Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.
[Le letture di questa domenica sono tratte dal: http://www.augustinus.it/italiano/discorsi.htm
ANNO B – Pentecoste
DOMENICA «DI PENTECOSTE»
Atti 2,1-11 • Salmo 103 • Gal 5,16-25 • Giovanni 15,26-27;16,12-15
(Visualizza i brani delle Letture)
1. Sant'Agostino vescovo, Discorso 267 (La discesa dello Spirito Santo: Pentecoste, PL 38, 1229-1231)
2. Sant'Agostino vescovo, Discorso 268 (Il dono delle lingue simboleggia l'unità della Chiesa: Pentecoste, PL 38, 1231-1234)
3. Sant'Agostino vescovo, Discorso 269 (Il dono delle lingue preannunzia l'unità della Chiesa: Pentecoste, PL 38, 1234-1237)
4. Sant'Agostino vescovo, Discorso 270 (Pentecoste, PL 38, 1237-1245)
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1. Sant'Agostino vescovo, Discorso 267
La discesa dello Spirito Santo (Pentecoste, PL 38, 1229-1231)
1. La solennità odierna ci ricorda il Signore Dio grande e la grande grazia [dello Spirito Santo] che è stata infusa in noi. Una solennità viene infatti celebrata per evitare che venga cancellato dalla memoria un avvenimento una volta accaduto. Il termine "solennità" prende nome dal fatto che [un evento] suole annualmente ricorrere. Come "perennità" si dice ad esempio di un fiume che d'estate non si secca ma scorre per tutto l'anno, quindi "perenne" cioè per [tutto] l'anno, così si dice "solenne" ciò che suole annualmente essere ricordato. Celebriamo oggi la discesa dello Spirito Santo. Il Signore infatti inviò dal cielo lo Spirito Santo che aveva promesso quando era sulla terra. Aveva promesso che l'avrebbe inviato dal cielo a queste condizioni: Non può venire lui, finché io non me ne sarò andato; quando me ne sarò andato lo manderò a voi (Gv 16,7). Perciò patì, morì, risuscitò, ascese al cielo: non rimaneva che mantenere la promessa. I suoi discepoli stavano aspettando [l'adempimento della promessa] ed erano - così sta scritto - centoventi persone (Cf. At 1,15). Un numero dieci volte superiore a quello degli Apostoli; Cristo infatti scelse dodici Apostoli ma inviò lo Spirito su centoventi persone. Costoro, che aspettavano l'adempimento della promessa di Cristo, erano riuniti in una stessa casa e pregavano; perché desideravano tutti con identica fede quanto chiedevano con identica preghiera e quanto aspettavano con identico desiderio spirituale. Erano otri nuovi, aspettavano il vino nuovo dal cielo (Cf. Mt 9,17) e questo venne; già infatti il grande grappolo d'uva era stato pigiato e glorificato. Leggiamo difatti nel Vangelo: Non era stato dato ancora lo Spirito perché Cristo non era stato ancora glorificato (Gv 7,39).
Il dono delle lingue
2. Avete già udito che fu risposto all'aspettativa con un grande miracolo. Tutti i presenti conoscevano ognuno la propria lingua. Venne lo Spirito Santo; essi furono ripieni di lui e cominciarono a parlare nelle diverse lingue di ogni popolo, che non conoscevano né avevano imparato; gliele insegnava colui che era venuto. Entrò, furono ripieni, si effuse su di essi. E allora il parlare lingue diverse era un segno [della sua presenza]; chiunque riceveva lo Spirito Santo, appena era pieno dello Spirito, cominciava a parlare nelle lingue di tutti (Cf. At 10,46), e non soltanto quei centoventi. La stessa Scrittura ci dice che quegli uomini dopo aver creduto furono battezzati, ricevettero lo Spirito Santo, parlarono nelle lingue di tutti i popoli presenti. I presenti si stupirono: alcuni erano meravigliati, altri li deridevano così che dicevano: Costoro sono ubriachi e pieni di mosto (Cf. At 2,1-13). Si beffavano di loro, ma dicevano qualcosa di vero. Infatti erano otri riempiti di vino nuovo. Avete ascoltato la lettura del Vangelo: Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi (Mt 9,17); l'uomo carnale non può comprendere le cose spirituali (Cf. 1Cor 2,14). Il vivere secondo la carne è vecchiezza, la grazia è novità. Quanto più l'uomo si sarà rinnovato in meglio, tanto più profondamente comprenderà tutto ciò che è verità. Il vino nuovo era in ebollizione e dal vino in ebollizione sgorgavano le diverse lingue dei popoli.
Prefigurazione della Chiesa
3. Oggi, fratelli, forse non vien dato più lo Spirito Santo? Chiunque crede ciò non è degno di riceverlo. Viene dato certo anche oggi. Perché allora nessuno parla nelle lingue di tutti i popoli, come in quei tempi parlava chi veniva riempito di Spirito Santo? Perché? Perché si è già compiuto ciò che simboleggiava quel miracolo. Che cosa simboleggiava? Nella festa dell'Ascensione - ricordate? - abbiamo detto che il Signore Gesù affidò la sua Chiesa in custodia [agli Apostoli, e poi ascese al cielo. I discepoli gli chiedevano: Quando verrà la fine del mondo? E lui: Non sta a voi conoscere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato in suo potere (At 1,7). E poi prometteva ciò che oggi si è compiuto: Riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea e la Samaria, fino all'estremità della terra (Cf. At 1,8). Tutta la Chiesa allora era riunita in un'unica casa e ricevette lo Spirito Santo: era in pochi uomini, ma era nelle lingue di tutto il mondo. Prefigurava l'estensione che avrebbe poi avuto. Il fatto che quella piccola Chiesa parlava nelle lingue di tutti i popoli che cosa prefigurava se non la realtà di oggi: che questa grande Chiesa estesa da oriente ad occidente parla nelle lingue di tutti i popoli? Ora si sta avverando la promessa di allora. Abbiamo ascoltato, ora possiamo controllare. Ascolta, figlia, e osserva (Sal 45,11). A questa stessa regina, [alla Chiesa], è stato detto: Ascolta, figlia, e osserva; ascolta la promessa, osserva la sua realizzazione. Non ti ha ingannata il tuo Dio, non ti ha ingannata il tuo sposo, non ti ha ingannata colui che con il proprio sangue ti ha procurato la dote, non ti ha ingannata colui che ti ha fatta da brutta bella, da immonda vergine. A te stessa è stata fatta la promessa che riguardava il tuo futuro: ma la promessa che ti è stata fatta allora quando comprendevi poche persone si è realizzata ora che comprendi molte persone.
