XXIX Domenica del Tempo ordinario (A)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 9/2023)


ANNO A – 22 ottobre 2023
XXIX Domenica del Tempo ordinario

Isaia 45,1.4-6 • Salmo 95 • 1 Tessalonicesi 1,1-5b • Matteo 22,15-21
(Visualizza i brani delle Letture)


LA LIBERTÀ E LA VERITÀ

Credevano che la questione potesse essere risolta con un sì o con un no e, finalmente, trovare un motivo per metterlo alla gogna. E, invece, gli accusatori di Gesù si ritrovano accusati: se avevano quella moneta vuol dire che non solo riconoscevano l'autorità di Cesare ma usufruivano anche dei benefici che ne derivavano. E così, nel tempio, il luogo in cui più di ogni altro bisognava riconoscere l'unico Signore, i farisei tenevano con sé ciò che era loro proibito. Non a caso c'erano i cambiavalute. Per questo Gesù li smaschera: ipocriti e idolatri.
Rendete a Cesare quello che è di Cesare. Il problema non è se sia lecito o meno pagare il tributo. Si tratta di un invito alla conversione. Dal momento che porti con te l'immagine di uno che si crede dio, implicitamente ti stai facendo propagatore di un vero e proprio culto che nulla ha da spartire con il comandamento di «non avere altri dei all'infuori dell'unico Signore». È inutile prendere le distanze da Cesare a parole quando poi le tue scelte smentiscono ciò che proclami.
L'immagine di Cesare va restituita a Cesare: ossia, non trattenere presso di te chi ha preteso usurpare il ruolo che spetta solo a Dio. Per questo non si tratta di riconoscere fino a che punto un cristiano sia tenuto a rispettare le leggi ma riconoscere tutte quelle situazioni che finiscono per ergersi a tuo idolo asservendoti, privandoti della tua libertà e della tua dignità. L'idolo, infatti, è ciò che di volta in volta noi creiamo allorquando non reggiamo l'assenza di Dio, il suo silenzio. Cesare ha tanti volti e molti nomi.
Di lì a poco, allorquando Pilato chiederà di scegliere, il popolo d'Israele non esiterà. Coloro che non avrebbero dovuto rinnegare il proprio Signore contaminandosi con l'immagine di uno che ne aveva usurpato l'autorità, faranno la loro scelta irreversibile.
A Dio ciò che è di Dio.
È l'invito a essere figli non schiavi.
Io non appartengo ad alcuno se non al Signore. Dio ha un'espressione privilegiata della sua presenza in mezzo a noi mediante l'uomo che sono io: in me ha impresso la sua immagine e il suo sigillo. Guai, perciò, a voler ritenere dio ciò che è soltanto uno strumento per regolare pacificamente la convivenza sociale.
Uno solo è il Signore e a lui obbediscono anche i vari Cesare che si susseguono sulla terra come attesta la splendida vicenda di Ciro, un senza dio, che tuttavia, diventa strumento privilegiato scelto da Dio stesso per compiere una missione che avrà risvolti positivi per il popolo d'Israele.
Gesù non sta con Cesare, ma di fronte a Cesare; non vede in lui un possibile alleato ma lo mette nelle nostre mani. Scegli cosa farne di volta in volta. Gesù ha scelto: di lì a poco Cesare lo crocifiggerà. Tra Dio e Cesare, perciò, non c'è una stretta di mano ma una croce. Gesù patì sotto Ponzio Pilato perché davanti a lui fu testimone della libertà dell'uomo e della verità di Dio. E il destino della comunità cristiana sarà sempre quello di «patire sotto Ponzio Pilato» nella misura in cui essa sarà davanti ai poteri della terra, testimone della libertà dell'uomo e della verità di Dio. La libertà e la verità sono le due cose che il potere più teme e che Dio più ama.


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