Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.
[Le letture di questa domenica sono tratte dal: http://www.augustinus.it/italiano/discorsi.htm]
ANNO B – Ascensione del Signore
DOMENICA «DELL'ASCENSIONE DEL SIGNORE»
Atti 1,1-11 • Salmo 46 • Efesini 4,1-13 • Marco 16,15-20
(Visualizza i brani delle Letture)
1. Sant'Agostino vescovo, Discorso 265/A (Sia Cristo a parlare in noi: Ascensione del Signore, PLS 2, 528-531)
2. Sant'Agostino vescovo, Discorso 265/B (Il motivo della permanenza di Cristo dopo la risurrezione: Ascensione del Signore, PLS 2, 531-532)
3. Sant'Agostino vescovo, Discorso 265/C (Ciascuno difende il proprio tesoro: Ascensione del Signore, PLS 2, 589-591)
4. Sant'Agostino vescovo, Discorso 265/D (L'eresia manichea sul corpo di Cristo: Ascensione del Signore, PLS 2, 704-708)
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1. Sant'Agostino vescovo, Discorso 265/A
Sia Cristo a parlare in noi (Ascensione del Signore, PLS 2, 528-531)
1. È spuntato il giorno santo e solenne dell'ascensione del Signore nostro Gesù Cristo: Esultiamo e rallegriamoci in esso (Sal 117,24). Cristo è disceso: si spalancarono gl'inferi. Cristo è asceso: risplendettero i cieli. Cristo sulla croce: l'insultino pure i furenti nemici; Cristo nel sepolcro: mentiscano pure i suoi custodi; Cristo negl'inferi: lo vedano tutti coloro che vi riposano; Cristo nella gloria del cielo: credano a lui tutti i popoli. Egli, che è l'artefice della nostra salvezza, deve essere dunque l'autore di questo nostro discorso. Non di qualcun altro vi parliamo, ma di colui che poco tempo fa dal Vangelo parlava a tutti noi e che, in procinto di ascendere al Padre, diceva ai suoi discepoli: Vi ho detto queste cose mentre sto ancora con voi: ma il Consolatore, lo Spirito di verità, che il Padre vi manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi farà ricordare tutto quello che io vi ho detto... Non si turbi il vostro cuore né si spaventi. Avete sentito che v'ho detto: Vado dal Padre mio, perché il Padre è maggiore di me (Gv 14,25-28).
Cristo Dio e uomo insieme
2. Voi sapete, fratelli, che il Signore nostro Gesù Cristo, divenuto per amore nostro ciò che noi siamo, è rimasto tuttavia nella natura divina nella quale è uguale al Padre. Crediamo infatti che il Figlio di Dio si è fatto partecipe della nostra infermità, senza privarsi tuttavia della sua maestà. Questa dunque è la nostra fede: Cristo è Dio sopra di noi e insieme uomo tra noi. Ma, poiché quando era sulla terra le molte cose che ha fatto le ha fatte nella natura umile assunta per noi, così da nascondere la sostanza divina che si occultava in lui e da mostrare soltanto la natura umana che si manifestava nella sua persona, tutti coloro che non seppero fare questa distinzione e non poterono comprendere diedero origine alle eresie. Tra costoro ci sono anzitutto gli ariani i quali pretendono di affermare che Dio Padre è maggiore di Dio Figlio. Ad essi facciamo rispondere brevemente e chiaramente la verità dei cattolici.
Contro gli Ariani:
a) Dio è grande per la potenza, non per l'estensione
3. Chiediamo ad essi in che senso affermano che il Padre è più grande del Figlio. Se rispondono: Nella grandezza, cioè per una certa dimensione corporea, come diciamo per esempio: Quel monte è più grande dell'altro, oppure: Quella città è più grande dell'altra; rispondiamo ad essi con il Vangelo che Dio è Spirito (Gv 4,24), e che gli esseri corporei non si possono paragonare a quelli spirituali. Una cosa si può dire maggiore o minore di un'altra solo quando ambedue hanno una natura corporea circoscritta. Dio invece né si estende in una dimensione né è definito dai lineamenti di un corpo né è racchiuso da luoghi né è stretto da spazi limitati né è determinato da alcun termine. Dio è grande non per l'estensione ma per la potenza. Cessino dunque e si acquietino queste immagini inadeguate del nostro pensiero, che grava le menti dei fedeli con le sue fantasticherie. Allontaniamo del tutto ogni paragone con la realtà corporea; quando pensiamo a Dio, non dobbiamo richiamare davanti ai nostri occhi nessuna realtà corporea.
