X Domenica del Tempo ordinario (B)

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Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 6/2024)


ANNO B – 9 giugno 2024
X Domenica del Tempo ordinario

Genesi 3,9-15 • Salmo 129 • 2Corinzi 4,13-5,1 • Marco 3,20-35
(Visualizza i brani delle Letture)


LA LIBERTÀ DI GESÙ

Gesù libera perché è un uomo libero. Porta la liberazione perché, anzitutto, lui ha compiuto un cammino di liberazione che ha avuto inizio dal cerchio più ristretto, la famiglia e il suo ambiente sociale originario. Grande è la libertà di Gesù nei confronti del suo nucleo familiare, della sua parentela. L'evangelista Marco attesta come i parenti di Gesù reagissero negativamente alla sua scelta di essere un predicatore itinerante che attirava a sé molta folla con discorsi ritenuti farneticanti, e in qualche modo ostacolavano la sua attività pubblica: «Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: è fuori di sé» (Mc 3,20-21). Ma Gesù non si lascia imprigionare dai vincoli familiari e prosegue la sua attività di predicazione anche contro i suoi.
La sua ragione di vita, ciò che sente di dover dire e fare, è per il profeta Gesù più forte dei legami di sangue, è più forte delle attese che i suoi hanno su di lui, è più forte dei legami affettivi naturali e dai legami sociali. È a causa della parola interiore, della parola di Dio, che Gesù ha la forza di trasgredire gli imperativi, le forze, le dinamiche familiari e le consuetudini sociali. È questa parola che libera Gesù da questo genere di pressioni. L'obbedienza alla parola interiore dilata gli affetti di Gesù e diventa l'unico criterio di relazione.
Se i suoi famigliari l'accusano di essere fuori di sé, gli scribi l'accusano di avere in sé Beelzebù, ossia di essere indemoniato. Non è ciò che la folla crede, il figlio di Dio, ma è figlio del diavolo, è l'incarnazione del male. Un'accusa particolarmente grave dal momento che proviene dalle autorità religiose, i detentori dell'ortodossia. Gesù smaschera con due immagini l'assurdità dell'accusa: «Anche Satana, se si ribella contro sé stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito». Gesù non è complice del male ma suo nemico, perché libera le persone da ogni forma di male, sia esso fisico o morale. Per questo gli scribi incorrono nella bestemmia più grande, quella imperdonabile, la bestemmia "contro lo Spirito santo" che è il rifiutarsi in modo ostinato e cosciente di riconoscere l'azione di Dio anche quando essa è evidente. Nella diatriba con gli scribi Gesù dà un annuncio straordinario, spesso ignorato: «Ai figli degli uomini tutto sarà perdonato».
La madre di Gesù e i suoi fratelli lo mandano a chiamare, ma lui non solo non esce dalla casa, ma li disconosce come parenti di fronte a tutti e guardando quelli che erano seduti attorno a lui dice: «Ecco mia madre e i miei fratelli. Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre». Non è più il sangue, non è più l'appartenenza a un nucleo familiare che determinano le relazioni di Gesù, è invece la parola di Dio che genera con gli altri un legame così profondo da poter dire: «ecco mia madre e i miei fratelli». Coloro che insieme fanno obbedienza alla parola di Dio sono gli uni per gli altri madre, fratello e sorella.
Gesù ha esperimentato in prima persona una seconda nascita, la nascita data dall'obbedienza alla parola di Dio. Chi è schiavo delle relazioni di carne e di sangue non può nascere alle relazioni generate dalla parola di Dio.


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