III Domenica di Pasqua (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 5/2025)


ANNO C – 4 maggio 2025
III Domenica di Pasqua

Atti 5,27b-32.40b-41 • Salmo 29 • Apocalisse 5,11-14 • Giovanni 21,1-19
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IL GRIDO DELL'AMORE

Abbiamo l'impressione di un ritorno al passato, un ricominciare da capo, un tornare per i discepoli all'inizio della loro vicenda con Gesù, esattamente nel luogo dove la loro storia era cominciata: quel mare di Tiberiade. Siamo sulla riva di quel lago dove i discepoli incontrarono Gesù per la prima volta e, abbandonato tutto, lo seguirono. Nel mattino di Pasqua l'angelo prima e poi il Risorto stesso dicono alle donne: «Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea, là mi vedranno». Ed è proprio sulla riva del lago di Galilea che il Risorto si presenta ai suoi discepoli, ma loro non sapevano che era Gesù, come non sapevano chi fosse la prima volta che lo incontrarono lì su quella riva.
Manifestandosi così ai discepoli sul mare di Tiberiade, Gesù risorto li fa tornare all'inizio, all'origine, per ricominciare da dove tutto era cominciato, perché capissero che quello che lì aveva avuto inizio non era affatto finito. È per una sola ragione che il Risorto ha fatto rivivere ai discepoli la stessa esperienza, ridicendo loro le stesse parole e facendo accadere lo stesso avvenimento con cui tutta la loro storia era cominciata: per far comprendere che la morte, la sua morte e la loro fuga davanti alla croce non potevano distruggere quella storia di amicizia e di amore che lì era iniziata. Più ancora, quella vita che sul lago di Galilea aveva sconvolto le loro vite non poteva morire. Quella vita non era morta per sempre, ma era lì e viveva ancora con loro e in mezzo a loro.
Tutto questo ci spiega perché è il discepolo amato, e solo lui, che giunge a riconoscere Gesù e dire a Pietro: «È il Signore». Il discepolo amato arriva a riconoscere Gesù perché solo lui ricorda di aver già vissuto quello che lì accade. Solo il discepolo amato riconosce che quelle parole «gettate la rete», sono le parole di Gesù, le stesse da lui dette la prima volta che lo incontrò. Riconosce Gesù dalle sue parole e da ciò che esse provocano, perché solo la parola del Signore poteva riempire la loro rete vuota. Solo il Signore poteva trasformare una notte di fallimento in un'alba di abbondanza. Perché il discepolo amato ha riconosciuto il Signore per primo? Perché solo colui che è stato amato conosce le parole e i gesti di chi lo ha amato. A nessuno come a lui, Gesù aveva rivelato il senso delle sue parole e dei suoi gesti. Il discepolo amato ha custodito il ricordo di quei gesti e di quelle parole di amore, e per questo le riconosce quando esse avvengono di nuovo: chi lo aveva amato non è morto, ma è vivo; per questo grida a Pietro: «È il Signore».
Sì, è l'amore e nient'altro che l'amore del Signore che canta che Gesù è risorto. L'amore del Signore per noi e il nostro povero amore per lui è l'unico modo con il quale il Risorto si manifesta a noi e noi lo riconosciamo vivente. Per noi oggi come per i discepoli allora, giungere alla fede pasquale significa ritornare sulla riva del lago di Galilea e lì ricominciare la sequela del Signore. Se per Gesù la Pasqua è stata un ritorno al Padre, per noi la Pasqua è un ritorno al Figlio. Per questo, torniamo senza stancarci, anno dopo anno, all'inizio, all'origine della nostra storia di amore con il Signore. Torniamo all'amore del Signore perché solo questo e nient'altro ci può far cantare in fondo al cuore: «Cristo è risorto».
«È il Signore»: solo il grido dell'amore è grido di fede pasquale.


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