b) Il Padre non è maggiore del Figlio per l'età
4. Quegli eretici affermano ancora che il Padre è più grande in ragione del tempo, cioè per l'età. Asseriscono infatti che non può in alcun modo avvenire che chi genera abbia la stessa età di colui che nasce. Dicono che è inevitabile che prima esista colui che genera, dal quale possa poi trarre l'esistenza colui che nasce. Ma donde viene questo ragionamento se non dal modo materiale di pensare le cose? Traggono questa loro affermazione da ciò che avviene di regola nella generazione umana. Senza considerare il fatto che tra gli uomini, se il figlio è inferiore per età, il padre è più debole per la vecchiaia. E che, seppure il figlio è inferiore perché nato dopo, però cresce e si rafforza, mentre il padre s'invecchia e si debilita. Ammesso pure questo, se asseriscono che il Padre è maggiore per età, confessino che è inevitabile che il Figlio sia più forte. E se è assurdo - e lo è senz'altro - pensare questa cosa di Dio, la smettano una buona volta di fidarsi del ragionamento umano per spiegare i misteri divini.
L'esempio della lucerna
5. Sarebbe però un argomento troppo piccolo per convincerli del loro errore, se non potessimo portare qualche prova presa da una creatura visibile, in cui chi nasce ha la stessa età di colui che lo genera. Per scacciare via le tenebre di questo errore portiamo il paragone di una semplice lucerna, che emana una tremula luce da uno stoppino di lino che brucia. Il fuoco arde: come sostanza è fuoco, ma quel che si vede è chiarore. Non il fuoco nasce dal chiarore, ma il chiarore nasce dal fuoco; e tuttavia il fuoco mai è esistito senza il suo chiarore, benché il chiarore nasca dal fuoco. Ma dal momento in cui quel piccolo fuoco ha avuto inizio, è sorto insieme al suo chiarore, che gli è contemporaneo. Il chiarore dunque è contemporaneo al fuoco da cui nasce, cosicché il chiarore sarebbe coeterno se fosse eterno il fuoco.
Per la natura umana Cristo è inferiore al Padre
6. Non vi sembri, per questo volgare paragone, che abbiamo recato ingiuria al Signore nostro Gesù Cristo. Dobbiamo dunque chiarirvi i passi del Vangelo in cui il Figlio o dice di essere inferiore al Padre secondo una certa natura: fatto obbediente fino alla morte (Fil 2,8), oppure si presenta uguale al Padre: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30). Al contrario gli eretici ci dicono: Lo stesso Figlio ha detto: Il Padre è più grande di me; e non vogliono capire che egli ha pronunciato queste parole in quanto costituito nella natura umana, quando, come dice il salmo ispirato: è stato reso di poco inferiore non solo al Padre ma anche agli angeli (Gv 14,28). Perché ascoltano volentieri soltanto questa frase? Perché non considerano che egli ha detto anche: Io e il Padre siamo una cosa sola (Sal 8,6)? Infine tengano presente il contesto della frase: Il Padre mio è più grande di me. Gesù stava per salire al Padre e i discepoli erano rattristati perché li abbandonava secondo la sua natura corporea; ed egli disse loro: Perché vi ho detto: Vado al Padre, la tristezza vi ha riempito il cuore (Gv 10,30). Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me (Gv 16,6). È la stessa cosa che dire: Sottraggo al vostro sguardo questa natura di servo, nella quale il Padre è più grande di me perché, allontanata dagli occhi del corpo la natura di servo possiate spiritualmente vedermi come Signore.
La testimonianza della Scrittura
7. Perciò, per la vera natura di servo che aveva assunto, è vero quel che disse: Il Padre mio è più grande di me, perché senza dubbio Dio è più grande di un uomo; e per la vera natura di Dio nella quale rimaneva insieme al Padre, è vero quel che disse: Io e il Padre siamo una cosa sola. Ascese dunque al Padre in quanto uomo, ma rimase nel Padre in quanto Dio, perché si presentò a noi con un corpo senza allontanarsi dal Padre. Dico che è asceso al Padre quel Verbo che si è fatto carne al fine di abitare in mezzo a noi (Gv 1,14); e promise questa sua presenza con le parole: Ecco, io sarò con voi tutti i giorni sino alla fine dei secoli (Mt 28,20). L'apostolo Giovanni dice di lui in quanto Dio: Egli è il vero Dio e la vita eterna (1Gv 5,20). L'apostolo Paolo dice di lui in quanto uomo: Egli, possedendo la natura divina, non ritenne una rapina la sua uguaglianza con Dio, ma annientò se stesso, prendendo la natura di schiavo (Fil 2,6-7). In quanto Dio così dice Cristo di se stesso: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30); in quanto servo dice: L'anima mia è triste fino alla morte (Mt 26,38). Donde quella sicurezza? E donde questa paura? La prima per la caratteristica propria della sua natura, la seconda per la partecipazione all'infermità che ha assunto.
