II Domenica del Tempo ordinario (A)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 1/2023)


ANNO A – 15 gennaio 2023
II Domenica del Tempo ordinario

Isaia 49,3.5-6 • Salmo 39 • 1 Corinzi 1,1-3 • Giovanni 1,29-34
(Visualizza i brani delle Letture)


L'ECONOMIA SOMMERSA DELLA GRAZIA

A lungo abbiamo disquisito sulle vie che conducono a Dio e teorizzato percorsi che, finalmente, avessero Dio come approdo e, invece, qui è tutto rovesciato: «Vedendo Gesù venire verso di lui». Il gesto di Gesù che raggiunge Giovanni al Giordano attesta che la meta di Dio è l'uomo lì dove si trova. Tante sono le visite di Dio che, tuttavia, rischiano di passare inosservate.
Quando Giovanni vede Gesù venire verso di lui lo chiama "agnello". Gli ebrei, attraverso il sacrificio di un agnello, ricordavano ogni anno il momento in cui erano stati liberati dalla schiavitù in Egitto. Giovanni intuisce che ben altra è la schiavitù che ci tiene legati: è quella che ci fa vedere Dio come un rivale da cui affrancarsi continuamente inseguendo il miraggio di una libertà a prescindere dal rapporto con lui. Solo Gesù può liberarci da questa schiavitù, perché solo lui può metterci a parte del desiderio che Dio ha di stare con noi, solo lui può farci comprendere che Dio non sa pensarsi senza di noi, nessuno escluso. Solo lui può rivelarci che dal giorno in cui abbiamo lasciato la casa paterna, Dio non si è mai rassegnato alla perdita anche di uno solo di noi. Ciascuno di noi è una passione d'amore per la quale il figlio di Dio non esiterà a consegnare sé stesso per restituirci la dignità smarrita.
Non occorre più compiere chissà quale rito propiziatorio per ingraziarsi questo Dio. Egli, infatti, non solo si mette sui nostri passi ma si consegna alle nostre mani perché, riconosciuto e accolto, noi possiamo diventare partecipi della stessa natura divina. Chi mai poteva immaginare che Dio non fosse il custode geloso delle sue prerogative, come il primo uomo aveva immaginato su istigazione del Divisore, ma colui che altro non desiderava se non che i suoi figli conoscessero il compimento della loro esistenza?
All'inizio di questo nuovo tempo ci viene chiesto di essere come Giovanni Battista capaci di scovare e portare alla luce i segni della presenza del Signore che continua a farsi carico di "fatiche, conflitti, violenza, ferite, peccato". Quanti, con la fedeltà ai loro impegni o con il loro portare dolori e sofferenze contribuiscono all'"economia sommersa della grazia", come amava ripetere don Tonino Bello!
Il nostro compito è proprio quello di individuare il modo in cui Dio continua a farsi presente. L'umanità tutta è come un immenso deposito in cui sono custoditi e rinnovati i segni della presenza di Dio. È grazie all'opera fedele e costosa di tanti se l'umanità può ancora sperare: da chi assiste un malato a chi non ha smesso la passione educativa dei piccoli, da chi con la sua preghiera rammenta le promesse del Signore a chi facilita incontri e crea opportunità. Non sono segni della presenza di Dio? Dio si manifesta là dove qualcuno non ha smesso la passione per l'umano. Là dove c'è un'umanità che fa la differenza e non è preoccupata di stabilire confini di appartenenza, lì Dio continua l'opera di farsi carico dei peccati del mondo.
Quel giorno, se il Battista non lo avesse indicato presente, nessuno si sarebbe accorto di Gesù. Forse è il dramma che patiamo in questo frangente storico: non riconoscere il passaggio dell'Agnello di Dio!


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