Intervista a Mons. Luciano Pacomio,
Vescovo di Mondovì





Intervista a Mons. Luciano Pacomio, Vescovo di Mondovì
L'Amico del Clero, n. 2 Febbraio 2014

Monsignore, come giudica per la Chiesa in generale, e per la diocesi di Mondovì in particolare, il ripristino del diaconato permanente?

Da quando Papa Paolo VI e il Concilio Ecumenico Vaticano II hanno ripristinato in forma "permanente" il diaconato, quale primo "grado" del sacramento dell'Ordine, ho riconosciuto in questa scelta: innanzitutto una "bella" obbedienza alla Parola e al divino disegno del Signore; in secondo luogo, un grande avvaloramento della risorsa "ministeriale" di portata primaria espressiva del servizio al Popolo di Dio, in ordine all'amore (carità) cristiano che crede (servizio della Parola) e che spera (servizio della Preghiera - Liturgia).

Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?

Al di là di quanto è richiesto sia dai documenti Pontifici, sia dai due documenti fondamentali CEI, personalmente sottolineo: il desiderio di essere diacono, il giudizio di probità morale del proprio parroco e persone che conoscono il candidato, la disponibilità a una buona formazione abilitante al servizio "ministeriale", con tratto e capacità che brevemente qualifico "ecclesiale".

Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua arcidiocesi per chi diventa diacono?

Rimando al nostro documento diocesano dal titolo «Il diaconato nella Chiesa monregalese. Testo di riferimento sul ministero diaconale note sul concreto servizio». I cammini sono seguiti sia a livello diocesano da due sacerdoti incaricati, sia dal rettore del seminario e da una équipe, commissione specificatamente istituiti.

Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?

Il superamento iniziale delle possibili difficoltà è subito avvenuto con l'autopresentazione di fronte al clero dei primissimi candidati (cinque), nel 2° anno del mio ministero episcopale: anno 1998. Ovviamente le difficoltà, soprattutto perché il diacono non è abilitato a celebrare come presidente l'Eucaristia e a confessare, possono ritornare in singoli sacerdoti ogni tanto.

Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Mondovì?

Il criterio con cui mi muovo è: valutare innanzitutto che cosa il Signore ha donato alla singola persona-diacono; conseguentemente affidare il compito di una espressione caritativa credente e aperta a una testimonianza di speranza in favore di una singola comunità parrocchiale (specie in assenza di presbitero) o adempiere a un bisogno "caritativo" diocesano. Non posso rispondere come se avessi un progetto a priori già predisposto.

Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?

Non immagino; ma spero e attendo tutti quelli che il Signore chiama. Su essi, faccio affidamento e prego che lo facciano i miei confratelli e tutti i credenti. Ora sono 18 in diocesi e altri 7 sono in cammino.

Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?

Penso che solo il lavoro con il CDV diocesano, attento al cammino di fede, vocazionalmente orientato e posto continuamente a tema, per promozione della vocazione matrimoniale, di consacrazione e aperta al ministero ordinato, molto nutrito di preghiera, sia la strada promettente


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