Lo Spirito Santo anima della Chiesa
4. Nessuno pertanto dica: Ho ricevuto lo Spirito Santo, come mai non parlo nelle diverse lingue? Se volete avere lo Spirito Santo, cercate di comprendere, fratelli. Il nostro spirito per il quale ogni uomo vive si chiama anima; il nostro spirito per il quale ogni singolo uomo vive si chiama anima; e guardate che cosa fa l'anima nel corpo. Vivifica tutte le membra, attraverso gli occhi vede, attraverso le orecchie ode, attraverso le narici percepisce gli odori, attraverso la lingua parla, attraverso le mani agisce, attraverso i piedi cammina; è presente contemporaneamente in tutte le membra per vivificarle; dà la vita a tutte, distribuisce compiti a ciascuna. L'occhio non ode, l'orecchio non vede, non vede la lingua né parla l'orecchio o l'occhio, ma tuttavia vive: vive l'orecchio, vive la lingua. I compiti sono diversi ma la vita è comune a tutti. Così è la Chiesa di Dio: in alcuni santi fa miracoli, in alcuni santi proclama la verità, in altri santi custodisce la verginità, in altri santi custodisce la castità coniugale, in altri questo e in altri quello: i singoli adempiono ciascuno il proprio compito ma tutti parimenti vivono. E ciò che l'anima è per il corpo umano, lo Spirito Santo lo è per il corpo di Cristo che è la Chiesa (Cf. Col 1,18). Lo Spirito Santo opera in tutta la Chiesa ciò che opera l'anima in tutte le membra di un unico corpo. Ma ecco ciò che voi dovete evitare, ecco da che cosa dovete guardarvi, ecco ciò che dovete temere. Può accadere che nel corpo umano anzi dal corpo umano venga reciso un qualche membro: una mano, un dito, un piede. Forse l'anima segue il membro amputato? Quando questo era attaccato al corpo viveva; amputato, perde la vita. Così una persona è cristiana cattolica finché vive nel corpo; staccata da esso diventa eretica e lo Spirito non segue il membro amputato. Se dunque volete vivere dello Spirito Santo, conservate la carità, amate la verità, desiderate l'unità e raggiungerete l'eternità. Amen.
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2. Sant'Agostino vescovo, Discorso 268
Il dono delle lingue simboleggia l'unità della Chiesa (Pentecoste, PL 38, 1231-1234)
Questo giorno per noi è sacro perché celebriamo la discesa dello Spirito Santo. È il cinquantesimo giorno dalla risurrezione del Signore; è il risultato della moltiplicazione fra il numero sette e la settimana. Ma se contate sette settimane vi porterà quarantanove giorni: si aggiunge uno, per ricordarci l'unità. Che cosa comportò la discesa dello Spirito Santo? Che cosa operò? Con quale segno fece conoscere la sua presenza? Come la manifestò? Tutti [i presenti] parlarono nelle lingue di tutti i popoli. Erano in centoventi riuniti in uno stesso luogo: il sacro numero degli Apostoli, il dodici, è stato moltiplicato per dieci, e non senza nascondere un qualche significato misterioso. Cosa avvenne? Forse che le singole persone su cui scese lo Spirito Santo parlarono le lingue proprie di ciascun popolo, alcuni una lingua, altri un'altra, come dividendosi tra loro le lingue di tutti i popoli? No!, non fu così: ma ogni persona, ogni singola persona parlava le lingue di tutti i popoli. Parlava ogni singola persona le lingue di tutti i popoli: è l'unità della Chiesa nelle lingue di tutti i popoli. Ecco, anche con questo fatto viene raccomandata l'unità della Chiesa cattolica diffusa in tutto il mondo.
Fuori della Chiesa non è dato lo Spirito Santo
2. Chi dunque ha lo Spirito Santo è nella Chiesa, la quale parla tutte le lingue. Chiunque è fuori di questa Chiesa non ha lo Spirito Santo. Infatti lo Spirito Santo proprio per questo si è degnato di manifestarsi nelle lingue di tutti i popoli: perché si comprenda che ha lo Spirito Santo solo chi rimane nell'unità della Chiesa, la quale parla tutte le lingue. Un solo corpo - dice l'apostolo Paolo - un solo corpo e un solo spirito (Ef 4,4). Osservate le membra del nostro corpo. Di molte membra è costituito il corpo, ma un solo spirito vivifica tutte le membra. Ecco, con lo spirito umano, per il quale io stesso sono un uomo, tengo unite insieme tutte le membra: comando alle membra di muoversi, indirizzo gli occhi a vedere, le orecchie ad ascoltare, la lingua a parlare, le mani ad agire, i piedi a camminare. Le mansioni delle membra sono suddivise, ma un unico spirito le tiene tutte unite. Molte operazioni vengono comandate, molte vengono fatte: ma uno solo comanda, ad uno solo si obbedisce. Ciò che è il nostro spirito, cioè la nostra anima, per le membra del nostro corpo, è lo Spirito Santo per le membra di Cristo, per il corpo di Cristo che è la Chiesa (Cf. Col 1,18). Perciò l'Apostolo, dopo aver parlato di un unico corpo, perché non pensassimo che si trattasse di un corpo morto, disse: Un solo corpo. Ma ti chiedo: Vive questo corpo? Sì che vive! Di che cosa? Di un unico spirito. E un solo spirito. Guardate, fratelli, ciò che accade nel nostro corpo e compiangete coloro che si recidono dalla Chiesa. Tra le membra del nostro corpo, finché viviamo e quando siamo sani, ciascun membro svolge la propria mansione. Se per qualche motivo un solo membro comincia a star male, tutte le altre membra partecipano al suo dolore. Tuttavia, finché è inserito nel corpo, può star male, ma non può spirare. Che cosa significa " spirare " se non " perdere lo spirito "? Ma se un membro viene reciso dal corpo, forse lo spirito lo segue? E tuttavia si riconosce che membro è: è un dito, una mano, un braccio, un orecchio; anche separato dal corpo mantiene la forma esterna, sebbene non abbia la vita. Così è anche la persona separata dalla Chiesa. Cerchi presso di lui il sacramento e lo trovi; cerchi il battesimo e lo trovi; cerchi la professione di fede e la trovi. Ma è l'elemento esterno: se interiormente non sei vivificato dallo Spirito, invano esternamente ti vanti di avere gli elementi materiali [della fede].
L'unità della creazione
3. Carissimi, Dio raccomanda sommamente l'unità. Vi solleciti a questa unità quanto avvenne all'inizio della creazione. Quando Dio creò tutte le cose, fece gli astri in cielo, le erbe e le piante sulla terra e disse: Produca la terra e furono create le piante e tutte le erbe verdeggianti; disse: Producano le acque gli esseri che nuotano e i volatili e fu così; Produca la terra gli animali viventi secondo la loro specie: animali domestici e fiere (Gen 1,20. 24) e fu così. Forse Dio da un unico uccello fece derivare tutti gli altri uccelli? Forse da un unico pesce fece derivare tutti i pesci? Da un unico cavallo tutti i cavalli? Da un'unica bestia selvatica tutte le bestie selvatiche? Non produsse forse la terra simultaneamente molti esseri? Non ingravidò i molti esseri di molteplici feti? Quando però si venne alla creazione dell'uomo, ne è stato creato uno solo e da questo solo è derivato tutto il genere umano. Neanche per fare l'uomo e la donna Dio volle fare i due esseri separatamente; ma creò un solo uomo e da questo trasse una sola donna (Cf. Gen 1-2). Perché ha fatto così? Perché il genere umano ha inizio da un solo essere, se non perché al genere umano viene raccomandata l'unità? Anche il Signore, Cristo, è nato da una sola creatura; la Vergine è segno dell'unità: mantiene la verginità, conserva l'incorruttibilità.
