XXXIII Domenica del Tempo ordinario (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 10/2025)


ANNO C – 16 novembre 2025
XXXIII Domenica del Tempo ordinario

Malachia 3,19-20a • Salmo 97 • 2 Tessalonicesi 3,7-12 • Luca 21,5-19
(Visualizza i brani delle Letture)


RENDERE TESTIMONIANZA

Gesù ascolta alcuni che esprimono un elogio per il tempio di Gerusalemme: un vero spettacolo! Gesù reagisce preannunciando che di quello che gli uomini ammirano non sarebbe restata pietra su pietra! Questo linguaggio di Gesù non è nuovo, anzi egli lo riprende dal profeta Michea, che aveva profetizzato la distruzione del primo tempio, quello di Salomone, dicendo che il tempio sarebbe diventato un mucchio di rovine. Anche Geremia aveva predetto la rovina della casa del Signore con parole simili. Sì, nella storia avverrà questa distruzione, perché la storia volge verso la fine, perché in essa avviene già il giudizio di Dio che, secondo Geremia, inizia dalla casa di Dio.
Ma se questa è la catastrofe per gli ebrei, c'è anche una tribolazione che riguarda lo spazio cristiano. Su questo Gesù è stato molto chiaro: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti, infatti, verranno nel mio nome dicendo: "Io sono", e "Il tempo è vicino". Non andate dietro a loro!». Vi sono poi altri eventi della storia che riguardano tutti: sconvolgimenti della storia, guerre, rivoluzioni, terremoti, carestie... Chi può negare che queste parole di Gesù siano realistiche? Ognuno di noi può constatare ogni giorno che la storia e il mondo sono colpiti da questi eventi, fino alla fine. Quando verrà la fine di questo mondo, allora il Signore verrà nella gloria per il giudizio: ecco, allora, finalmente «cieli nuovi e terra nuova», ecco il regno di Dio per sempre.
Ma prima di questa fine che coinvolgerà tutto il cosmo, i discepoli nella storia devono attendersi violenza, ostilità, persecuzione. Gesù denuncia la necessità umana, storica di un rifiuto, di un rigetto violento dei cristiani da parte del mondo. Del resto, «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Se Gesù è stato rifiutato, condannato e messo a morte, potrebbe essere diversa la sorte dei discepoli?
Qui a noi è richiesta intelligenza spirituale, perché siamo portatiavivereinmodocontraddittorioquestasituazionediostilitàdel mondo. Da una parte, siamo tentati di chiuderci in una cittadella, di nutrirci di intransigenza per difendere la nostra identità, assaliti dalla paura e perciò portati a condannare il mondo, la società moderna, tutto ciò che è fuori dalla Chiesa. L'altra tentazione è quella di cercare di allontanare questa ostilità del mondo, arrendendoci a esso, nutrendoci della mondanità, al «così fan tutti». Mondanità è volere essere applauditi da tutti, è desiderare il consenso di tutti, e sperare che tutti dicano bene di noi: questo è umano, ma non è conforme ai sentimenti di Gesù, che devono essere i nostri.
E quali sono i suoi sentimenti a questo proposito? Gesù vede nell'ostilità patita dai suoi discepoli, una occasione di essere testimoni della sua morte e resurrezione. Secondo Luca la testimonianza non è quella di parole che dicano il nostro essere cristiani ed esprimano il bene che noi facciamo; no, la testimonianza è quella data vivendo lo stile di Gesù: l'essere senza difesa, nella mitezza, nell'invocazione del perdono quando giungono l'ostilità, il rifiuto, la calunnia, la persecuzione.
Gesù vive e chiede testimonianza vissuta e perseveranza, cioè il rimanere saldi anche nell'ora cattiva. E questo perché se la vita umana è un mestiere, la vita cristiana è un duro mestiere.


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