Il diaconato in Italia n° 180
(maggio/giugno 2013)
TESTIMONIANZE
Non c'è fede senza carità
di Vincenzo Alampi
Come Caritas Diocesana di Oppido - Palmi con lo sguardo fisso su Gesù Cristo «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,2) e sotto la guida e le indicazioni del nostro vescovo mons. Francesco Milito, abbiamo iniziato l'anno pastorale con "La Festa della Fede" e subito dopo, con una visita alla tendopoli/baraccopoli di Rosarno San Ferdinando, che ci ha introdotto a vivere in pienezza questo anno di Grazia, nel servizio ai poveri che ormai toccano quasi il quaranta per cento della popolazione della diocesi e, in particolare, nel servizio agli immigrati africani che da anni vengono a lavorare come braccianti agricoli in occasione della stagione di raccolta di kiwi ed agrumi, da ottobre ad aprile.
Quest'anno l'impegno si è moltiplicato a causa dell'arrivo di quasi tremila braccianti che si sono sistemati nella tendopoli e poi in pochissimi giorni in una baraccopoli costruita accanto alla tendopoli con plastica, lamiere, eternit, frasche e cartoni, in mezzo al fango e senza servizi igienici, né acqua potabile, né luce elettrica. La visita alla tendopoli/baraccopoli del vescovo della diocesi mons. Francesco Milito e il suo messaggio per l'avvento dal significativo titolo «Ancora al "freddo e al gelo"», rivolto ad ogni famiglia della diocesi che può dare una coperta ai fratelli immigrati bisognosi, ha assunto un significato che è andato al di là del gesto stesso, perché ha fatto prendere coscienza, ancor di più, della situazione di emergenza che si stava vivendo. «Al freddo e al gelo» nelle tendopoli e nelle baracche oggi è «ancora lui che soffre nei fratelli immigrati», ha affermato con grande sensibilità, mons. Milito chiedendosi se è ammissibile e «concepibile, ancora la riproposizione di una scena così grave? Ve lo confido come un padre, che avverte acute le emergenze dei suoi figli e chiede ai fratelli di non dimenticarsi di farsi prossimo degli altri che soffrono: mi aspetto che scatti un moto immediato di solidarietà efficace».
E il moto immediato di solidarietà efficace è prontamente scattato ed è andato oltre l'importante richiesta di coperte perché ha fatto prendere coscienza a tutti le condizioni dei nostri fratelli immigrati e ha dato il via a quella gara di solidarietà che ha guardato non solo il bisogno delle coperte, ma anche di tante altre cose come vestiario, scarpe, abitazioni dignitose, cibo, ma soprattutto amicizia e considerazione per diventare, come sostiene Benedetto XVI, «Una sola famiglia umana, una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze».
Anche l'allaccio della luce elettrica per l'illuminazione e il riscaldamento, per settanta tende con sei posti letto, tutto a cura e spese della diocesi e della Caritas Italiana, con un impegno economico straordinario ed elevatissimo, è stato un gesto forte di carità e di attenzione a un bisogno, in quel momento, primario per il rigido freddo invernale.
«È una sfida che vogliamo affrontare - ha detto il vescovo mons. Milito durante l'omelia della S. Messa del Crisma - per la necessità e l'urgenza di smettere, o almeno di ridimensionare, pronti interventi e pronti soccorsi dell'assistenza (che, comunque, si ripresenteranno!) verso situazioni di chiara ingiustizia e di precariato lavorativo su cui le varie competenze del settore amministrativo sono chiamati in via ordinaria a fare la propria parte. La Chiesa non ha né il compito, né il dovere di sostituirsi alle responsabilità altrui, ma come madre e maestra dei popoli, che vivono là dove essa è presente, avverte il dovere di lanciare pressanti gli appelli in favore di chi non sa farsi ascoltare. E perché ciò non resti un proclama o un grido sommesso nel deserto della disattenzione, prova anche a porre gesti concreti, positivi, propositivi, li sostiene e li segue per come può con la speranza di convincere con il linguaggio delle opere chi si mostra scettico e indolente a quello dei principi». La Caritas Diocesana, infatti, insieme alle Caritas Parrocchiali della diocesi e coinvolgendo quasi tutte le associazioni ecclesiali e tantissime associazioni di volontariato laiche, studenti e attività commerciali, per stare più vicina agli immigrati, quasi a condividere la loro situazione, con un lavoro umile, silenzioso e discreto, ogni mattina alle ore cinque, quando ancora era buio, e gli immigrati cominciavano ad alzarsi per andare a lavorare nei campi, da metà novembre scorso fino a tutto il mese di aprile scorso, cominciava a preparare la colazione per tutti gli immigrati della tendopoli/baraccopoli.