Conclusione
8. Nel cercare prudentemente di capire queste cose dalle sacre Scritture, carissimi, sappiamo ben distinguerle quando leggiamo. Ma perché non ci capiti di sbagliare nel distinguerle, chiediamone l'intelligenza dal Signore stesso.
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2. Sant'Agostino vescovo, Discorso 265/B
Il motivo della permanenza di Cristo dopo la risurrezione (Ascensione del Signore, PLS 2, 531-532)
1. Il Signore nostro Gesù Cristo, dopo la risurrezione da morte, volendo dimostrare con una prova indiscutibile e inoppugnabile di essere risorto nello stesso corpo nel quale era stato appeso alla croce, rimase con i suoi discepoli per quaranta giorni, entrando e uscendo, mangiando e bevendo (Cf. At 10,40-41). Ciò era necessario per confermare nella fede coloro che dubitavano, perché la verità del Vangelo potesse essere predicata ai posteri, per rivelare a coloro che avrebbero creduto in lui la futura incorruttibilità del proprio corpo e l'immortalità in quella eterna beatitudine; e infine per confutare quegli uomini perversi che nei confronti del Signore avrebbero capito e insegnato in maniera diversa da ciò che è conforme alla verità. Infatti dopo la risurrezione ascese al cielo nello stesso identico corpo nel quale, dopo la morte, discese agli inferi. Fissò in cielo la dimora della sua carne ormai immortale che egli stesso si era costruita nel grembo della Madre vergine.
Una obiezione
2. Ad alcuni appare strano che il Signore abbia detto nel Vangelo: Nessuno è asceso in cielo se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo che è in cielo (Gv 3,13). Come si può dire - affermano - che il Figlio dell'uomo è disceso dal cielo se è stato assunto qui in terra nel grembo della Vergine? Non dobbiamo disprezzare coloro che dicono tali cose, ma istruirli. Credo infatti che si pongono il quesito con sentimenti di pietà, però ancora non sono in grado di comprendere il problema. Ignorano infatti che la divinità ha assunto l'umanità in maniera che Dio e l'uomo formassero un'unica persona; e che l'umanità aderì alla divinità in maniera tale che il Verbo, l'anima e il corpo formassero un unico Cristo. Per questo fu detto: Nessuno è asceso al cielo se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo che è in cielo (Gv 3,13).
Cristo Dio e uomo
3. Ambedue le sostanze si comunicano a vicenda i nomi delle loro proprietà, la divina a quella umana e l'umana a quella divina. Cosicché il Figlio di Dio si può chiamare uomo e il Figlio dell'uomo si può chiamare Dio; ambedue però sono lo stesso e medesimo Cristo. Il Signore nostro Gesù Cristo si è degnato di assumere l'umanità in maniera tale che non ha disdegnato di chiamarsi lui stesso Figlio dell'uomo, come possiamo leggere in molti passi del Vangelo. Disse infatti al beato Pietro: Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo? (Mt 16,13). Gli rispose Pietro, ispirato dallo stesso Cristo, pietra angolare: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo (Mt 16,16). Ecco, è presente il suonatore di cetra prefigurato da David: ora è apparso, perché ha toccato i cuori dei suoi e - come ha voluto - ne ha tratto un suono che venisse sentito da tutti. Durante la sua passione, per ammaestrare i giudei con la paura della sua ultima venuta, disse: Vedrete il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo (Mt 26,64). E in un altro passo: Vedrete gli angeli salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo (Gv 1,51). Nel dire salire afferma che lui è in cielo; nel dire scendere afferma che mai sarebbe mancato dalla terra, come aveva anche promesso ai suoi discepoli poco prima di salire al cielo: Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine dei secoli (Mt 28,20).
Cristo è la vita del mondo
4. Dio amò tanto gli uomini da sacrificare il suo Figlio unigenito per la vita del mondo (Cf. Gv 3,16). Se infatti il Padre non avesse consegnato la Vita, noi non avremmo avuto la vita; se questa Vita non fosse morta, la morte non sarebbe stata uccisa. Lo stesso Signore, il Cristo, è la Vita; di lui l'apostolo Giovanni afferma: Costui è il vero Dio e la vita eterna (Gv 5,20). Egli stesso, per bocca del Profeta, condannò a morte la morte dicendo: O morte, sarò la tua morte; sarò il tuo pungiglione, o inferno! (Os 13,14). Come se dicesse: Io morendo ti ucciderò, io ti annienterò, io ti strapperò ogni potere, io ti toglierò i prigionieri che hai tenuto in tuo possesso. Hai voluto prendermi benché fossi innocente: è giusto che perdi quelli che hai voluto tenere avvinti a te.
