Avvento e Natale (C) 2024/2025



Parola che si fa vita


Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)

Con la Domenica di Pasqua 2024 è terminata la pubblicazione dei commenti a cura di Camminare insieme.
Continuo la pubblicazione con i commenti alla Parola di papa Francesco.



"Parola-sintesi" proposta per ogni domenica,
corredata da un commento e da una testimonianza.


1a domenica di Avvento (1 dicembre 2024)
Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina (Lc 21,28)

Immacolata concezione della B.V. Maria (8 dicembre 2024)
[2adomenica di Avvento]
Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio (Lc 1,30)

3a domenica di Avvento (15 dicembre 2024)
Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato (Lc 3,13)

4a domenica di Avvento (22 dicembre 2024)
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? (Lc 1,42)

Natale del Signore (25 dicembre 2024)
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14)

Santa Famiglia (29 dicembre 2024)
E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2,52)

Maria Madre di Dio (1° gennaio 2025)
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori (Lc 2,18)

2a domenica dopo Natale (5 gennaio 2025)
Epifania del Signore (6 gennaio 2025)
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia (Gv 1,16)

Battesimo del Signore (12 gennaio 2025)
Tu sei il Figlio mio, l'amato (Lc 3,22)


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1a domenica di Avvento (1° dicembre 2024)
Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina (Lc 21,28)

Oggi inizia l'Avvento, il tempo liturgico che ci prepara al Natale, invitandoci ad alzare lo sguardo e ad aprire il cuore per accogliere Gesù. In Avvento non viviamo solo l'attesa del Natale; veniamo invitati anche a risvegliare l'attesa del ritorno glorioso di Cristo - quando alla fine dei tempi tornerà -, preparandoci all'incontro finale con Lui con scelte coerenti e coraggiose. Ricordiamo il Natale, aspettiamo il ritorno glorioso di Cristo, e anche il nostro incontro personale: il giorno nel quale il Signore chiamerà.
Il Vangelo di questa domenica va proprio in tale direzione e ci mette in guardia dal lasciarci opprimere da uno stile di vita egocentrico o dai ritmi convulsi delle giornate. Risuonano particolarmente incisive le parole di Gesù: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso. Vegliate in ogni momento pregando».
Stare svegli e pregare: ecco come vivere questo tempo da oggi fino a Natale. Stare svegli e pregare. Il sonno interiore nasce dal girare sempre attorno a noi stessi e dal restare bloccati nel chiuso della propria vita coi suoi problemi, le sue gioie e i suoi dolori, ma sempre girare intorno a noi stessi. L'Avvento ci invita a un impegno di vigilanza guardando fuori da noi stessi, allargando la mente e il cuore per aprirci alle necessità della gente, dei fratelli, al desiderio di un mondo nuovo. Questo tempo è opportuno per aprire il nostro cuore, per farci domande concrete su come e per chi spendiamo la nostra vita.
Il secondo atteggiamento per vivere bene il tempo dell'attesa del Signore è quello della preghiera. «Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina», ammonisce il Vangelo di Luca. Si tratta di alzarsi e pregare, rivolgendo i nostri pensieri e il nostro cuore a Gesù che sta per venire. Ci si alza quando si attende qualcosa o qualcuno. Noi attendiamo Gesù, lo vogliamo attendere nella preghiera, che è strettamente legata alla vigilanza. Ma se noi pensiamo al Natale in un clima di consumismo, di vedere cosa posso comprare per fare questo e quest'altro, di festa mondana, Gesù passerà e non lo troveremo. Noi attendiamo Gesù e lo vogliamo attendere nella preghiera, che è strettamente legata alla vigilanza.
Ma qual è l'orizzonte della nostra attesa orante? Ce lo indicano nella Bibbia soprattutto le voci dei profeti. Oggi è quella di Geremia, che parla al popolo duramente provato dall'esilio e che rischia di smarrire la propria identità. Anche noi cristiani, che pure siamo popolo di Dio, rischiamo di mondanizzarci e di perdere la nostra identità, anzi, di "paganizzare" lo stile cristiano. Perciò abbiamo bisogno della Parola di Dio che attraverso il profeta ci annuncia: «Ecco, verranno giorni nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto. Farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra». E quel germoglio giusto è Gesù, è Gesù che viene e che noi attendiamo.