Ogni mattina, le persone coinvolte a turno, si alzavano alle quattro per poter essere sul posto verso le quattro e mezza ed iniziare a bollire oltre 180 litri di latte e 180 di the che insieme a biscotti, pane, brioche e tantissimi altri dolci preparati dagli stessi volontari, ci ha forniti la carità delle persone e la Comunità Europea tramite l'Agea. È stata una gara di solidarietà che ha coinvolto tutta la Diocesi di Oppido - Palmi ed anche le altre Diocesi della Calabria che con generosità hanno contribuito per il latte, il the e i biscotti. Per la maggior parte degli immigrati che provengono dal Ghana, dal Burkina Faso, dal Senegal, dalla Nigeria, dal Niger, dal Togo, dalla Costa d'Avorio, dal Mali, dalla Repubblica Centroafricana, dalla Guinea-Bissao, dalla Sierra Leone, non avendo la possibilità di lavorare perché il lavoro non c'era per tutti, quella colazione ogni mattina era anche l'unico pasto della giornata. È stata una gara di solidarietà che è andata oltre la solidarietà ed è diventata condivisione e rapporti di amicizia sincera con i racconti reciproci delle proprie storie di vita e delle speranze per un mondo più giusto.
Sono piccole cose, rispetto a quello che si potrebbe fare con un maggiore impegno delle Istituzioni Pubbliche a tutti i livelli per fare fronte al fenomeno che si è riproposto quest'anno nella Piana di Rosarno, Rizziconi e Taurianova, ma sono segni e testimonianze che qualcosa si può fare. Sono numeri piccoli, ma danno il segno agli immigrati che qualcosa si muove e loro hanno qualche interlocutore a cui rivolgersi.
Un messaggio forte che vogliamo, ancora una volta, far valere come Caritas, è quello della legalità e della giustizia e dell'impegno delle Istituzioni Pubbliche interessate che mai più devono sorgere ghetti nei nostri territori. Un messaggio forte che continua a chiedere ai rappresentanti delle Istituzioni Pubbliche interessate di saper veramente promuovere iniziative per politiche di integrazione piena, per l'inserimento dignitoso degli immigranti nelle realtà locali e comprensoriali specialmente nel lavoro, nell'istruzione scolastica, nella sanità, nella socialità, nella tutela dell'identità culturale e religiosa, con un impegno nuovo giusto, pacifico, solidale e strutturato. Quello che chiediamo come Caritas sono progetti e servizi non improvvisati per l'emergenza, ma programmati per l'ordinario, il quotidiano e il lungo termine. Chiediamo una giusta politica dei prezzi agricoli per far sì che i produttori abbiano più garanzia per i loro prodotti anche con la tenuta dei prezzi e possano assumere legalmente e serenamente la mano d'opera specialmente immigrata. Chiediamo di conseguenza una giusta retribuzione ai braccianti immigrati e un contratto di lavoro con l'assicurazione e i contributi previdenziali ed assistenziali; una dignitosa abitazione con luce elettrica, acqua corrente, e servizi igienici Chiediamo di «sbloccare - ha chiesto mons. Milito - una situazione intollerabile con la collaborazione intelligente ed organica verso conquiste di una convivenza umana civile cristiana». Chiediamo di ripartire da questa «periferia dell'Italia» come ha chiesto papa Francesco, per una vera «nuova civiltà dell'amore».
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