Eredi della vita eterna
5. Perciò la Vita è morta, pur rimanendo tale; è risorta e uccidendo la morte con la sua morte, ci ha donato la vita. La morte dunque è stata assorbita nella vittoria (1Cor 15,54) di Cristo, che è la vita eterna (Cf. 1Gv 5,20). Ha inghiottito la morte - come dice l'Apostolo - perché noi potessimo ereditare la vita (Cf. 1Pt 3,22). Per mezzo di Cristo siamo divenuti eredi della vita eterna, per mezzo suo siamo stati liberati dalla morte eterna; anzi siamo certi di essere addirittura sue membra. Nel quarantesimo giorno, cioè oggi, il Signore Gesù ascese al cielo, mentre i suoi discepoli lo stavano a guardare ammirati. Alla loro presenza e mentre parlavano, all'improvviso una nube lo avvolse e fu sottratto ai loro sguardi verso il cielo (Cf. At 1,9).
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3. Sant'Agostino vescovo, Discorso 265/C
Ciascuno difende il proprio tesoro (Ascensione del Signore, PLS 2, 589-591)
1. Celebriamo oggi l'ascensione del Signore al cielo con lo stesso corpo con il quale è risorto. La festa annuale non rinnova il fatto ma lo richiama alla memoria. Saliamo ora insieme a lui con il cuore, abbiamo la certezza che lo seguiremo anche con il corpo. Non per niente ora abbiamo ascoltato l'invito: In alto il cuore; né senza motivo l'Apostolo ci esorta con le parole: Se siete risorti con Cristo, cercate le cose del cielo, dov'è Cristo, assiso alla destra del Padre: aspirate alle cose di lassù e non a quelle della terra (Col 3,1-2). Alzatevi dalla terra; non potendo il corpo, voli l'anima. Alzatevi dalla terra: cioè sopportate le avversità sulla terra, pensate al riposo in cielo; comportatevi bene qui, per poter rimanere poi sempre lassù. Non c'è luogo sulla terra dove il cuore possa mantenersi integro; se rimane sulla terra si corrompe. Ognuno, se ha qualcosa di prezioso, cerca di portarlo al sicuro. Qui sulla terra molta gente, anzi tutti, quando sentono avvicinarsi qualche pericolo a causa di guerre, cercano dove poter nascondere tutto ciò che hanno di caro. Non è forse così? Potrà qualcuno tra gli uomini fare diversamente da quanto sto dicendo? Chiunque possiede argento o oro, gemme, monili preziosi, vesti costose, cerca dove nasconderli e certamente per salvare quanto ha. Ma più in alto ponga ciò che ha di più prezioso, lo ponga in alto. E che cosa ha di più prezioso del suo cuore? Con il cuore infatti si posseggono i beni terreni. I bambini infatti che ancora non hanno l'uso dell'intelligenza e della ragione - hanno certo questa facoltà, ma come riposta in un cantuccio; in essi non si è ancora svegliato quanto è stato creato - forse possiedono? Nasce un futuro erede di tutti i beni: benché per diritto tutto sia già suo, tuttavia ancora non entra in possesso delle sue cose, perché ancora non è in grado di possedere. Perciò disse l'Apostolo: Finché l'erede è piccolo, non differisce in nulla da uno schiavo (Gal 4,1). La condizione dunque per poter possedere qualcosa qui sulla terra è che abbiamo un cuore, un intelletto, una coscienza, una mente, una ragione, una capacità di pensare, una possibilità di decisione. Ne ho dette tante e tuttavia che cosa ho detto? Chi può comprendere pienamente se stesso? E quanto meno comprenderà il suo Creatore? Presso di lui deponiamo ciò che abbiamo di caro. Osservate bene tutte le cose vostre che avete attorno, fratelli miei, e individuate quello che avete di più caro. Mi rivolgo anche agli avari; ma quanto più facilmente mi ascoltano coloro che non sono avari! Mi provo a convincere gli avari: O tu avaro, che pensi sempre al guadagno, che cerchi affannosamente il lucro da tutte le parti in modo onesto e in modo disonesto, non fai altro che raccogliere presso di te molto fango: stai raccogliendo solo fango e non hai affatto paura di immergerti in esso. Ami i beni terreni. Tu sei un uomo, hai un corpo, hai un'anima. Ti chiedo anzitutto: nel tuo corpo che cosa ami di più? Penso che non troverai niente di più caro nel tuo corpo che gli occhi. Infatti quando si ama molto una persona le si dice: Ti amo come gli occhi miei. Ma facciamo un passo in avanti verso ciò che voglio dimostrare. Fra le membra del tuo corpo non c'è dunque nulla di più caro dell'occhio. Guarda