(Francesco, Angelus, 2 dicembre 2018)


Testimonianza di Parola vissuta

UN GIORNO IMPORTANTE

A 15-16 anni andavo alla ricerca della mia realizzazione e i miei modelli erano gli amici più grandi e alcuni cantanti del genere 'hard rock'. Li seguivo in tutto: capelli lunghi, occhiali scuri, vestito sempre nero, frasi inglesi stereotipate, discoteche, bravate, ubriacature, sabato e domenica 'da sballo'. Ma la domenica sera tornavo a casa sempre più arrabbiato e vuoto, con litigi continui in famiglia e lo studio lasciato sempre più da parte.
Un giorno, su invito di un amico, partecipo a un incontro in parrocchia dove si parla di Vangelo. Alla fine dell'incontro sono veramente contento e decido di tornare la settimana seguente. Andando avanti incomincio anch'io, con i giovani che ho conosciuto, a vivere il Vangelo e ad amare. Il dialogo in famiglia si riapre, il modo di vestire, di parlare, gli atteggiamenti di prima man mano cambiano. Ora sono impegnato a donare i veri ideali agli altri giovani della parrocchia scoperta come la mia comunità.

Loris

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Immacolata concezione della B.V. Maria (8 dicembre 2024)
[2a domenica di Avvento]
Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio (Lc 1,30)

Il Vangelo della Liturgia di oggi, Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, ci fa entrare nella sua casa di Nazaret, dove riceve l'annuncio dell'angelo. Tra le mura di casa una persona si rivela meglio che altrove. E proprio in quella intimità domestica il Vangelo ci dona un particolare, che rivela la bellezza del cuore di Maria.
L'angelo la chiama «piena di grazia». Se è piena di grazia, vuol dire che la Madonna è vuota di male, è senza peccato, Immacolata. Ora, a questo saluto Maria – dice il testo – rimane «molto turbata». Non è solo sorpresa, ma turbata. Ricevere grandi saluti, onori e complimenti a volte rischia di suscitare vanto e presunzione. Ricordiamo che Gesù non è tenero con chi va alla ricerca dei saluti nelle piazze, dell'adulazione, della visibilità. Maria invece non si esalta, ma si turba; anziché provare piacere, prova stupore. Il saluto dell'angelo le sembra più grande di lei. Perché? Perché si sente piccola dentro, e questa piccolezza, questa umiltà attira lo sguardo di Dio.
Tra le mura della casa di Nazaret vediamo così un tratto meraviglioso. Com'è il cuore di Maria? Ricevuto il più alto dei complimenti, si turba perché sente rivolto a sé quanto non attribuiva a sé stessa. Maria, infatti, non si attribuisce prerogative, non rivendica qualcosa, non ascrive nulla a suo merito. Non si autocompiace, non si esalta. Perché nella sua umiltà sa di ricevere tutto da Dio. È dunque libera da sé stessa, tutta rivolta a Dio e agli altri. Maria Immacolata non ha occhi per sé. Ecco l'umiltà vera: non avere occhi per sé, ma per Dio e per gli altri.
Ricordiamoci che questa perfezione di Maria, la piena di grazia, viene dichiarata dall'angelo tra le mura di casa sua: non nella piazza principale di Nazaret, ma lì, nel nascondimento, nella più grande umiltà. In quella casetta a Nazaret palpitava il cuore più grande che una creatura abbia mai avuto. Con quell'annuncio, tra le povere mura di una piccola casa, Dio ha cambiato la storia. Anche oggi desidera fare grandi cose con noi nella quotidianità: cioè in famiglia, al lavoro, negli ambienti di ogni giorno. Lì, più che nei grandi eventi della storia, la grazia di Dio ama operare. Ma, mi domando, ci crediamo? Oppure pensiamo che la santità sia un'utopia, qualcosa per gli addetti ai lavori, una pia illusione incompatibile con la vita ordinaria?
Chiediamo alla Madonna una grazia: che ci liberi dall'idea fuorviante che una cosa è il Vangelo e un'altra la vita; che ci accenda di entusiasmo per l'ideale della santità, che non è questione di santini e immaginette, ma di vivere ogni giorno quello che ci capita umili e gioiosi, come la Madonna, liberi da noi stessi, con gli occhi rivolti a Dio e al prossimo che incontriamo.