L'unità della Chiesa affidata agli Apostoli
4. Lo stesso Signore affida agli Apostoli l'unità della Chiesa. Quando appare loro, essi credono vedere un fantasma e si spaventano; egli li rassicura e dice loro: Perché siete così turbati e i dubbi affiorano dai vostri cuori? Guardate le mie mani, palpatemi e osservate: un fantasma infatti non ha carne ed ossa come vedete che ho io (Lc 24,38-39). Ed ecco, poiché nella loro gioia ancora esitavano a credere, prende del cibo - non per necessità di mangiare ma per dimostrare la sua potenza - e lo mangia alla loro presenza. Affida loro - contro gli empi che la negheranno - la realtà del suo corpo [risuscitato], affida l'unità della Chiesa. Che cosa aggiunge infatti? Non era proprio questo quanto vi andavo dicendo quando ero ancora con voi: che era necessario che s'adempisse tutto quello che è stato scritto di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi? Allora aprì la loro mente - dice il Vangelo - alla comprensione delle Scritture. E disse loro: Poiché così sta scritto, era anche necessario che il Cristo soffrisse e risorgesse dai morti il terzo giorno (Lc 24,44-46). Ecco il nostro capo; ecco il capo: dove sono le membra? Ecco lo sposo: dov'è la sposa? Leggi il contratto di nozze: ascolta lo sposo. Cerchi la sposa? Da lui ascolta la risposta. "Nessuno gli toglierà la sua sposa, nessuno gliela sostituirà con un'altra "; ascoltala dalla voce dello sposo stesso. Dove cerchi Cristo? Nelle ciance degli uomini o nella verità dei Vangeli? [Qui troverai che] patì, risuscitò il terzo giorno, si fece vedere dai suoi discepoli. Già lui sappiamo dov'è. Dove cercheremo la sposa? Chiediamolo a lui: Era necessario che il Cristo soffrisse e risorgesse dai morti il terzo giorno (Lc 24,46). Ecco, questo è già avvenuto, già lo possiamo vedere. Dicci, o Signore, diccelo tu, Signore, affinché non sbagliamo: E che nel suo nome si predicasse la penitenza e la remissione dei peccati a tutte le nazioni, incominciando da Gerusalemme (Lc 24,47). Cominciò da Gerusalemme e arrivò fino a noi. È presente lì ed è anche qui. Per venire a noi infatti non ha dovuto partire da colà: crebbe, non ha emigrato. È quello che affidò loro subito dopo la risurrezione. Visse poi con i discepoli per quaranta giorni e quando stava per salire al cielo di nuovo affidò ad essi la Chiesa stessa. Lo sposo, in procinto di partire, affidò la sua sposa ai suoi amici; a questa condizione: che non ami nessuno di essi, ma ami lui come sposo, gli altri come amici dello sposo e nessuno di essi come sposo. Gli amici dello sposo mantengono gelosamente questo patto e non permettono che la sposa venga violata con impuro amore. Non sopportano di essere amati [al posto dello sposo]. Ascoltate uno zelante amico dello sposo; vedendo che la sposa in un certo senso veniva insidiata da alcuni amici dello sposo disse: Vengo a sapere che vi sono fra di voi delle divisioni e in parte ci credo (1Cor 11,18). Mi è stato riferito a vostro riguardo, fratelli miei, da quelli della casa di Cloe, che ci sono delle contese in mezzo a voi. Intendo riferirmi a ciò che ognuno di voi va dicendo: "Io sono di Paolo", "Io di Apollo", "Io di Pietro", "E io di Cristo". È stato tagliato a pezzi il Cristo? O forse è stato crocifisso Paolo per voi? O nel nome di Paolo siete stati battezzati? (1Cor 1,11-13). O vero amico! Rifiuta l'amore della sposa di un altro! Non vuole che venga amato al posto dello sposo, per poter regnare insieme allo sposo. La Chiesa è stata dunque affidata. Cristo, quando ascese al cielo, a coloro che gli chiedevano sulla questione della fine del mondo: Dicci quando accadranno queste cose e quando, sarà il tempo della tua venuta (Mt 24,3), rispose: Non sta a voi conoscere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato in suo potere. Da' ascolto a ciò che hai imparato dal tuo maestro, o discepolo. Ma riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi (At 1,7-8). E così avvenne. Cristo dopo quaranta giorni (dalla sua risurrezione) ascese al cielo ed ecco oggi, con la discesa dello Spirito Santo, vengono riempiti (di grazia) tutti coloro che erano presenti e si mettono a parlare nelle lingue di tutti i popoli. Anche attraverso le varie lingue di tutti i popoli viene raccomandata l'unità. Viene raccomandata dal Signore nella risurrezione, viene raccomandata da Cristo nell'ascensione; oggi viene confermata dalla discesa dello Spirito Santo.
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3. Sant'Agostino vescovo, Discorso 269
Il dono delle lingue preannunzia l'unità della Chiesa (Pentecoste, PL 38, 1234-1237)
1. Celebriamo con ricorrenza annuale la discesa dello Spirito Santo; lo dobbiamo fare con una solenne assemblea, con solenni letture, con una solenne omelia. Le prime due cose sono state già fatte: siete venuti in moltissimi e siete stati attenti nell'ascoltare le letture. Facciamo anche la terza cosa: non manchi l'ossequio della nostra lingua a colui che fece il dono di tutte le lingue a degli indotti, che sottomise [al suo servizio] le lingue di dotti in mezzo a tutti i popoli, che riunì all'unità della fede le diverse lingue. All'improvviso infatti scese dal cielo un rumore come di una violenta raffica di vento; e apparvero ad essi come delle lingue di fuoco separate e si posarono sopra ciascuno di loro; e cominciarono a parlare lingue diverse, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi (At 2,2-4). Quella raffica di vento non gonfiò ma vivificò; quel fuoco non bruciò ma accese. Si compì in essi quanto era stato profetizzato tanto tempo prima: Non c'è racconto, non c'è linguaggio di cui non si oda il suono (Sal 18,4); affinché, mandati poi qua e là a predicare il Vangelo, adempissero quanto segue nel Salmo: In ogni terra si udì la loro voce e le loro parole fino all'estremità della terra (Sal 18,5). Infatti con quel dono delle lingue fatto a gente che conosceva solo la lingua della propria nazione (allora lo Spirito Santo volle che questo fosse il segno della sua presenza) cos'altro mai lo Spirito Santo voleva significare se non che tutte le genti avrebbero creduto al Vangelo? E così nel primo momento ciascun fedele, come più tardi [avrebbe fatto] l'unità stessa di tutta la Chiesa, parlò in tutte le lingue. Che cosa obiettano a questi argomenti coloro che non vogliono essere inseriti e uniti alla comunità cristiana, la quale produce frutti e cresce presso tutti i popoli? Possono forse negare che lo Spirito Santo scende anche ora sopra i cristiani? Perché dunque ora nessuno, sia presso di noi che presso di loro, parla nelle lingue di tutti i popoli (ciò allora era la dimostrazione della sua venuta) se non perché ora è una realtà ciò che allora era solo un segno? Allora infatti un unico credente parlava in tutte le lingue; ora l'insieme dei credenti parla in tutte le lingue. Perciò anche ora tutte le lingue sono nostre, poiché siamo membra del corpo che le parla.