ora i tuoi tesori, osserva che cosa preferisci conservare. Se uno ti dicesse: "Dammi tutto ciò che hai nascosto sotto terra oppure ti caverò gli occhi", non daresti tutto per salvare i tuoi occhi? Daresti tutto pur di non rimanere cieco in mezzo alle tue ricchezze; non possederesti infatti ciò che non potresti più vedere. La tua avarizia possiede l'oro, una non so quanto meschina e piccola porzione di terra. Con i tuoi occhi invece possiedi il cielo, guardi il sole, misuri le stelle; per mezzo dei tuoi occhi possiedi il mondo intero. Ma perché dire tutte queste cose? Interroga te stesso, sarà la tua anima a risponderti in favore del suo corpo: "Da' via tutto, pur di conservare le mie finestre". Questo ti dice la tua anima: "Ho sul tuo volto due finestre, attraverso di esse vedo questa luce. Da' via l'oro ma non far chiudere queste mie finestre". In conclusione, sei disposto a dar via tutto per conservare i tuoi occhi.
La ragione umana è più preziosa degli occhi stessi
2. Certamente niente ti è più caro quanto gli occhi; niente, considerando però solo il corpo. Infatti ti mostro che hai qualcosa ancora più cara dei tuoi occhi. Devi confessare che ciò a cui sto ora parlando, è a te più caro degli stessi tuoi occhi. Ciò a cui sto parlando - ripeto - non ciò attraverso cui parlo. Attraverso l'orecchio raggiungo la tua intelligenza, per mezzo dell'orecchio stimolo la tua intelligenza, attraverso la parola parlo alla tua intelligenza, è la tua intelligenza che esorto, è la tua intelligenza che arricchisco. Interrogo la tua intelligenza su se stessa; t'interrogo in questo modo. Già prima dicevo che se uno ti volesse togliere una di queste due cose: o il tesoro o gli occhi, tu sceglieresti di conservare gli occhi; benché amareggiato, saresti disposto a perdere il tesoro per non perdere gli occhi. Ora ti interrogo riguardo agli occhi. Sarebbe gran felicità se ti fosse permesso di conservare sia gli occhi che l'intelligenza. Ma se non fosse possibile conservare ambedue le cose e ti si proponesse una scelta: Scegli ciò che è meglio tra il perdere gli occhi del corpo oppure l'intelligenza, se perdessi l'intelligenza, ti ritroveresti un animale; se perdessi gli occhi, conserveresti l'intelligenza, potresti essere ancora un uomo. Parla, scegli ciò che vuoi. Che cosa desideri essere: un uomo che non vede o un animale che vegeta? Avete acclamato, avete fatto una scelta. Con che cosa avete visto la scelta che avete fatto? Che cosa vi ho fatto vedere per farvi uscire in acclamazioni? Vi ho fatto vedere forse dei bei colori, delle belle forme, oro o argento? Ho presentato forse dei gioielli al vostro sguardo? Niente di tutto questo; e tuttavia avete acclamato e acclamando avete dato la prova di aver scelto. A farvi vedere ciò che avete scelto è stata la vostra intelligenza: ad essa io sto parlando. Ebbene, con quella stessa intelligenza con cui hai scelto dopo aver ascoltato la mia parola, credi anche alla parola di Dio. Quando ti si dice: In alto il cuore, questo devi intendere e fare. Pensa ai Cristo che siede alla destra del Padre; pensa che verrà a giudicare i vivi e i morti. Pensi la fede: la fede è nella mente, la fede è nel profondo del cuore. Guarda colui che è morto per te: osservalo mentre sta ascendendo al cielo, amalo mentre sta soffrendo; osservalo mentre sta ascendendo al cielo e aggrappati a lui morente. Hai la caparra della grande promessa che ti ha fatto il Cristo: quanto ha fatto oggi, cioè la sua ascensione, è per te una promessa. Dobbiamo sperare che risorgeremo e saliremo al regno di Dio e rimarremo per sempre lì con Dio, vivremo eternamente, saremo nella gioia senza alcuna mestizia, rimarremo lì senza alcuna noia. Lì non ti sarà detto: "Guardati dal male", ma: "Possiedi il bene!". È grande cosa quanto ci vien promesso. Quando avrebbe mai osato promettere a se stessa queste cose la pusillanime e debole natura mortale? Quando avrebbe osato promettersele questo putridume? Riflettendo a ciò che è, quando avrebbe potuto promettere a se stesso queste cose? Ma le ha promesse Dio. Affinché tu creda - ha detto in sostanza - che salirai a me, prima io scendo da te; e affinché tu creda che vivrai di me, prima io muoio per te.