(Francesco, Angelus, 8 dicembre 2021)


Testimonianza di Parola vissuta

UNA SCELTA COERENTE

Non mi è mai sembrato qualcosa di male usare la minigonna.
Un giorno, dopo averne parlato con le amiche del mio gruppo, andando al lavoro, per la prima volta mi sono accorta degli sguardi...
Tutti rivolti alle mie gambe, non a me.
No! Basta!
Nella pausa del pranzo sono andata a comprarmi un'altra gonna.

Anni – Germania

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3a domenica di Avvento (15 dicembre 2024)
Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato (Lc 3,13)

Nel Vangelo di oggi c'è una domanda scandita per tre volte: «Che cosa dobbiamo fare?». La rivolgono a Giovanni Battista tre categorie di persone: primo, la folla in genere; secondo, i pubblicani, ossia gli esattori delle tasse; e, terzo, alcuni soldati. Ognuno di questi gruppi interroga il profeta su quello che deve fare per attuare la conversione che egli sta predicando. La risposta di Giovanni alla domanda della folla è la condivisione dei beni di prima necessità. Cioè, al primo gruppo, la folla, dice di condividere i beni di prima necessità, e parla così: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altret-tanto». Poi, al secondo gruppo, agli esattori delle tasse, dice di non esigere nulla di più della somma dovuta. Cosa vuol dire questo? Non fare "tangenti", è chiaro il Battista. E al terzo gruppo, ai soldati, domanda di non estorcere niente a nessuno ma di accontentarsi delle loro paghe. Sono le tre risposte alle tre domande di questi gruppi. Tre risposte per un identico cammino di conversione, che si manifesta in impegni concreti di giustizia e di solidarietà. È la strada che Gesù indica in tutta la sua predicazione: la strada dell'amore fattivo per il prossimo.
Da questi ammonimenti di Giovanni Battista comprendiamo quali fossero le tendenze generali di chi in quell'epoca deteneva il potere, sotto forme diverse. Le cose non sono cambiate tanto. Tuttavia, nessuna categoria di persone è esclusa dal percorrere la strada della conversione per ottenere la salvezza, nemmeno i pubblicani considerati peccatori per definizione: neppure loro sono esclusi dalla salvezza. Dio non preclude a nessuno la possibilità di salvarsi. Egli è – per così dire – ansioso di usare misericordia, usarla verso tutti, e di accogliere ciascuno nel tenero abbraccio della riconciliazione e del perdono.
Questa domanda - che cosa dobbiamo fare? - la sentiamo anche nostra. La liturgia di oggi ci ripete, con le parole di Giovanni, che occorre convertirsi, bisogna cambiare direzione di marcia e intraprendere la strada della giustizia, della solidarietà, della sobrietà: sono i valori imprescindibili di una esistenza pienamente umana e autenticamente cristiana. Convertitevi! È la sintesi del messaggio del Battista. E la liturgia di questa terza domenica di Avvento ci aiuta a riscoprire una dimensione particolare della conversione: la gioia. Chi si converte e si avvicina al Signore, sente la gioia. Il profeta Sofonia ci dice oggi: «Rallegrati, figlia di Sion!», rivolto a Gerusalemme; e l'apostolo Paolo esorta così i cristiani di Filippi: «Siate sempre lieti nel Signore». Oggi ci vuole coraggio a parlare di gioia, ci vuole soprattutto fede! Il mondo è assillato da tanti problemi, il futuro gravato da incognite e timori. Eppure il cristiano è una persona gioiosa, e la sua gioia non è qualcosa di superficiale ed effimero, ma di profondo e stabile, perché è un dono del Signore che riempie la vita. La nostra gioia deriva dalla certezza che «il Signore è vicino»: è vicino con la sua tenerezza, con la sua misericordia, col suo perdono e il suo amore.

(Francesco, Angelus, 13 dicembre 2015)


Testimonianza di Parola vissuta

IL SEGRETO DELLA GIOIA

Talvolta è difficile per me impegnarmi in un lavoro per via della mia pigrizia. Come quella volta: dovevo riordinare la biblioteca dove c’era una grande confusione di libri per terra, ma non mi andava di fare niente. D’un tratto mi è sembrato che qualcuno mi suggerisse dentro: «Sii amore!». Al che ho deciso di fare tutto per Dio e per quelli che avrebbero usato la biblioteca.
Quando ho finito, ho sentito una grande gioia in cuore e ho capito che questa gioia era un dono di Dio».

