Domenica delle Palme (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 3/2024)


ANNO B – 24 marzo 2024
Quaresima delle Palme

Isaia 50,4-7 • Salmo 21 • Filippesi 2,6-11 • Marco 14,1-15,47
(Visualizza i brani delle Letture)


«QUEST'UOMO ERA FIGLIO DI DIO»

È mezzogiorno, Gesù è solo in croce, nel più assoluto silenzio, in attesa della morte, i discepoli non ci sono perché sono fuggiti, le donne che lo seguivano stavano lontano e sotto la croce ci sono solo dei soldati, degli avversari. Ma giunta l'ora nona Gesù grida a gran voce: «Eloi, Eloi, lemà sabachthani?», che significa «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». È un grande grido, forte, che tutti debbono udire, ma Gesù lo fa con le parole iniziali di un Salmo (22). Non è un grido di disperazione ma una confessione di fede, pur nella sofferenza estrema, in colui che resta l'unica presenza cui rivolgersi. «Quella è l'occasione di un sussulto della fede: io non ho alcuna speranza, la mia sola speranza è Dio che mi abbandona» (Jean Delorme).
Perché (lammah?) Dio lo ha abbandonato, perché Dio lo ha separato da lui? Solo Dio può spiegarglielo, solo Dio può rispondere a questa domanda angosciata, nessun uomo, nessun consolatore, nessun ermeneuta! Gesù gridando quel "lammah?" non contesta il cammino che il Padre gli ha fatto percorrere, non si rifiuta di percorrerlo fino alla fine, ma richiede a Dio la rivelazione nel momento della morte, del trapasso, del faccia a faccia con lui.
Dio lo abbandona, ma Gesù non abbandona Dio: urlando con le poche forze che gli restano l'inizio del Salmo, lo dichiara totalmente sua esegesi e suo itinerario dall'abbandono di Dio alla risposta di Dio che attende nella fede.
«Gesù, dando un forte grido, spirò». Di fronte alla massima incredulità che fa di Gesù solo un malfattore, la morte è rapida, subitanea e Gesù con un grande grido spira. Qui c'è solo da contemplare, da fermarsi e da non scandalizzarsi. È la morte del Kyrios! Il centurione romano, un pagano che stava sotto la croce, vedendolo morire in quel modo esclama: «Davvero quest'uomo era figlio di Dio!». Il velo s'è scisso, l'entrata dei pagani è possibile ed ecco che un pagano confessa la fede con quel grido che la Chiesa dei gentili ripeterà per tutta la terra. Il grido di Gesù si trasforma nel grido di fede della Chiesa che inizia a essere là sotto la croce: «Quest'uomo è figlio di Dio», ciò che al sommo sacerdote era parso una bestemmia diventa proclamazione del centurione fatto primo testimone del Cristo crocifisso, precursore dei pagani nell'ecclesia gentilitatis. La terra esce dalla tenebra in cui era stata immersa, il passaggio a Dio diventa libero per i gojim (i popoli) e il velo che teneva nascosta la presenza di Dio tra gli uomini si strappa.
Molti saranno i modi per raccontare e interpretare questa morte nella Chiesa e quindi nel Nuovo Testamento, ma essa resta l'evento unico della nostra salvezza. Chi ha predicato al centurione, quando mai costui aveva udito la parola? Eppure il seme caduto a terra è germogliato e cresciuto: in che modo nessuno degli evangelisti, neppure Marco, lo sa (cf Mc 4,26-27). La parola, anzi l'evangelo della croce è davvero potente: d'ora in poi basterà seminarla ovunque ed essa darà frutti perché è seme buono e potente.


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