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4. Sant'Agostino vescovo, Discorso 265/D
L'eresia manichea sul corpo di Cristo (Ascensione del Signore, PLS 2, 704-708)
1. Abbiamo ascoltato la lettura del santo Vangelo; pieni di meraviglia abbiamo: creduto e credendo ci siamo ancor più meravigliati per il fatto che il Signore è apparso dopo la risurrezione dai morti, ha mostrato se stesso come testimonianza a persone che sarebbero morte, come esempio a persone che sarebbero risorte. Apparve a persone che avevano perso ogni speranza, le quali, piene di timore [alla sua vista] credevano di vedere uno spirito (Lc 24,37). C'è un'eresia diabolica che anche oggi afferma quanto allora credettero i discepoli: i manichei dicono che Cristo Signore fu uno spirito, non un corpo, e che in tutto ciò che è avvenuto, egli ha agito in figura di corpo e che ogni azione fisica in lui è stata una parvenza, non una realtà. Permettete che parli un poco a costoro, poiché forse qualcuno di essi si nasconde anche in mezzo a voi, non voglio trascurarlo, prendendo l'occasione dalla lettura fatta.
Ostinatezza dei Manichei
2. Che cosa affermi, o manicheo - chiunque tu sia -, che cosa affermi? Cristo - risponde - fu uno spirito, non ebbe un corpo, ma si presentò in sembianze di corpo. Accetto per ora la sfida, accetto di combattere con costui per farne, se potrò, un credente. Tu dunque affermi che Cristo ebbe solo l'apparenza, che fu uno spirito, non un corpo? Proprio così, rispondi. Questo - ti ribatto - lo credettero dapprima anche i suoi discepoli. Non mi arrabbio dunque gran ché per il fatto che anche tu hai sbagliato; ma certamente sei da condannare perché, anche dopo che essi sono stati corretti, tu rimani nell'errore. Dunque Cristo fu uno spirito e non ebbe un vero corpo? Io ho accettato di discutere con te, tu ora ascolta uno che ti può fare da maestro; ripeto: ascolta un maestro, non me, ma lui. Andate, parlate, fate discorsi, predicate, insegnate, introducetevi nelle case e seducete donnicciuole cariche di peccati (2Tm 3,6); datevi da fare per insegnare che Cristo fu uno spirito e non ebbe carne e ossa. Ascoltate le sue stesse parole: Perché siete così turbati e perché i dubbi affiorano nei vostri cuori? Guardate le mie mani e i miei piedi... Palpatemi e osservate: uno spirito infatti non ha carne ed ossa come vedete che ho io (Lc 24,38-39). Perché non sei d'accordo con queste parole? Sei cristiano? Se sei cristiano, ascolta Cristo che dice: Perché i dubbi affiorano nei vostri cuori? Guardate le mie mani e i miei piedi... Palpatemi e osservate: uno spirito infatti - cioè ciò che credete che io sia - non ha carne ed ossa come vedete che ho io. Ancora non sei d'accordo? Se ancora non sei d'accordo, pensa se per caso non ci sia niente di male a credere che Cristo fu uno spirito mentre invece aveva una vera carne. Se non ci fosse niente di male a credere questo, il Signore avrebbe lasciato i suoi discepoli in quello stesso errore. Non sottovalutare una ferita che tale medico si preoccupò di risanare. Se quei dubbi non fossero stati dannosi come i rovi nel campo del Signore, l'agricoltore non li avrebbe estirpati con mano diligente (come invece ha fatto). Ma mentre i discepoli si sono ricreduti, i manichei vi sono caduti a precipizio. Quel dubbio passò fugacemente nel cuore dei discepoli, mentre s'impossessò da padrone dei cuori dei manichei, li ha invasi come un nemico.