T. – Brasile

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4a domenica di Avvento (22 dicembre 2024)
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? (Lc 1,42)

Il Vangelo di questa domenica di Avvento pone in evidenza la figura di Maria. La vediamo quando, subito dopo aver concepito nella fede il Figlio di Dio, affronta il lungo viaggio da Nazaret di Galilea ai monti di Giudea per andare a visitare e aiutare Elisabetta. L'angelo Gabriele le aveva rivelato che la sua anziana parente, che non aveva figli, era al sesto mese di gravidanza. Per questo la Madonna, che porta in sé un dono e un mistero ancora più grande, va a trovare Elisabetta e rimane da lei tre mesi. Nell'incontro tra le due donne – immaginatevi: una anziana e l'altra giovane, è la giovane, Maria, che per prima saluta. Il Vangelo dice così: «Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta». E, dopo quel saluto, Elisabetta si sente avvolta da grande stupore – non dimenticatevi questa parola: stupore. Lo stupore. Elisabetta si sente avvolta da grande stupore che risuona nelle sue parole: «A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?». E si abbracciano, si baciano, gioiose, queste due donne: l'anziana e la giovane, ambedue incinte.
Per celebrare in modo proficuo il Natale, siamo chiamati a soffermarci sui "luoghi" dello stupore. E quali sono questi luoghi dello stupore nella vita quotidiana? Sono tre. Il primo luogo è l'altro, nel quale riconoscere un fratello, perché da quando è accaduto il Natale di Gesù, ogni volto porta impresse le sembianze del Figlio di Dio. Soprattutto quando è il volto del povero, perché da povero Dio è entrato nel mondo e dai poveri, prima di tutto, si è lasciato avvicinare.
Un altro luogo dello stupore - il secondo - in cui, se guardiamo con fede, proviamo proprio lo stupore è la storia. Tante volte crediamo di vederla per il verso giusto, e invece rischiamo di leggerla alla rovescia. Succede, per esempio, quando essa ci sembra determinata dall'economia di mercato, regolata dalla finanza e dagli affari, dominata dai potenti di turno. Il Dio del Natale è invece un Dio che "scombina le carte": Gli piace farlo! Come canta Maria nel Magnificat, è il Signore che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote. Questo è il secondo stupore, lo stupore della storia.
Un terzo luogo dello stupore è la Chiesa: guardarla con lo stupore della fede significa non limitarsi a considerarla soltanto come istituzione religiosa, che lo è; ma sentirla come una Madre che, pur tra macchie e rughe – ne abbiamo tante! – lascia trasparire i lineamenti della Sposa amata e purificata da Cristo Signore. Una Chiesa che sa riconoscere i molti segni di amore fedele che Dio continuamente le invia. Una Chiesa per la quale il Signore Gesù non sarà mai un possesso da difendere gelosamente: quelli che fanno questo, sbagliano; ma sempre Colui che le viene incontro e che essa sa attendere con fiducia e gioia, dando voce alla speranza del mondo. La Chiesa che chiama il Signore: "Vieni, Signore Gesù!". La Chiesa madre che sempre ha le porte spalancate e le braccia aperte per accogliere tutti. Anzi, la Chiesa madre che esce dalle proprie porte per cercare con sorriso di madre tutti i lontani e portarli alla misericordia di Dio. Questo è lo stupore del Natale!

(Francesco, Angelus, 20 dicembre 2015)


Testimonianza di Parola vissuta

SALVARE L'ARMONIA

Mi affretto a finire il mio lavoro in ufficio per uscire a comperare del pesce per il pranzo. Quando vedo che la collega sta andando via senza avermi chiesto il permesso, provo fastidio: lei non ha da correre a casa come me. Vorrei dirle in faccia le mie ragioni, ma per il suo carattere penso che sia meglio non rompere l'armonia. Vado io a prendere Andrea alla scuola materna e, come altre volte, do un passaggio ad una bambina handicappata che la madre deve portare in braccio. Le lascio davanti alla loro casa. La signora mi dà un sacchetto: "C'è un po' di pesce che mio marito ha pescato stamattina. Dallo ai bambini".

F.P. - Italia

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