Battesimo e Spirito Santo
2. A buon titolo siamo nel vero quando riteniamo che gli eretici o gli scismatici, benché siamo convinti che anch'essi abbiano il battesimo di Cristo, non ricevono lo Spirito Santo se non aderiscono alla compagine dell'unità attraverso la comunione della carità. Allora sì che le lingue di tutte le genti saranno anche le loro, perché dovunque esse sono, ivi saranno anch'essi - cioè nel medesimo corpo di Cristo che cresce per ogni dove - se conserveranno l'unità dello Spirito nel vincolo della pace (Cf. Ef 4,3). Chi non è legato da tale vincolo è schiavo. Infatti noi non abbiamo ricevuto - afferma l'Apostolo - uno spirito di schiavitù per cadere di nuovo nel timore, ma abbiamo ricevuto lo spirito di adozione a figli, in virtù del quale gridiamo: Abba! Padre! (Rm 8,15). Perciò secondo verità riteniamo che in quella circostanza lo Spirito Santo ha manifestato la sua presenza con il dono delle diverse lingue per questa ragione: perché si capisca che anche ai giorni nostri, nei quali lo Spirito non si manifesta allo stesso modo di allora, non può avere lo Spirito colui che - anche se impregnato del sacramento del battesimo - è separato dall'unità di tutti i popoli. E perché non si pensasse che chiunque è stato battezzato nel nome della Trinità riceva anche come conseguenza necessaria lo Spirito Santo, nella esperienza della stessa unità [cioè della Chiesa] ci sono stati dei casi molto differenti tra loro. Così troviamo che alcuni, già battezzati, solo in un secondo tempo hanno meritato lo Spirito Santo: è stato quando gli Apostoli sono scesi in Samaria da quei fedeli che erano stati battezzati in assenza degli Apostoli (Cf. At 8,14-17). Altri invece - è un caso davvero singolare - lo hanno ricevuto ancor prima di essere stati battezzati: è quanto, per volontà divina, fu concesso a Cornelio e a quelli che erano con lui, mentre Pietro stava loro parlando (Cf. At 10,44-48). Alla potenza divina l'uomo non può mai opporsi! Sopra altri invece [lo Spirito Santo] scese subito appena battezzati: è il caso di quell'eunuco al quale Filippo, prendendo lo spunto dal profeta Isaia, aveva annunciato Cristo (Cf. At 8,26-39). Sopra altri ancora scese con l'imposizione delle mani da parte degli Apostoli: è il caso capitato ai più. Sopra altri è sceso senza che nessuno imponesse le mani ma mentre tutti stavano pregando: è accaduto in quello stesso giorno [della Pentecoste], che oggi celebriamo solennemente, mentre stavano riunite in una stessa casa centoventi persone insieme agli Apostoli. Su alcuni è sceso senza che nessuno imponesse le mani e senza che nessuno pregasse, ma mentre tutti stavano ascoltando la parola di Dio: è il caso, ricordato poco sopra, di Cornelio e dei suoi familiari. Perché dunque è sceso ora in un modo ora in un altro se non perché non se ne desse alcun merito alla superbia umana, ma tutto alla grazia e alla potenza divina? Pertanto questa distinzione tra la recezione del battesimo e la recezione dello Spirito Santo ci fa capire abbastanza bene che non dobbiamo pensare che necessariamente ricevono lo Spirito Santo coloro che pur ricevono - non lo neghiamo - un battesimo valido. E quanto meno riceveranno lo Spirito coloro che non solo non hanno nessun amore per l'unità dei cristiani.... L'amore di Dio infatti è stato diffuso nei nostri cuori; non certo da noi stessi ma, come continua l'Apostolo, per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato (Rm 5,5). Concludendo: come allora le diverse lingue che un unico uomo poteva parlare erano il segno della presenza dello Spirito Santo, così ora è l'amore per l'unità di tutti i popoli il segno della sua presenza.
Contro gli scismatici Donatisti
3. L'uomo carnale però - sono parole dell'Apostolo - non conosce le cose dello spirito di Dio (1Cor 2,14). E li rimprovera quasi fossero carnali, quando dice loro: Ognuno di voi va dicendo: "Io sono di Paolo", "Io di Apollo", "Io invece di Pietro", "E io di Cristo". È stato tagliato a pezzi il Cristo? O forse è stato crocifisso Paolo per voi? O nel nome di Paolo siete stati battezzati? (1Cor 1,12-13). Come infatti gli uomini spirituali godono dell'unità, quelli carnali cercano sempre i contrasti. Scrivendo con molta franchezza di essi, l'apostolo Giuda dice: Costoro sono fautori di scissioni, animali, privi dello spirito (Gd 1,19). Ci può essere cosa più evidente? Più chiara? Se la smettano dunque quegli stolti di ingannare se stessi e di dire a noi: Che cosa avremmo in più se venissimo da voi, quando voi stessi affermate che già abbiamo il battesimo di Cristo? Rispondiamo loro: Avete, sì, il battesimo di Cristo; venite per ricevere anche lo Spirito di Cristo. Abbiate timore di queste parole della Scrittura: Se qualcuno non ha lo spirito di Cristo, non gli appartiene (Rm 8,9). Vi siete rivestiti di Cristo ricevendo il suo sacramento; rivestitevi anche di lui imitandone l'esempio. Poiché anche Cristo patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme (1Pt 2,21). Non siate come coloro che hanno la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegata la forza interiore (2Tm 3,5). Quale forza maggiore della pietà che l'amore dell'unità? Si dice nei Salmi: Ho visto un limite ad ogni perfezione ma il tuo comandamento è senza confini (Sal 118,96). Quale comandamento se non quello di cui è scritto: Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate scambievolmente (Gv 13,34)? Perché senza confini se non perché l'amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori (Rm 5,5)? Perché ogni perfezione ha un limite, se non perché la pienezza della legge è l'amore (Rm 13,10) e tutta la legge si compendia in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Rm 13,9; Gal 5,14)? E voi amate il vostro prossimo come voi stessi così bene che, mentre non volete che si pensi di voi alcunché di male che non sia stato osservato in voi o provato, nei riguardi del mondo intero voi pensate ciò che né avete osservato né ne avete le prove.
