Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 10/2025)
ANNO C – 9 novembre 2025
Dedicazione della Basilica Lateranense
[XXXII Domenica del Tempo ordinario]
Ezechiele 47,1-2.8-9.12 • Sal 45 • 1Corinzi 3,9c-11.16-17 • Giovanni 2,13-22
(Visualizza i brani delle Letture)
Dedicazione della Basilica Lateranense
[XXXII Domenica del Tempo ordinario]
Ezechiele 47,1-2.8-9.12 • Sal 45 • 1Corinzi 3,9c-11.16-17 • Giovanni 2,13-22
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LA CASA DEL PADRE
A Gerusalemme, in occasione della festa giudaica di Pasqua Gesù compie un gesto eclatante. Entrato nel tempio, egli vede che il cosiddetto "atrio dei gentili", lo spazio riservato ai non-ebrei, è stato trasformato in luogo di vendita degli animali per i sacrifici: un luogo che Dio aveva voluto come «casa di preghiera per tutte le genti» (Is 56,7) è ormai diventato nient'altro che un luogo di mercato... Ecco, allora, che lo zelo di Gesù per Dio suo Padre e per la sua dimora si desta con forza: «Fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi».
Si tratta di un gesto profetico. Ma perché Gesù compie tale azione? E cosa conferisce alla sua profezia un carattere unico e irripetibile? Gesù agisce in questo modo per ricordare che il tempio è la dimora di Dio; per annunciare con urgenza che è giunta l'ora in cui le genti sarebbero salite a Gerusalemme per la fine dei tempi, l'ora in cui «nella casa del Signore non vi sarà più un mercante» (Zc 14,21). E, soprattutto, per manifestare che lui, il figlio di Dio, può chiedere il rispetto della volontà di Dio sul luogo che egli definisce con grande autorevolezza «casa del Padre mio».
Ma questo gesto suscita una domanda da parte dei giudei là presenti: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». In risposta Gesù ri-vela, alza il velo sulla propria identità: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Ecco la rivelazione decisiva: ormai la dimora di Dio non si trova più nel tempio di Gerusalemme, ma il corpo di Gesù è la vera dimora di Dio. Certamente Dio è presente ovunque, ma c'è un luogo in cui egli abita in modo unico e speciale: se nell'antica economia tale luogo era il tempio di Gerusalemme, ora è Gesù Cristo, il sito del Dio invisibile, l'uomo che ci ha narrato definitivamente Dio (cf Gv 1,18).
Il gesto e le parole di Gesù manifestano l'esistenza di un tempio nuovo, non più fatto di pietre ma costituito dal corpo di Gesù stesso: corpo del Cristo morto e risorto che è il luogo di incontro, alleanza e comunione tra Dio e tutti gli uomini. Ciò sarà manifestato in modo definitivo alla fine del quarto Vangelo quando, subito dopo la morte di Gesù in croce, «uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19,34). L'acqua che sgorga dal fianco trafitto di Gesù è l'acqua profetizzata da Ezechiele nella prima lettura e il fiume che abbiamo cantato nel Salmo responsoriale è l'acqua che sgorga dal lato destro del tempio escatologico. Ormai Gesù è per sempre questo tempio e la sua acqua, simbolo dello Spirito santo da lui effuso, risana tutti coloro che a essa si dissetano e dona loro vita nuova.
Nella memoria della dedicazione di un luogo di culto, questa pagina evangelica mette a fuoco la verità profonda della liturgia cristiana, mirabilmente sintetizzata da Gesù nel suo dialogo con la samaritana: «Donna,è giunta l'ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità» (Gv 4,23). Ovvero, il luogo del culto non è più un tempio di pietre ma la nostra persona, corpo di Cristo e tempio dello Spirito santo. È nel nostro corpo che siamo chiamati a offrire a Dio il vero sacrificio, quello della nostra vita quotidiana (cf Rm 12,1).
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