Il viaggio e la preghiera



Il diaconato in Italia n° 180
(maggio/giugno 2013)

PAROLA


Il viaggio e la preghiera
di Luca Bassetti

Il Vangelo di Luca contiene, più degli altri, molti riferimenti alla preghiera. Se si eccettuano pochi casi in cui altri personaggi sono descritti nell'atto di pregare, in Luca è soprattutto Gesù che prega. Egli è raffigurato assai di frequente, all'interno del terzo vangelo, nell'atto di pregare, non solo nei passaggi chiave della sua esistenza, in corrispondenza di importanti decisioni, ma anche nella semplice quotidianità del suo vivere.
Dal confronto sinottico con Marco e Matteo si può facilmente constatare come, proprio in importanti passi paralleli, Luca aggiunga, rispetto agli altri evangelisti, un cenno a Gesù che sta pregando, ad indicare una sua particolare attenzione alla relazione di Cristo Signore con il Padre suo. Si farà qui un cenno dapprima agli snodi principali della narrazione lucana in cui Gesù prega, poi ad altri momenti più abituali della sua esistenza quotidiana, per concludere sull'insegnamento che, a partire da tale prassi ordinaria, egli formula per i suoi discepoli. Si potrà in tal modo comprendere come la preghiera rappresenti l'autentico compimento del viaggio del discepolo, sino ad una perfetta relazione filiale.