Non basta essere cristiani a parole
4. A voi sembra di dire: Signore Gesù. Forse, non interpretando bene, vi riferite alle parole dell'Apostolo: Nessuno dice: Signore Gesù, se non nello Spirito Santo (1Cor 12,3). Ma il termine dice è stato messo appositamente e con un suo significato proprio. Nessuno dice: Signore Gesù, se non nello Spirito Santo; ma se lo dice con i fatti, non solo a parole. Possono infatti dire: Signore Gesù anche coloro dei quali Gesù ha detto: Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno essi (Mt 23,3). Tutte le eresie, quelle che anche voi condannate, dicono: Signore Gesù. Cristo non escluderà certo dal regno dei cieli quelli che avrà trovato nello Spirito Santo; tuttavia disse: Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli (Mt 7,21). Ma nessuno dice: Signore Gesù, se non nello Spirito Santo (1Cor 12,3). Nessuno certo, ma nel senso che è stato detto, cioè con i fatti. Perciò proseguendo il discorso Gesù aggiunse: Ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli costui entrerà nel regno dei cieli (Mt 7,21). Di alcuni il medesimo Apostolo dice anche: Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti (Tt 1,16). Come si può rinnegare con i fatti, così con i fatti si deve dire: [Signore Gesù]. Questo è il significato delle parole: Nessuno dice: Signore Gesù, se non nello Spirito Santo. Se pertanto non vi accostate all'unità ma vi separate dagli altri, siete carnali e non avete lo Spirito. Se poi vi accostate all'unità con ipocrisia, lo Spirito Santo, nostro educatore, fugge l'ipocrita (Sap 1,5). Sappiate dunque che avrete lo Spirito Santo quando acconsentirete a che il vostro cuore aderisca all'unità attraverso una carità sincera. Rispondiamo così ad essi quando ci dicono: "Che cosa avremo in più [unendoci a voi]?". Noi intanto fratelli offriamoci ad essi come esempio di buone opere (Cf. 1Tm 2,7; Regola 7 n. 46), senza essere superbi perché stiamo saldi [nella verità], e senza disperare di coloro che giacciono ancora [nell'errore].
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4. Sant'Agostino vescovo, Discorso 270
Pentecoste (PL 38, 1237-1245)
Introduzione
1. Celebriamo con grande solennità questo giorno santificato dalla discesa dello Spirito Santo. Tale solennità così lieta e cara ci spinge a parlarvi, alquanto di questo dono di Dio, di questa grazia di Dio, della ricchezza della sua misericordia verso di noi, cioè dello Spirito Santo. Parliamo a voi come a condiscepoli alla stessa scuola del Signore. Abbiamo infatti un unico Maestro, nel quale tutti siamo una cosa sola (Cf. Gv 17,21). Egli, affinché non ci venga la tentazione di insuperbirci per la nostra funzione di maestro, ci ammonisce dicendo: Non fatevi chiamare "Rabbi" dagli uomini; uno solo infatti è il vostro maestro, il Cristo (Mt 23,8). Sotto questo maestro, la cui cattedra è il cielo è per mezzo delle sue Scritture che dobbiamo essere formati fate dunque attenzione a quelle poche cose che vi dirò. Me lo conceda colui che mi comanda di parlare. Chi di voi sapeva già queste cose, le ripensi; chi di voi le ignorava le accolga. Spesso l'animo santamente curioso viene sollecitato, purché alla fragilità e debolezza umana venga concesso di scrutare cose sublimi come queste. Ma sì che viene concesso. Ciò che nelle sacre Scritture è nascosto, non è chiuso per essere negato, ma anzi perché venga aperto a colui che bussa. Dice infatti il Signore: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto (Mt 7,7). Spesso coloro che indagano [sulle Scritture] si pongono la questione del perché lo Spirito Santo che era stato promesso fu inviato cinquanta giorni dopo la passione e la risurrezione del Signore.
Perché lo Spirito Santo non fu inviato prima dell'Ascensione di Cristo
2. Prego anzitutto la vostra carità: non vi rincresca di riflettere alquanto sul perché il Signore abbia detto: Se non me ne vado, non potrà venire a voi (Gv 16,7) [il Consolatore]. Come se - per parlare alla maniera umana - Cristo Signore conservasse qualcosa nel cielo e nel discendere da lì avesse affidato ciò che conservava allo Spirito Santo; di modo che questi non potesse venire a noi se prima non fosse ritornato Cristo a riprendersi ciò che gli aveva affidato. O come se noi non fossimo capaci di accoglierli tutti e due o non potessimo sostenere la presenza contemporanea di ambedue. Come se l'uno sia separato dall'altro; o come se quando vengono a noi essi si trovino in un luogo troppo angusto, mentre al contrario siamo noi che veniamo dilatati. Che cosa significa dunque la frase: Se non me ne vado, non potrà venire a voi? È bene infatti per voi - continua - che io me ne vada, perché se non me ne vado non verrà a voi il Consolatore (Gv 16,7). Ascolti la vostra carità, in breve, il significato di queste parole, per quanto comprendiamo o siamo convinti di comprendere, per quanto lui ci dona di capire, per quanto diremo di ciò in cui crediamo. Penso che i discepoli si erano fermati all'aspetto umano di Cristo Signore e, in quanto uomini, erano legati da affetto umano all'uomo Gesù. Cristo voleva invece che essi avessero nei suoi confronti un affetto piuttosto divino e voleva così da carnali farli diventare spirituali. Ma l'uomo non può diventare spirituale se non per dono dello Spirito Santo. Perciò disse: "Vi mando un dono con il quale potrete diventare spirituali, il dono cioè dello Spirito Santo. Ma non potrete diventare spirituali se non cesserete di essere carnali. E cesserete di essere carnali se ai vostri occhi viene sottratta la mia natura di carne affinché venga inserita nei vostri cuori la mia natura divina". Riguardo a questa natura umana, cioè alla natura di servo, il Signore annientò se stesso, prendendo la natura di servo (Fil 2,7). L'affetto di Pietro era per questa natura di servo, quando temeva la morte di colui che molto amava. Amava infatti il Signore Gesù Cristo; amava da uomo un uomo; da carnale uno rivestito di carne; non amava, da essere spirituale, la sua divinità. Quali le prove di ciò che stiamo dicendo? Quando il Signore chiese ai suoi discepoli chi fosse egli per gli uomini, essi, riportando le opinioni degli altri, risposero che alcuni lo credevano Giovanni, altri Elia, altri Geremia o uno dei Profeti. Egli allora disse: E voi chi dite che io sia? (Mt 16,15). E Pietro, parlando da solo per gli altri, da solo per tutti, rispose: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo (Mt 16,16). Risposta ottima, perfetta. Giustamente si meritò questa risposta: Beato te Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli (Mt 16,17). E io dico a te, perché tu prima hai detto a me; tu hai parlato, io ho ascoltato; hai fatto la professione di fede ora ricevi la benedizione. Perciò io dico a te: Tu sei Pietro; poiché io sono pietra, tu sei Pietro. Non pietra deriva da Pietro, ma Pietro deriva da pietra, come non Cristo deriva da cristiano, ma cristiano da Cristo. E su questa pietra edificherò la mia Chiesa (Mt 16,18); non su Pietro che sei tu, ma sulla pietra che tu hai confessato. Edificherò la mia Chiesa: edificherò te, che in questa risposta fai le veci della Chiesa. Questo e tutto il resto, in conseguenza a quanto aveva detto Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo. E Pietro aveva ascoltato, come ricordate, la risposta [di Gesù]: Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, cioè la mente umana, la debolezza umana, l'incapacità umana, ma il Padre mio che è nei cieli. Poi il Signore Gesù cominciò a preannunciare la sua passione e a manifestare quante sofferenze avrebbe dovuto sopportare da parte dei peccatori. A questo punto Pietro si spaventò e cominciò a temere la morte di Cristo, del Figlio del Dio vivo. Cristo, il Figlio del Dio vivo, il Buono proveniente dal Buono, Dio da Dio, il vivente che proveniva dal vivente, fonte della vita e vita vera, era venuto certamente per vincere la morte, non per essere sconfitto dalla morte. Tuttavia Pietro, ragionando da uomo, spaventato - il suo attaccamento alla persona di Cristo, come ho detto sopra, era puramente umano - disse: Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai (Mt 16,22). E il Signore respinge queste parole con una conveniente e adeguata risposta. Come lodò adeguatamente la sua professione di fede, così ora riprende adeguatamente il suo panico: Lungi da me, Satana! (Mt 16,23), gli dice. Dove è più il beato te, Simone, figlio di Giona? Sappi distinguere le parole di Cristo che loda dalle parole di Cristo che rimprovera; sappi distinguere i motivi della professione di fede dai motivi del panico. Il motivo della professione di fede: Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. Il motivo del panico: Tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini! (Mt 16,23). Non vorremmo dunque che Cristo dica agli Apostoli: È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore (Gv 16, ). Se la mia natura umana non viene sottratta alla vostra vista carnale, non potrete assolutamente comprendere, sperimentare, pensare niente di divino. Quanto ho detto è più che sufficiente. Era necessario pertanto che dopo la risurrezione e l'ascensione al cielo del Signore Gesù Cristo, si adempisse la sua promessa di inviare lo Spirito Santo. Così aveva anche detto, come commento personale, l'evangelista Giovanni, quando Gesù, riferendosi allo Spirito Santo, aveva esclamato: Se uno ha sete, venga a me - e beva... e fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno (Gv 7,37-38). [Commentando queste parole], l'Evangelista prosegue: Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato (Gv 7,39). Il Signore nostro Gesù Cristo fu dunque glorificato con la risurrezione e l'ascensione al cielo; allora mandò lo Spirito Santo.