Cristo: Verbo, anima e corpo
3. Fratelli, se qualcuno avesse dubbi su queste cose, si curi: ascolti la verità, la smetta di opporsi ad essa. Cristo è Verbo, anima e corpo. Ogni uomo è formato di anima e corpo: Cristo è Verbo e uomo. Se è Verbo e uomo, è formato dal Verbo, dall'anima e dal corpo. Non sono tre persone il Verbo, l'anima e il corpo: neanche tu difatti, che sei composto di anima e di corpo, sei due persone. Tu, che sei composto di un'anima e di un corpo, sei un unico uomo; lui, che è composto del Verbo, di un'anima e di un corpo, è un Cristo solo. Alcune volte parla in quanto Verbo e tuttavia è un medesimo Cristo che parla; altre volte parla in quanto anima e tuttavia è un medesimo Cristo che parla; altre volte infine parla in quanto corpo e tuttavia è un medesimo Cristo che parla. Proviamo queste affermazioni con esempi tratti dalle sacre Scritture. Ascolta Cristo che parla in quanto Verbo: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30); che parla in quanto anima: L'anima mia è triste fino alla morte (Mt 26,38); che parla in quanto corpo: Era necessario che Cristo patisse e risorgesse il terzo giorno (Lc 24,46). In che cosa doveva risorgere se non in ciò in cui poté essere sepolto? È risorto in quello stesso elemento in cui morì. Cerca la morte nel Verbo: mai poté accadere. Cerca la morte nell'anima: non è mai accaduto perché non ci fu peccato. Cerca la morte nel corpo: qui, sì, ci fu la morte; e perciò fu vera risurrezione, perché ci fu vera morte. Lì ci fu morte.. E come poté esserci, se non ci fu peccato? In questo caso ci fu una pena senza colpa, perché a noi venissero rimesse e colpa e pena.
Perché Cristo morì pur essendo innocente.
4. Perché ti meravigli del fatto che Cristo sia morto, pur non avendo minimamente peccato? Volle restituire a posto tuo ciò di cui non era debitore, per liberarti dal debito. Una volta indotto in inganno, per diritto il diavolo teneva in suo possesso il genere umano: teneva in suo possesso ciò che aveva preso; aveva preso ciò che aveva tratto in inganno. Nel suo corpo mortale Cristo portò il sangue da versare, al fine di cancellare con esso le cambiali dei peccati. Il diavolo ancora terrebbe noi, peccatori, in suo possesso, se non avesse ucciso l'innocente. Ora invece guardate come giustamente gli si può dire: Hai ucciso colui che non ti doveva niente, lascia andare i tuoi debitori. Ecco - dice Cristo - sta per venire il principe di questo mondo, ma in me non troverà niente. Come sarebbe a dire: non troverà niente? Non hai un'anima? Non hai un corpo? Non sei anche il Verbo? Tutte queste cose sono niente? Non sia mai! Ma niente è suo nel senso che niente è peccato. Lui è il principe dei peccatori: il principe dei peccatori in me non troverà niente. Non ho commesso peccato, non ho ereditato niente da Adamo, io che sono venuto a voi nascendo da una vergine. Non ho aggiunto altri peccati, perché non ho avuto il peccato [d'origine] al quale potessi aggiungerne altri; vivendo da giusto non ho commesso alcun peccato. Venga pure e, se può, cerchi in me qualcosa di suo. Ma niente di suo troverà in me: non ho alcun peccato; sono nato innocente, sono vissuto innocente. Venga pure, non troverà niente. Perché allora muori se, venendo, non troverà niente? E Gesù risponde perché muore: Ecco, sta per venire il principe di questo mondo, ma in me non troverà niente. E, come se gli domandassimo: Perché allora muori? risponde: ma perché tutti riconoscano che io faccio la volontà del Padre mio, alzatevi, partiamo di qui (Gv 14,30-31), verso la passione, per fare la volontà del Padre buono, non perché debba pagare un debito al principe del male.
La croce di Cristo fu trappola per il diavolo
5. Allora perché ti meravigli? Certamente Cristo è la vita: perché è morta la vita? Non è morta l'anima, non è morto il Verbo, ma è morto il corpo, perché in lui morisse la morte. Avendo subito la morte, uccise la morte: incastrò nel laccio il leone che era andato all'esca. Se il pesce non fosse avido di preda non verrebbe preso nell'amo. Il diavolo fu avido di morte, fu ingordo di morte. La croce di Cristo fu per lui una trappola; la morte di Cristo, anzi il corpo mortale di Cristo, fu come l'esca nella trappola. Il diavolo venne, afferrò l'esca e fu preso. Ecco che Cristo è risorto: dov'è più la morte? Per il suo corpo è già detto quanto per il nostro si dirà solo alla fine: La morte è stata assorbita dalla vittoria (1Cor 15,54). Era corpo, ma non era più corpo corruttibile. La natura rimane la stessa, cambiano le proprietà. La sostanza è la stessa di prima, ma ora non c'è alcun difetto, nessun impedimento, nessuna possibilità di corruzione, nessuna necessità, niente di mortale, niente di terreno secondo le nostre conoscenze. Veniva toccato, tastato, palpato ma non poteva più essere ucciso.