La preghiera di Gesù nei passaggi chiave della sua vita
Si considerano qui gli episodi che rappresentano autentici momenti di passaggio o situazioni decisive della vita di Gesù e, come tali, sono anche snodi fondamentali della narrazione evangelica. In essi Gesù è colto da Luca nell'atto di pregare. Gli episodi principali da considerare sono: il Battesimo al Giordano, la Trasfigurazione, la veglia al Monte degli Ulivi.
Il Battesimo nel Giordano: Gesù si presenta al Giordano per compiere un gesto penitenziale assieme a tutti coloro che si recavano dal Battista per confessare i loro peccati: «Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento"».
Il racconto di Luca (3,21-22), a differenza degli altri sinottici presenta due particolari: Gesù al momento dell'epifania sta in preghiera; la manifestazione non avviene appena Gesù esce dall'acqua, come in Matteo (3,13-17) e Marco (1,9-11), ma quando tutto il popolo è stato battezzato e Gesù si trova insieme a tutti gli altri, non in posizione di evidenza. In tal modo l'evangelista sembra volèr segnalare due cose: la solidarietà di Gesù con i peccatori, nel gesto simbolico della morte per acqua, come accettazione del giudizio di Dio su di sé e come disposizione al dono della propria vita per tutti, senza volersi distinguere dagli altri; il legame della manifestazione più con la preghiera di Gesù che non con l'atto materiale del battesimo.
Gesù permane nella sua relazione con il Padre, attraverso la preghiera, e ottiene la risposta del Padre, che trova gioia in lui con un improvviso atto di trasporto, riconoscibile come autentico compiacimento, per una perfetta relazione filiale. Il Padre riconosce qui Gesù come Figlio suo, percependone la somiglianza profonda, nell'atto con cui questi diminuisce nel dono di sé, obbedendogli in una compiuta imitazione filiale.
Tutto ciò è possibile al Figlio solo nella preghiera, quella relazione misteriosa e intima con il Padre, che coincide con lo stesso atto generativo e che perciò costituisce la vita ricevuta dal Figlio e da lui a sua volta donata nella gratitudine e nell'obbedienza al Padre. Il Padre, manifestandosi, accetta con gioia ed incoraggia il dono che il Figlio fa di sé, a somiglianza di ciò che il Padre stesso ha fatto con lui.
Da questo momento perciò Gesù può cominciare la sua vita pubblica, che lo condurrà a donare se stesso agli uomini, così come, nella genealogia che immediatamente segue (3,23-38), la sua ribadita identità di Figlio di Dio passa attraverso il suo nascondi mento nella carne a lui offerta dalle generazioni umane.
La Trasfigurazione: ecco ancora un episodio narrato da tutti e tre i sinottici, testo di notevole importanza per comprendere il ruolo della preghiera nei passaggi chiave della vita di Gesù. «Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia". Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All'entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!". Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto».
Anche qui soltanto Luca accenna alla preghiera di Gesù. La narrazione lucana (9,28-36) introduce due variazioni fondamentali rispetto a Marco (9,2-8) e a Matteo (17,1-8): Gesù cambiò di aspetto mentre pregava; la sua preghiera è un colloquio con Mosè ed Elia, con le Scritture, attestanti il suo esodo a Gerusalemme. Qui la preghiera di Gesù non è pura e semplice relazione diretta con il Padre, ma rapporto col Padre attraverso la mediazione scritturistica. Da tale colloquio Gesù sembra apprendere la logica esodica del dono di sé come logica divina, attestata dalle Scritture, nei loro protagonisti peregrinanti alla ricerca del volto di Dio, come tutto ciò che il Padre ha da insegnargli, avendogli donato se stesso nell'atto generativo. Tutte le Scritture sono voce del Padre che annuncia la Pasqua come realtà divina, e proprio alla voce del Padre, indicante il Figlio, Mosè ed Elia lasciano ormai il posto, venendo meno nel nascondi mento, dinanzi a ciò che anelavano manifestare.
La versione lucana della trasfigurazione tende dunque a mostrare come la preghiera sia essenzialmente ascolto della voce del Padre nascosta nelle Scritture e capace finalmente di emergere solo nel momento in cui, nella preghiera stessa, il Figlio si dispone all'atto di abbandono, che gli fa assumere come propria quella la logica divina del dono di sé, nel viaggio a c Gerusalemme, che di lì ha inizio.
La veglia al Monte degli Ulivi: l'evangelista Luca sorprende ancora Gesù in preghiera nell'orto del Getzemani, nel cuore del racconto della passione: «Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli al lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione"».
Anche in questo episodio Luca (22,39-46) si discosta da Marco (14,32-42) e da Matteo (26,36-46) in tre particolari principali: tutti e tre gli evangelisti fanno riferimento alla preghiera di Gesù, ma Luca abbrevia il dialogo tra Gesù e i discepoli, quasi a concentrare la sua narrazione sul rapporto tra il Cristo e il Padre suo; il nostro evangelista fa inoltre riferimento ad una preghiera talmente intensa da produrre una sudorazione come gocce di sangue che cadevano a terra mentre, infine, accenna alla consolazione sperimentata da Gesù per mezzo di un inviato celeste.
Oggetto iniziale della preghiera sembra essere il semplice allontanamento materiale della sofferenza, in realtà essa quasi subito si manifesta come richiesta di un'accettazione abbandonata della volontà del Padre, mentre al termine viene svelato come suo autentico scopo l'apertura di una via d'uscita nella tentazione. Anche a questo punto, nel momento supremo della sua esistenza, in cui egli decide di consegnarsi, Gesù vive un'intimità così profonda con il Padre da ottenere la forza di resistere alla tentazione e per abbandonarsi al suo volere, tanto da anticipare, nella preghiera stessa, lo spargimento del suo sangue, il dono della sua vita, ricevendo subito la rassicurazione consolante del messaggero, che gli manifesta il suo gradimento a Dio, cioè la sua conformità al modo di essere del Padre.
Sì può forse affermare che è proprio la preghiera stessa il luogo e l'efficacia di tale conformità tra il Generante e il Generato. Da quel momento Gesù si dispone con grande dignità, fermezza e mitezza a consegnarsi nelle mani degli uomini. Si può dunque concludere che in ciascuno dei momenti fondamentali della sua vita Gesù trova nella relazione con il Padre l'impulso per un passo decisivo di affidamento, mediante il quale si conforma, diminuendo, all'identità del Padre, manifestatagli nelle Scritture, suscitando il suo compiacimento, mentre si dona agli uomini. La preghiera di Gesù non è dunque un atto devoto, ma una relazione intensa di affidamento e di conformazione al Padre, nel dono di sé per tutta l'umanità.


(Da L. Bassetti, Il viaggio della parola e del discepolo nel Vangelo di Luca, Collana "Respirare la Parola", Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 20 73, p. 243-250)



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