Il significato simbolico dei numeri quaranta e cinquanta
3. Come sappiamo dai Libri sacri, Cristo restò quaranta giorni con i suoi discepoli dopo la sua risurrezione, manifestando ad essi la realtà del suo corpo risuscitato, entrando dove si trovavano essi ed uscendo, mangiando e bevendo (Cf. At 10,40-41), affinché non pensassero che si trattava di qualcosa di non reale. E nel quarantesimo giorno - quello cioè che abbiamo celebrato dieci giorni fa - alla loro presenza ascese al cielo, dopo aver promesso che come allora se ne andava, così sarebbe ritornato (Cf. At 1,3-11); cioè sarebbe ritornato, per giudicare, nella sua natura umana nella quale era stato condannato. Volle mandare lo Spirito Santo in un giorno diverso da quello in cui ascese al cielo; e non dopo due giorni o dopo tre giorni, ma dopo dieci giorni. Questo fatto ci ha costretti ad indagare e ad esaminare alcuni significati oscuri dei numeri. Quaranta giorni sono quattro volte dieci. In questo numero si nasconde, a mio avviso, una realtà misteriosa. Noi siamo uomini che parliamo ad uomini; e giustamente ci si reputa commentatori delle Scritture, non propugnatori di nostre personali opinioni. Questo numero quaranta, formato da quattro volte dieci, simboleggia, a mio parere, la vita presente che ora stiamo trascorrendo e vivendo. Siamo spinti e trascinati nel correre del tempo, nella instabilità delle cose, in un continuo scomparire e succedersi di tutto, in una rapacità effimera e in una corrente di cose che non si fermano mai. Con il numero quaranta si allude a questa vita; infatti i tempi del mondo sono divisi in quattro parti, che formano un anno. Anche i punti cardinali del mondo sono quattro, noti a tutti e ricordati spesse volte anche dalla sacra Scrittura: Dall'Oriente e dall'Occidente, dal Settentrione e dal Mezzogiorno (Lc 13,29). Nello scorrere di questi tempi divisi in quattro parti e nello spazio del mondo ugualmente diviso in quattro parti viene predicata la legge di Dio, che è simboleggiata dal numero dieci. Difatti anzitutto viene insegnato il Decalogo. E tutta la legge è condensata nei dieci precetti: proprio perché nel numero dieci è vista una qualche perfezione. Chi conta infatti va avanti fino a questo numero e quindi ricomincia da uno fino a dieci e di nuovo ricomincia da uno. Così per le centinaia, così per le migliaia. Più in su ancora, moltiplicando varie volte per dieci, cresce all'infinito la moltitudine dei numeri. La legge quindi si completa nel numero dieci e la stessa legge viene predicata nel mondo diviso in quattro parti: quattro volte dieci fa quaranta. Siamo esortati, finché ci troviamo in questo soggiorno terreno, ad astenerci dalle bramosie del mondo: questo significa il digiuno di quaranta giorni, noto a tutti con il nome di Quaresima. Te lo comanda la legge, la profezia, il Vangelo. Proprio perché te lo comanda la legge, digiunò per quaranta giorni Mosè (Cf. Es 34,28); perché te lo comanda la profezia, digiunò per quaranta giorni Elia (Cf. 1Re 19,8); perché te lo comanda il Vangelo, digiunò per quaranta giorni Cristo Signore (Cf. Mt 4,2). Compiuti dunque dopo i quaranta giorni altri dieci giorni, cioè una volta sola dieci, semplicemente una decina, non quattro volte, venne lo Spirito Santo, affinché la legge venisse perfezionata dalla grazia. La legge infatti senza la grazia è lettera che uccide. Se infatti fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustificazione scaturirebbe davvero dalla legge; la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché ai credenti la promessa venisse data in virtù della fede in Gesù Cristo (Gal 3,21-22). Perciò la lettera uccide, lo spirito dà vita (2Cor 3,6). Non perché tu debba fare cose diverse da quelle che ti vengono comandate dalla lettera: ma la sola lettera ti rende peccatore, mentre la grazia ti libera dal peccato e ti dona di adempiere la lettera. Per cui per merito della grazia viene la remissione di tutti i peccati e la fede, che opera tramite la carità (Cf. Gal 5,6). Non crediate pertanto che la lettera sia stata condannata per il fatto che è stato detto: La lettera uccide. Queste parole significano che la lettera rende peccatori. Ti vien dato il comando, non vieni aiutato dalla grazia: subito ti ritrovi non solo non esecutore della legge, ma anche reo di prevaricazione. Dove infatti non c'è la legge, non c'è neanche la prevaricazione (Rm 4,15). Non è stata quindi riprovata la legge, quando è stato detto: La lettera uccide, lo spirito dà vita; come se quella venisse condannata e questo lodato. Ma: La lettera uccide, la sola lettera senza la grazia. Prendete un esempio. Nella Scrittura si trova questa frase: La scienza gonfia. Che cosa significa: La scienza gonfia? Che forse la scienza è condannata? Se gonfia, sarebbe dunque preferibile rimanere ignoranti! Ma aggiunge: La carità invece edifica (1Cor 8,1). Pertanto, come nella precedente frase in questione, aggiungendo: Lo spirito invece dà vita fece intendere che la lettera senza lo Spirito uccide, con lo Spirito invece dà vita e fa adempiere la lettera; così la scienza senza la carità gonfia, mentre la carità con la scienza edifica. Perciò è stato inviato lo Spirito Santo perché si adempisse la legge e si verificasse quanto il Signore aveva detto: Non sono venuto ad abolire la legge ma a portarla a compimento (Mt 5,17). Questo dona ai credenti, questo dona ai fedeli, questo dona a coloro ai quali dà lo Spirito Santo. Quanto più uno diventa capace di riceverlo, tanto più gli rimane facile osservare tutta la legge.