Gli Apostoli non erano stati ancora confermati dall'alto
6. Ascolta ancora. Cristo ascende in cielo, viene sottratto alla vista dei discepoli. Li rende osservatori e ne fa dei testimoni (Cf. Lc 24,48). Vien detto loro: Perché state [guardando verso il cielo]? Quel Gesù che vi è stato sottratto verrà allo stesso modo (At 1,11). Che cosa significa: Allo stesso modo? Allo stesso modo, cioè nella stessa forma, nello stesso corpo: Vedranno colui che hanno trafitto (Zc 12,10). Verrà allo stesso modo con cui voi l'avete veduto salire al cielo (At 1,11). Lo videro con assoluta certezza, lo toccarono proprio, lo palparono; confermarono la loro fede sia guardandolo che toccandolo; lo accompagnarono con lo sguardo mentre veniva portato in cielo; ascoltarono attentamente, come si ascolta una testimonianza, la voce dell'angelo che preannunziava il ritorno futuro di Cristo. Tuttavia, pur avendo vissuto in prima persona tutti questi avvenimenti, il solo fatto di vederlo o l'aver potuto solo toccare con mano le membra del Signore non era sufficiente per diventare testimoni di Cristo e per essere pronti a sopportare con fortezza ogni avversità per la predicazione della verità e a combattere fino al sangue contro la menzogna. Chi ha dato loro l'aiuto [per fare tali cose]? Ascolta il Signore: Voi rimanete in città fino a quando non sarete rivestiti di forza dall'alto (Lc 24,49). Mi avete visto e mi avete toccato; ma ancora non avete la forza di predicare e di morire in testimonianza di ciò che avete visto e toccato, fino a che non sarete rivestiti di forza dall'alto. Or vadano pure gli uomini e se sono capaci di fare qualcosa l'attribuiscano pure alle proprie forze. Pietro c'era ma ancora non era stato confermato come roccia; non era stato ancora rivestito di forza dall'alto: poiché nessuno può ricevere se non ciò che gli fu dato dal cielo (Gv 3,27).
Da te puoi fare solo il male
7. La Verità stessa, fratelli, ci faccia persuasi di questa verità: nessuno sì vanti delle proprie forze, nessuno s'insuperbisca per la propria libera volontà. Tu da solo sei capace di peccare; per agire bene hai bisogno di uno che ti aiuti. Di': Sii il mio aiuto, non abbandonarmi (Sal 26,9). Guai a te se ti abbandonasse. Quando ti abbandona a te stesso, a chi ti abbandona se non ad un uomo? Non tremi di paura quando ascolti le parole: Maledetto chiunque pone la sua speranza nell'uomo (Ger 17,5)? Cristo Signore, come ho detto, è Verbo, anima e corpo; ivi c'è Dio e ivi ci sei anche tu, ma il tutto è un unico Cristo. In che senso ci sei anche tu? In base a quale merito umano, in base a quale decisione di libera volontà umana il Signore assunse la natura umana, il Verbo si rivestì della natura umana? Quale merito precedente ha avuto la sua natura umana? O forse dirai che, non so dove, un tempo in qualche parte Cristo viveva rettamente e che vivendo rettamente meritò di essere assunto dal Verbo e di diventare una sola cosa con il Verbo e di nascere dalla Vergine? Per carità, per carità! Togli questo pensiero dalla mente dei cristiani, Signore Dio nostro! Lo vediamo come Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità (Gv 1,14). Il Verbo infatti non aveva di che morire per te. Era necessario che Cristo morisse per te ma nel Verbo non c'era nulla che potesse morire per te: poiché in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio (Gv 1,1), vita semplicissima, senza carne né sangue, senza alcuna mutabilità. Quale enorme distanza dalla morte! E quindi quanta misericordia! Maria, sì, era del genere umano: vergine, ma creatura umana; santa, ma creatura umana. Il Signore invece, il Verbo unigenito, ha assunto per te un corpo, per poterlo sacrificare per te. Lo ha assunto per te, dalla tua stessa natura, poiché non aveva nella sua natura un corpo in cui potesse morire per te. Tu non avresti potuto vivere, lui non avrebbe potuto morire. O grande scambio! Tu vivi della sua vita perché egli è morto nella tua natura.
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