Esaltazione della Santa Croce




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 8/2025)


ANNO C – 14 settembre 2025
Esaltazione della Santa Croce
[XXIV Domenica del Tempo ordinario]

Numeri 21,4b-9 • Salmo 77 • Filippesi 2,6-11 • Giovanni 3,13-17
(Visualizza i brani delle Letture)


QUELLA CROCE CI RAPPRESENTA TUTTI

La festa odierna dell'esaltazione della croce si rifà al tempo dell'imperatore Costantino, al 14 settembre del 335, quando a Gerusalemme venne dedicata la basilica al Santo Sepolcro, dopo il ritrovamento del legno della croce su cui fu inchiodato il Signore. La croce, da segno di supplizio per malfattori e schiavi, è diventata oggetto di esaltazione e festa. A volte, però, l'esaltazione che noi cristiani ne facciamo ci fa dimenticare che la crocifissione era uno dei supplizi più atroci cui veniva condannata una persona. Il calvario per Gesù non è stata una passeggiata.
Chi ha visto, negli anni passati, il film di Mel Gibson, The Passion (La Passione), ambientato nella città vecchia di Matera, si sarà fatto una qualche idea a quali atroci sofferenze è stato sottoposto Gesù. Ma anche chi ha potuto sostare davanti alla Sindone o ne ha letto tramite pubblicazioni, si sarà reso conto di quanti dolori egli abbia patito. Per questo trovano un senso le parole che ci ricordano come Gesù Cristo per amore si è assoggettato alla morte, e all'ignominia della croce. A significare fino a che punto è giunto il suo amore per noi uomini.
Esaltare la croce, quindi, vuol dire esaltare l'indicibile amore di Gesù per ciascuno di noi. Su quel legno ha trionfato, una volta per sempre, l'amore per gli altri, per il prossimo. Nella croce c'è la sintesi, o meglio il culmine, dell'amore di Gesù per noi. Su quella croce l'incarnazione s'è resa tangibile fino all'estremo. Come scrive Paolo ai Filippesi: Gesù, pur essendo di natura divina, «umiliò sé stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome (2,8-9).
I cristiani si distinguono per la croce. Ne facciamo il segno in vari momenti della vita e della giornata, in modo propiziatorio e spesso senza nemmeno pensare a ciò che essa rappresenta. Eppure, in Cristo crocifisso si identificano i tanti "poveri cristi" del nostro tempo, quanti portano un pesante fardello come la malattia, la perdita di una persona cara, l'esclusione, la discriminazione, la miseria... Senza un Cireneo che dia loro una mano, un aiuto. Nella croce di Cristo, nella sua passione e morte, anche il dolore umano può avere un senso, perché morte e vita si confrontano sulla croce. E sappiamo, da credenti, che la risurrezione ha sconfitto definitivamente la morte.
Non trasformiamo, allora, la croce in un amuleto o un portafortuna appeso al collo. Evitando di usarla anche per affermare la nostra identità cristiana in opposizione ad altre fedi. La croce include, non esclude. Le braccia aperte di Cristo inchiodate sul legno abbracciano tutti nel suo amore. Senza distinzioni di provenienza, colore di pelle e credo religioso. Il crocifisso appeso nei luoghi pubblici non discrimina nessuno, né offende alcuno. È segno di amore universale, è il sacrificio e il dono della vita per l'umanità. «Quella croce rappresenta tutti», scrisse la scrittrice Natalie Ginzburg, atea ed ebrea, a proposito di qualche polemica. «Rimanga, è parte della storia del mondo».
Infine, chi ostenta il bacio al crocifisso e, al tempo stesso, respinge il prossimo, è un blasfemo. Chi bacia la croce con fede non può odiare o crocifiggere il proprio fratello. Per nessuna ragione.


--------------------
torna su
torna all'indice
home