Intervista a Mons. Giuseppe Guerrini,
Vescovo di Saluzzo




Mons. Giuseppe Guerrini, Vescovo di Saluzzo
L'Amico del Clero, n. 5 Maggio 2014


Monsignore, come giudica per la Chiesa in generale, e per la diocesi di Saluzzo in particolare, il ripristino del diaconato permanente?

I primi due diaconi a Saluzzo sono stati ordinati nel 1995 e 1998 con un cammino di preparazione che in buona parte si è svolto con la comunità di formazione di Torino. È poi stato avviato un corso di preparazione nella nostra diocesi, con 8 ordinati tra il 2006 e il 2007. Uno di questi è già stato chiamato al premio eterno. Attualmente un candidato, che ha già concluso gli studi preparatori, è alla vigilia dell'ordinazione. Negli ultimi anni non vi sono state nuove candidature. Questa situazione denuncia qualche difficoltà di inserimento. Il Concilio è stato coraggioso a riproporre questo ministero dopo quasi millecinquecento anni di oblio, almeno in Occidente. Mancavano approfondimenti ecclesiologici e ovviamente non vi erano esperienze pratiche. Questi quaranta anni hanno prodotto molti studi e tantissime esperienze, in parte condizionate dalla diminuzione dei preti, cosa questa che però ha portato, più o meno consapevolmente, a leggere il ministero del diacono in funzione a quello del presbitero. Penso ci sia ancora tanto cammino da fare.

Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?

I requisiti sono in funzione dei compiti e quindi del ministero previsto. Mi sto chiedendo, anche alla luce dell'insistenza che papa Francesco pone sull'uscire, incontrare, ascoltare, accompagnare, se il servizio del diacono non vada inteso più su questo versante della carità non solo materiale ma anche spirituale. Sono i requisiti che papa Francesco richiede per il ministero dell'accompagnamento spirituale (Evangelii gaudium, 169-173). Si tratta soprattutto della maturità umana che rende accoglienti, sensibili, pazienti, fiduciosi, coraggiosi. Il diacono deve essere un uomo di Dio, che percepisce la Presenza, ma anche capace di percepire la presenza misteriosa del prossimo e capace di "togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell'altro" (EG 169).

Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua arcidiocesi per chi diventa diacono?

Attualmente non vi sono candidati e quindi non sono attivati cammini formativi. In futuro penso che ad una seria preparazione teologica debba accompagnarsi una maggiore attenzione, rispetto al passato, per quanto riguarda la formazione umana. Una famiglia serena è già un'ottima credenziale, ma si tratta proprio di avere candidati dal cuore grande.

Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?

Abbiamo alle spalle secoli (penso in particolare agli ultimi due) in cui la figura del prete è stata arricchita da una articolata riflessione teologica e soprattutto dalla testimonianza di migliaia di figure esemplari di preti pastori, parroci, educatori, maestri di vita spirituale, missionari, guide... Non è facile lasciare lo spazio ad altre figure ministeriali. Il calo numerico favorisce forse il rendersi conto che il prete non può fare tutto. Soprattutto non deve fare tutto. Ritorna l'esigenza di una adeguata conoscenza del ministero dei diaconi e di una comunicazione più profonda tra preti e diaconi che diventi autentica comunione.

Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Saluzzo?

Decisamente l'ambito della carità, non intesa solo come organizzazione di interventi assistenziali, ma di attenzione a chi ha bisogno di ascolto, conforto, sostegno, vicinanza. È quanto viene detto da tempo con l'espressione "ministero della soglia" riferito al diaconato. Altrimenti si rischia davvero che il diacono sia un prete a metà. Ripeto, la figura del diacono non può essere pensata in riferimento al prete e al suo ministero.

Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?

Uomini capaci di uscire, incontrare, accompagnare, servire... in una Chiesa meno preoccupata di se stessa e maggiormente tesa a trasmettere quanto ha ricevuto. Stiamo andando verso una nuova configurazione delle parrocchie e ritengo che il ripensare la pastorale sul territorio (Unità Pastorali o strutture equivalenti) possa offrire molti spazi ai diaconi. Si richiede uno sforzo di immaginazione e di creatività pastorale.

Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?

Il ministero dei diaconi deve essere maggiormente conosciuto e deve apparire "appetibile", cioè rispondere al desiderio di servire il Signore e la Chiesa. Non possiamo dimenticare che l'invito di Gesù a pregare per gli operai della messe riguarda anche questa particolare vocazione.


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