Timore casto e timore servile
4. Vi dico, carissimi, una verità che voi stessi potrete considerare e controllare facilmente: la carità porta a compimento la legge. Il timore delle pene sollecita l'uomo ad agire, ma in maniera ancora servile. Se infatti agisci bene perché temi di soffrire un castigo, o se non agisci male perché temi di soffrire un castigo, qualora qualcuno ti promettesse l'impunità, subito ti abbandoneresti all'iniquità. Se ti si dicesse: Sta' sicuro, non avrai alcun castigo, fa' pure: lo faresti senz'altro! Eri trattenuto infatti [dal fare il male] dal timore della pena, non dall'amore della giustizia. Nei tuoi riguardi infatti ancora non operava la carità. Osserva dunque come opera la carità. Amiamo colui che temiamo in maniera tale da temerlo con amore casto. Infatti anche la sposa casta teme il marito. Ma distingui timore da timore. La sposa casta teme di essere lasciata sola dal marito che è assente; la sposa adultera teme di venire sorpresa dal marito che sopraggiunge all'improvviso. La carità dunque è il completamento della legge: perché l'amore perfetto caccia via il timore (1Gv 4,18). Cioè il timore servile, che proviene dal peccato. Infatti il timore casto del Signore rimane per sempre (Sal 18,10). Se dunque la carità porta a compimento la legge, donde viene questa carità? Pensateci, fate attenzione e vi accorgerete che la carità è un dono dello Spirito. Infatti l'amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,5). Giustamente quindi, compiuti i dieci giorni - con questo numero si indica anche la perfezione della legge - il Signore Gesù Cristo mandò lo Spirito Santo: perché la grazia ci dona di adempiere la legge, che Cristo non venne ad abolire ma a portare alla perfezione (Cf. Mt 5,17).
Il riposo del sabato
5. La sacra Scrittura di solito indica lo Spirito Santo con il numero sette, non con il numero dieci; la legge con il numero dieci, lo Spirito Santo con il numero sette. Perché la legge venga indicata con il numero dieci è ormai chiaro: guardiamo ora perché lo Spirito Santo venga indicato con il numero sette. Nel primo libro [della Scrittura], all'inizio del libro che si chiama Genesi, vengono elencate le opere compiute da Dio. Viene creata la luce, viene creato il cielo - che è stato chiamato firmamento quello tra le acque superiori e le acque inferiori -; emerge l'asciutto, il mare è separato dalla terra, vien data alla terra la facoltà di fecondare e di concepire tutto ciò che ha vita; vengono creati il luminare grande e quello piccolo, cioè il sole e la luna, e le altre stelle; le acque producono i loro animali e la terra i suoi; viene creato l'uomo ad immagine di Dio. Al sesto giorno Dio termina tutte le sue opere (Cf. Gen 1,1-31). Per nessuna delle opere di Dio fra quelle enumerate e terminate, si parla di santificazione. Dio disse: Sia la luce, e la luce fu; e Dio vide che la luce era buona (Gen 1,3-4). Non si dice: Dio santificò la luce. Sia il firmamento, e il firmamento fu; e Dio vide che era buono (Gen 1,6). Neanche qui si dice che venne santificato il firmamento. Così vengono elencate tutte le altre cose - senza soffermarci su di esse che sono a voi ben note - fino a quelle create nel sesto giorno, compreso l'uomo che venne fatto ad immagine di Dio: di nessuna di esse si dice che fu santificata. Si arriva al settimo giorno, nel quale non è stata realizzata nessuna opera ma nel quale si dice che Dio si è riposato, e Dio santificò il settimo giorno. Nella [descrizione del] settimo giorno per la prima volta risuona la parola " santificazione ". Se la si cerca in tutti i passi delle Scritture, per la prima volta la si trova qui. Vi si dice che Dio si è riposato per farci intendere che anche noi ci riposeremo. Non è che Dio si sia affaticato sì da aver bisogno di riposo; né che, dopo tanta fatica, si rallegrasse nel giorno del riposo e che santificasse quel giorno proprio perché gli fu permesso di riposare. Questo ragionamento è puramente umano. Con il dire che Dio si è riposato dopo aver compiuto tutte le sue opere - che sono buone - ci si vuol far capire che anche noi ci riposeremo dopo aver compiuto tutte le nostre opere buone. Dio infatti fece tutte le cose ed ecco erano tutte molto buone (Gen 1,31). E nel giorno settimo cessò Dio da ogni opera da lui fatta (Gen 2,2). Vuoi riposarti anche tu? Anzitutto fa' opere molto buone. Così fu comandato ai Giudei di osservare materialmente il sabato (Cf. Es 20,8), come pure tutte le altre cose che avevano significati misteriosi. [Ai Giudei] è stato comandato un certo genere di riposo: tu realizza quel riposo che vi è significato. Il riposo spirituale infatti è la pace del cuore; e la pace del cuore proviene dalla serenità di una buona coscienza. Quindi osserva veramente il sabato colui che non pecca. Questo in realtà vien comandato a coloro ai quali viene comandata l'osservanza del sabato: Astenetevi da ogni opera servile (Lv 23,7). Chiunque commette peccato, è servo del peccato (Gv 8,34). Il numero sette richiama dunque lo Spirito Santo, come il numero dieci la legge. Lo fa intendere anche il profeta Isaia nel passo in cui dice: Lo riempirà lo spirito di sapienza e di intelletto - conta! - di consiglio e di fortezza, di scienza e di pietà, lo spirito del timore di Dio (Is 11,2). La grazia spirituale, discendendo a noi, comincia dalla sapienza e termina al timore. Noi invece nel salire, nel tendere dal basso verso l'alto, dobbiamo cominciare dal timore e terminare con la sapienza. L'inizio infatti della sapienza è il timore del Signore (Sal 110,10). Sarebbe troppo lungo e supererebbe le nostre forze - anche se non il vostro desiderio di conoscere - ricordare tutti i passi che si riferiscono al numero sette applicato allo Spirito Santo. Basti perciò quanto ho detto.
