Non si viveva soltanto singolarmente, ciascuna per proprio conto, la Parola di Dio. Le utili esperienze, le illuminazioni, le grazie ricavate dalla vita di essa erano messe in comune, dovevano essere messe in comune, per l'esigenza della spiritualità dell'unità che vuole che ci santifichiamo insieme.
Si sentiva il dovere di comunicare agli altri quanto si sperimentava, anche perché si era consci che donando l'esperienza rimaneva, a edificazione della nostra vita interiore, mentre non donandola lentamente l'anima si impoveriva.
Cambiarono tutti i rapporti con Dio e con i fratelli e fiorì con la Parola e per la Parola una comunità cristiana.
Persone, che prima nemmeno si conoscevano, divennero fratelli fino ad attuare fra loro la comunione dei beni materiali e spirituali, gente fino a ieri dispersa divenne popolo, comunità, porzione di Chiesa viva.
E chiunque fra noi, senza sottigliezze e ragionamenti, credeva alle sue Parole con l'incanto di un bimbo, e le metteva in pratica, godeva di questo paradiso anticipato che è il Regno di Dio in mezzo agli uomini uniti nel suo nome.
Il fatto è che il destino del seme è quello di morire per dar vita all'albero, come quello della Parola di Dio è di esser "mangiata" per dar vita a Cristo in noi e a Cristo fra di noi.
Stiamo uniti nel nome del Signore, vivendo la Parola di vita che ci fa uno (cf. Fil 2,16). Ho pensato all'innesto delle piante, dove i due rami scorzati, col contatto delle due parti vive diventano una cosa sola.
Quando due anime potranno consumarsi in uno? Quando saranno vive, cioè quando saranno scorzate dell'umano, e mediante la Parola di vita vissuta, incarnata, saranno Parole vive. Due Parole vive possono consumarsi in uno. Se una non è viva, l'altra non può unirsi.
Pur lontani una Luce ci legherà, impercettibile ai sensi e ignota al mondo, ma cara a Dio più che ogni altra cosa: la Parola di vita.
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