimasta dentro un po' di feccia di vino la quale, mescolandosi con l'acqua in esse versata, avesse prodotto una sorta di vino leggerissimo. Disse dunque: "per la purificazione dei Giudei", per precisare che in quelle idrie non veniva mai conservato il vino. Infatti, soffrendo la Palestina di penuria di acqua ed essendo colà rare le fonti e le sorgenti, i Giudei tenevano idrie piene d'acqua, per non essere costretti a correre al fiume quando diventavano impuri e per avere a portata di mano il mezzo per purificarsi.

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Ioan., 22, 1-2)

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3. Cristo con la sua presenza santifica le sorgenti stesse dell'umana generazione

Al momento opportuno il Cristo comincia a operare miracoli, anche se l'occasione sembra fornita da una circostanza fortuita. Difatti si stanno celebrando delle nozze, dignitose e oneste, ed era presente la madre del Salvatore: è invitato anche lui e interviene con i suoi discepoli, non tanto per partecipare ai convito, quanto perché dovrà compiere il miracolo e infondere così alle sorgenti stesse dell'umana generazione una corrente santificatrice di grazia che ne innalzi l'ordinario livello di natura.
Era conveniente, infatti, che venendo a rinnovare la natura stessa dell'uomo per riportarla tutta intera a una condizione superiore, egli non solo benedicesse quanti erano già nati, ma preparasse anche la grazia per quelli che dovevano ancora venire alla luce e ne santificasse la nascita. Con la sua presenza onorò le nozze, egli che è il gaudio e la letizia di tutti, cancellando così la tristezza che fin dagli inizi era stata associata al parto. «Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate - dice san Paolo - ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17).
Egli dunque venne alle nozze con i suoi discepoli. Conveniva che fossero presenti mentre operava miracoli, essi che si lasciavano attirare dal fascino di fatti meravigliosi, poiché avrebbero raccolto come alimento per la loro fede ciò che egli stava per operare.
Viene a mancare il vino ai convitati e la Madre prega lui di agire con la sua solita bontà e benevolenza: «Non hanno più vino» (Gv 2,3). Lo esorta a compiere il miracolo, dato che egli ha il potere di fare qualsiasi cosa purché lo voglia. «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora» (Gv 2,4). Ottimamente si espresse così il Signore, poiché non occorreva che si affrettasse a operare miracoli o che si offrisse di compierli: li avrebbe compiuti per esaudire una preghiera, e una tale grazia sarebbe stata data per giovare più che per appagare la curiosità dei presenti.
Oltre a ciò, le cose desiderate diventano più gradite se non vengono concesse immediatamente ma si lasciano un po' sospirare, impreziosite così dalla speranza. Infine, Cristo volle mostrarci il grande rispetto che si deve ai genitori,accettando di compiere in ossequio a sua madre ciò che prima non voleva fare.

Dal «Commento sull'evangelo di Giovanni» di san Cirillo d'Alessandria, vescovo.



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