Santi Pietro e Paolo




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 6/2025)


ANNO C – 29 giugno 2025
Santi Pietro e Paolo (XIII Dom. del T.O.)

Atti 12,1-11 • Salmo 33 • 2Timoteo 4,6-8.17-18 • Matteo 16,13-19
(Visualizza i brani delle Letture)


SULLE TRACCE DI PIETRO E PAOLO

Celebriamo il dies natalis dei due apostoli: Pietro, roccia della Chiesa di Cristo, e Paolo, missionario tra le genti. La liturgia unisce in un unico giorno la memoria del loro martirio. I due apostoli che hanno edificato la comunità cristiana con doni diversi, anche scontrandosi tra loro, sono accomunati nel martirio. L'atto con cui riconsegnano al Signore la vita ricevuta in dono da lui proprio nell'ora in cui viene a essi sottratta a causa del Vangelo, diviene il luogo in cui si manifesta fraternità della fede e comunione ecclesiale.
La liturgia oggi insiste sul soffrire per la testimonianza di Gesù e sull'edificare l'unica Chiesa. C'è, dunque, un nesso tra queste due dimensioni, che accomuna Pietro e Paolo. C'è un soffrire a causa della Chiesa e un soffrire per la Chiesa che forma ed esprime la fede nel Cristo risorto. C'èil soffrire a causa della Chiesa (per le sue contraddizioni al Vangelo, per la mancanza di giustizia al suo interno, per la mancanza di parresia evangelica o per parole mondane) e il soffrire per la Chiesa, poiché siamo coinvolti da tutto ciò che tocca la comunità cristiana. La Chiesa è il corpo di Cristo e noi siamo le sue membra. È un soffrire dell'amore, che esprime la volontà di cercare e restare in comunione, di non andarsene silenziosamente. Paradossalmente, in questo soffrire nell'amore siamo innestati nella dinamica del mistero pasquale, ci radichiamo ancora di più in ciò che fonda l'unità della Chiesa.
Così, la testimonianza dei santi apostoli Pietro e Paolo diventa per noi eloquente. Pietro rinnega Gesù e può confermare i fratelli e le sorelle nella fede solo perché il Signore con la sua misericordia lo fa ricominciare. Paolo è il persecutore che illuminato dalle profondità della misericordia di Cristo può annunciare la salvezza a tutte le genti. Pietro che confessa Gesù come Messia e Figlio di Dio per dono dall'alto, scopre che solo per dono dall'alto è possibile il pentimento e il pianto. Paolo che alla fine della sua vita confessa di aver conservato la fede, sa che questo non è frutto dei suoi sforzi ma dono della misericordia di Dio.
Pietro e Paolo sono dei condannati a morte che ricevono la grazia, dei sommersi che una mano misericordiosa estrae dai flutti che li stanno sommergendo. Questa memoria è di nuovo una celebrazione del mistero pasquale di Gesù, della potenza d'amore del Crocifisso risorto che si manifesta nel chiamare alla vita attraverso il perdono. Gesù non si è mai scandalizzato del peccato e della miseria degli esseri umani. Pietro e Paolo ci ricordano questo.
Allora, il soffrire per la Chiesa può radicarci in questa consapevolezza: la Chiesa non ha altra consistenza che la pietra scartata divenuta pietra angolare, Gesù Cristo. Il soffrire per la Chiesa, se non si trasforma in indignazione e cinismo, se non incattivisce o rende indifferenti, può divenire il tempo di purificazione della propria fede. Ci ricorda che siamo una comunità di peccatori in cammino, tutti bisognosi di compassione. Ci ricolloca sul fondamento da cui solo può nascere il rinnovamento: il perdono che riceviamo dal Crocifisso risorto. Allora possiamo pregare con la liturgia: «Con la tua continua misericordia, Signore, purifica e rafforza la tua Chiesa e poiché non ha consistenza senza te, conducila sempre con il tuo dono».


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