Lo Spirito Santo simboleggiato dal numero sette
6. Riflettete ora su quanto segue. (Abbiamo detto che] la legge viene portata a perfezione dalla grazia dello Spirito Santo. Come bisognava ricordare e, raccomandare [alla vostra attenzione] il numero dieci, ciò che già abbiamo fatto, così occorre fare anche con il numero sette, per quanto fa riferimento alla grazia, dello Spirito Santo. Con il numero dieci, cioè mandando lo Spirito Santo dopo dieci giorni, Cristo richiamava all'osservanza della legge, che comandava di portare a compimento (Cf. Mt 5,17). Dove troviamo nella Scrittura il richiamo al numero sette soprattutto per quanto si riferisce allo Spirito Santo? Nel libro di Tobia trovi che questa festa, cioè la Pentecoste, è formata di settimane (Cf. Tb 2,1 [sec. LXX]). In che modo? Moltiplica il numero sette per se stesso, cioè sette per sette, come si impara a scuola; sette per sette fa quarantanove. A questo multiplo di sette si arriva moltiplicando sette per sette. (È infatti lo Spirito Santo che ci lega insieme e che ci raduna. Difatti il primo segno che diede della sua venuta fu che coloro che lo ricevettero parlarono ciascuno nelle lingue di tutti. L'unità del corpo di Cristo infatti si forma riunendosi da ogni lingua, [è formata] cioè da tutti i popoli sparsi nel mondo intero. Il fatto che allora uno parlasse in tutte le lingue preannunziava che si sarebbe realizzata l'unità fra tutte le lingue. Dice però l'Apostolo: Sopportandovi a vicenda con amore - questa è la carità - cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace (Ef 4,2-3). Poiché dunque lo Spirito Santo dalla moltitudine ci riunisce in unità, lo si riceve tramite l'umiltà; con la superbia invece lo si allontana. Il cuore umile infatti è come l'acqua che cerca un luogo concavo ove rimanere; si disperde se è respinta dall'altezzosità della superbia, come [per l'acqua] è il rigonfiamento di un colle. Per questo è stato detto: Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili (Gc 4,6). Che cosa significa dà grazia? Dà lo Spirito Santo. Riempie gli umili perché li trova disposti ad accoglierlo). Stando così le cose, per arrivare alla Pentecoste, a quarantanove - che si ottiene moltiplicando sette per sette - si aggiunge uno: viene raccomandata in questo modo l'unità.
Il simbolismo del numero centocinquantatré
7. Poiché il particolare interesse della vostra Carità è di non poco aiuto ai nostri limiti presso il Signore Dio nostro, accogliete quel tanto [che vi dirò] il quale, a parer mio, tanto è più gradito se è stato spiegato, quanto rimane astruso se non lo si spiega. Prima ancora della risurrezione il Signore comandò ai suoi discepoli, quando li scelse, di gettare le reti in mare. Essi le gettarono e presero una tale quantità di pesci che le reti si rompevano e le barche, stracolme, affondavano. Gesù non specificò in quale parte dovevano gettare le reti; disse soltanto: Gettate le reti (Cf. Lc 5,1-7). Se infatti avesse comandato loro di gettare le reti a destra, avrebbe significato che avrebbero preso solo i pesci buoni; se a sinistra, solo i pesci cattivi. Poiché però sono state gettate senza precisazione, non a destra soltanto né a sinistra soltanto, presero pesci buoni e cattivi. Tutto ciò è simbolo della Chiesa del tempo presente, esistente in questo mondo. Quei servi che erano stati mandati a chiamare gli invitati uscirono e tutti quelli che trovarono, sia buoni che cattivi, li condussero dentro e la sala del banchetto nuziale si riempì di commensali (Cf. Mt 22,10). Ora vengono dunque riuniti e buoni e cattivi. Il fatto che ci siano degli scismi non è simboleggiato dalle reti che si rompono? Il fatto che generalmente la Chiesa è tormentata dagli scandali di turbe dai sentimenti carnali, che perfidamente suscitano tumulti, non è simboleggiato dalle barche che quasi affondano? Nel modo sopra riferito parlò il Signore prima della risurrezione. Dopo la risurrezione invece trovò i discepoli che stavano ugualmente pescando, comandò loro ugualmente di gettare le reti, però non comunque e senza precisazione, perché già si era a dopo la risurrezione. Dopo la risurrezione infatti il suo corpo che è la Chiesa non comprenderà più cattivi. Gettate - disse - le reti a destra. Furono gettate le reti, dietro suo comando, dalla parte destra e fu preso un determinato numero di pesci. I pesci della prima pesca [quella anteriore alla risurrezione] che non furono contati, simboleggiano la Chiesa del tempo presente, come se a quella pesca si riferissero le parole: Io ho annunziato e parlato: si sono moltiplicati in soprannumero (Sal 39,6). Si parla dunque di alcuni soprannumerari, che in un certo senso sono superflui: tuttavia vengono presi anch'essi. Nella seconda pesca invece i pesci vengono presi solo a destra, vengono contati, e sono grossi. Chi osserverà [questi precetti] e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli (Mt 5,19). Dunque furono presi grossi pesci in numero di centocinquantatré. Chi non è convinto che non invano è stato riportato questo numero? Non può essere che senza alcun significato il Signore abbia detto: Gettate le reti, oppure che non gli importasse niente che buttassero le reti a destra. Anche questo numero centocinquantatré ha un significato. Ed ebbe interesse l'Evangelista ad annotare, quasi che avesse presente nella mente quella prima pesca nella quale le reti che si rompevano significavano gli scismi (mentre nella Chiesa della vita eterna non vi sarà alcuno scisma perché non vi sarà nessuna divisione; tutti saranno grandi, perché pieni di carità), quasi dunque avesse presente ciò che la prima volta accadde a significare gli scismi, ebbe interesse ad annotare in questa seconda pesca: e benché fossero tanto grossi, le reti non si ruppero (Gv 21,1-11). Che cosa significhi la parte destra è stato già detto: che tutti saranno buoni. Che cosa significhi la grossezza dei pesci è stato detto: che chi osserverà [questi precetti] e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli (Mt 5,19). Che cosa significhi anche il fatto che le reti non si ruppero è stato detto: che nella vita eterna non vi saranno, scismi. Che cosa significa allora il numero centocinquantatré? Non sarà certamente questo il numero dei santi. I santi infatti non saranno centocinquantatré, se soltanto quelli che non si sono contaminati con donne (Cf. Ap 14,1-4) vengono calcolati in numero, di centoquarantaquattromila. Questo numero è come un albero e sembra svilupparsi come da un seme. E il seme di questo grande numero è un certo numero più piccolo che è il diciassette. Il diciassette genera il centocinquantatré, se conti da uno a diciassette e addizioni tutti i numeri. Se non addizioni tutti i numeri che pronunzi [contando] da uno a diciassette, non avrai che diciassette. Se invece conti così: Uno, due, tre; uno più due più tre fanno sei, sei più quattro più cinque fanno quindici; quando arrivi fino a diciassette ti riporterà sulle dita il numero centocinquantatré. Ora dunque ripensa a ciò che poco fa ho ricordato e raccomandato e osserva chi rappresentano e che cosa significano i numeri dieci e sette. Dieci significa la legge, sette lo Spirito Santo. Perciò che cosa dovremo intendere se non che formeranno la Chiesa della risurrezione eterna, ove non ci saranno scismi, ove non si temerà la morte perché verrà costituita dopo la risurrezione; che formeranno, [la Chiesa], e vivranno in eterno insieme al Signore, coloro che avranno adempiuto la legge per la grazia dello Spirito Santo e il dono di Dio, di cui oggi celebriamo la festa?
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