Il diaconato in Italia n° 172
(gennaio/febbraio 2012)
SERVIZIO
La benedizione delle famiglie
di Andrea Spinelli
Anche quest'anno - e come si poteva non farlo - era in programma la visita alle famiglie in occasione del Natale del Signore. Usando il termine della tradizione, parliamo della benedizione delle famiglie e delle loro abitazioni: un tempo era sufficiente il saluto e la benedizione, attesa da chi frequentava con assiduità (la maggioranza) la chiesa e gli appuntamenti dell'anno liturgico. Oggi - lo sappiamo - non è più così: i praticanti sono una piccola percentuale, tuttavia l'esperienza di questi anni (50 per il parroco e 21 per il diacono) continua a rivelare la costante attesa della benedizione. Le eccezioni sono davvero poche, comunque cortesi nel rifiuto.
Per poter arrivare a tutti, si è cominciato presto, il giorno dopo la commemorazione di tutti i fedeli defunti. In questi ultimi anni gli impegni scolastici ed extra-scolastici hanno impedito ai chierichetti e ad altri ragazzi di accompagnare il ministro ordinato, tuttavia non siamo rimasti soli, poiché alcuni adulti, liberi da impegni fissi o rendendosi tali, sono venuti con noi. È stata davvero una bella esperienza: l'attesa gioiosa, il saluto cordiale e il vivo desiderio hanno fatto esclamare: «Quante persone hanno bisogno di incontrare il Signore attraverso il sacerdote o il diacono e di far presente il loro vissuto concreto!».
Riconosco che tutto ciò può avvenire anche in altri momenti e al di fuori della benedizione natalizia, tuttavia l'occasione è propizia e non va trascurata. Un tempo suonavano le campane e i fedeli venivano in chiesa, oggi non è più così, se non per un gregge assai piccolo. Allora il momento della visita in Avvento è importante. Abbiamo incontrato tanti ragazzi delle scuole superiori, che studiano e ricordano il tempo del catechismo dell'iniziazione cristiana e i momenti trascorsi all'oratorio e ora diventati solo un bel ricordo. Nei loro occhi una soddisfazione, nel vederti a casa loro e, soprattutto, una profonda aspirazione al meglio, che lo Spirito tiene desta e che tocca a noi, agli adulti, aiutare a diventare realtà.
Abbiamo incontrato anziani soli, felici di spezzare anche per un breve momento la loro solitudine e desiderosi di raccontare il loro passato, le origini, prima di approdare a Calderara e il travaglio per impostare, con sacrifici, una vita dignitosa. Abbiamo incontrato ammalati o comunque persone sofferenti, capaci di soffrire con Gesù Crocifisso o stanche di portare la Croce assieme ai familiari, che spesso si sentono abbandonati. Abbiamo incontrato uomini e donne in disagio economico, in ansia per l'immediato futuro e supplici senza parole verso la comunità parrocchiale se potesse fare qualcosa per loro. Abbiamo incontrato tante famiglie, che dicevano: Padre, ci dia una bella e forte benedizione perché ne abbiamo bisogno quest'anno più dello scorso anno, senza aggiungere altro. Abbiamo incontrato tanti bambini, neonati e in tenera età, spensierati questi ultimi come è giusto, che, oltre a riempire di gioia la casa, hanno rinvigorito la speranza di noi presenti. Nella casa di Adele e Pippo, fedeli parrocchiani, siamo arrivati proprio il giorno dopo il ritorno della mamma e di Gabriele, il quinto figlio!
Abbiamo incontrato anche famiglie di stranieri, appena arrivati o già integrati, che ci hanno accolto e sorriso, anche quelle di religione musulmana. Con il dolore e le preoccupazioni abbiamo visto la gioia e l'accoglienza e abbiamo pensato in cuor nostro: «Sei tu Signore, ad essere accolto non noi» e con le parole del salmista: «Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria, per la tua fedeltà, per la tua grazia... Siate benedetti dal Signore che ha fatto cielo e terra. I cieli sono i cieli del Signore, ma ha dato la terra ai figli dell'uomo. Non i morti lodano il Signore, né quanti scendono nella tomba. Ma noi, i viventi, benediciamo il Signor ora e sempre». (Sal 113B).
Siamo andati anche nelle ditte, nella parte "industriale" della parrocchia e anche lì siamo stati accolti, come sempre. Si fermano le macchine, i lavoratori si riuniscono in un punto (sono piccole ditte, tante però), si prega insieme e si dà la benedizione. L'esperienza è stata dunque, ancora una volta, positiva, anche gratificante? Certo, ma non in senso egoistico o narcisistico, bensì come segno dell'amore del Signore per tutti, nessuno escluso.
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