Tempo ordinario (C) [2] - 2022



Parola che si fa vita


Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)



"Parola-sintesi" proposta per ogni domenica,
corredata da un commento e da una testimonianza.


Santissima Trinità (12 giugno 2022)
Prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà (Gv 16,14)

Corpus Domini (19 giugno 2022)
Tutti mangiarono a sazietà (Lc 9,17)

13a domenica del tempo ordinario (26 giugno 2022)
Ti seguirò dovunque tu vada (Lc 9,57)

14a domenica del tempo ordinario (3 luglio 2022)
È vicino a voi il Regno di Dio (Lc 10,9)

15a domenica del tempo ordinario (10 luglio 2022)
Hai risposto bene; fa' questo e vivrai (Lc 10,28)

16a domenica del tempo ordinario (17 luglio 2022)
Signore, non ti importa nulla… Dille dunque che mi aiuti (Lc 10,40)

17a domenica del tempo ordinario (24 luglio 2022)
Signore, insegnaci a pregare (Lc 11,1)

18a domenica del tempo ordinario (31 luglio 2022)
E quello che hai preparato, di chi sarà? (Lc 12,20)

19a domenica del tempo ordinario (7 agosto 2022)
Anche voi tenetevi pronti (Lc 12,40)

20a domenica del tempo ordinario (14 agosto 2022)
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra (Lc 12,49)

21a domenica del tempo ordinario (21 agosto 2022)
Sforzatevi di entrare per la porta stretta (Lc 13,24)

22a domenica del tempo ordinario (28 agosto 2022)
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,11)

23a domenica del tempo ordinario (4 settembre 2022)
Chi di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Lc 14,33)

24a domenica del tempo ordinario (11 settembre 2022)
Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte (Lc 15,10)

25a domenica del tempo ordinario (18 settembre 2022)
Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13)

26a domenica del tempo ordinario (29 settembre 2019)
…ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti (cf Lc 16,25)

27a domenica del tempo ordinario (2 ottobre 2022)
Accresci in noi la fede! (Lc 17,6)

28a domenica del tempo ordinario (9 ottobre 2022)
…e gli altri nove dove sono? (Lc 17,17)

29a domenica del tempo ordinario (16 ottobre 2022)
Ma il figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? (cf Lc 18,8)

30a domenica del tempo ordinario (23 ottobre 2022)
O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18,13)

31a domenica del tempo ordinario (30 ottobre 2022)
Oggi per questa casa è venuta la salvezza (Lc 19,9)

32a domenica del tempo ordinario (6 novembre 2022)
Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38)

33a domenica del tempo ordinario (13 novembre 2022)
Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto (Lc 21,18)

Cristo Re - 34a domenica del T. O. (20 novembre 2022)
Oggi con me sarai in paradiso (Lc 23,43)



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Santissima Trinità (12 giugno 2022)
Prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà (Gv 16,14)

Celebrare la festa della santissima Trinità significa riconoscere che il Dio nel quale crediamo e che amiamo è sostanzialmente amore e comunione. Fin dall'inizio della rivelazione biblica, Dio si rivela come desideroso di relazione, sia nei confronti del creato sia nei confronti dell'uomo e della donna, fatti a sua immagine e somiglianza. Noi possiamo così partecipare alla pienezza della vita divina, soprattutto in virtù del dono dello Spirito Santo. Da Lui presente in noi, ricevuto nel Battesimo e nella Cresima, veniamo misteriosamente coinvolti nell'amore trinitario, che alimenta la speranza, nutre la fede, rende forte e concreta la carità.
Ancora una volta il vangelo di questa domenica ci porta nel cenacolo e ci presenta un brano del discorso che Gesù pronuncia durante l'ultima cena. Egli promette la presenza e l'aiuto dello Spirito Santo. Questi non farà una nuova rivelazione, ma farà in modo che le parole pronunciate da Gesù vengano interiorizzate e conosciute in pienezza.
Lo Spirito ha dunque il compito di aiutare noi credenti a cogliere il dono che Gesù è stato per l'umanità, in particolare la sua passione, morte e resurrezione. In fondo ci aiuterà a comprendere sempre più in pienezza la "Parola", che è Gesù. Lo Spirito operando nel cuore di noi credenti, ci darà la possibilità di una nuova intelligenza della salvezza, donataci da Gesù. Ci donerà una nuova comprensione della storia nella quale viviamo, che è sempre storia dell'amore della Trinità per ciascuno e per tutti.

Testimonianza di Parola vissuta

APERTI AL DIALOGO

Per rispettare la mentalità laica di mio marito, pur in regime concordatario, ho voluto celebrare il nostro matrimonio con il doppio rito, e non è stato facile. Così come per i figli, la loro educazione, le nostre scelte di vita, i programmi, a volte così divergenti, sempre il mettermi nei suoi panni, vedere le cose con i suoi occhi e la sua sensibilità mi ha aiutato, anzi ci ha aiutato a crescere, a mantenere aperto il dialogo ed il confronto tra noi.
Una volta il nostro secondo figlio, aveva circa 5 anni, a tavola ci chiese perché papà non veniva a Messa con me e i figli. Cercammo di spiegare che avevamo in comune l'amore per l'umanità ma che le radici di questo erano diverse. La mamma si rifaceva a Dio Amore, papà all'amore per l'uomo. Il bambino ci guardò e disse: "Ho capito, siete come il pane nero e il pane bianco, ma sempre pane siete".

D.P.B.

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Corpus Domini (19 giugno 2022)
Tutti mangiarono a sazietà (Lc 9,17)

Lo sappiamo dai vangeli. Gesù ha annunciato il regno di Dio e si è preso cura dei più bisognosi. Anche nel brano evangelico di questa domenica, Gesù ci viene presentato nella sua attività di insegnamento. Dopo una giornata piena, siamo al declinare del giorno e il luogo è deserto. Gli apostoli prendono l'iniziativa, suggerendo a Gesù di licenziare la folla perché troppo numerosa. Il Maestro insiste affinché diano loro stessi da mangiare. I discepoli obbediscono senza discutere all'ordine impartito da Gesù; questo ordine fa scomparire in chi l'ascolta ogni dubbio e perplessità. La forza della parola di Gesù, infatti, è in grado di infondere fiducia e fugare qualsiasi timore dal cuore degli uomini.
Gesù prende i pani e i pesci, ringrazia e benedice come faceva ogni pio Israelita all'inizio del pasto e poi "spezza" il pane: è il gesto eucaristico della "frazione" del pane. Il racconto si chiude con la constatazione della sazietà di tutti e con l'accenno alla notevole quantità di cibo avanzato. Qui Gesù viene descritto come il Salvatore, che non esita a utilizzare il suo potere per gli altri. Anche in questo caso l'evangelista ci mostra che Egli è venuto per servire e dare la sua vita.
A noi che ci accostiamo a ricevere l'Eucaristia, viene data la grazia di un incontro personale (nell'ambito dell'incontro comunitario qual è la messa) con il Signore risorto. In fondo Gesù non si è mai preoccupato di sé, ma della sua missione, per amore del Padre e per amore degli uomini suoi fratelli. Così è l'Eucaristia per noi: riempie il nostro cuore (sazia) della sua stessa vita e del suo amore preveniente e gratuito, che poi noi siamo chiamati a riversare gratuitamente e senza condizioni sul nostro prossimo.

Testimonianza di Parola vissuta

QUANDO INCOMINCI AD AMARE

Da due settimane ho ripreso i miei studi all'università, dopo averli sospesi per un anno che ho vissuto in parte ad una Scuola per la formazione dei sacerdoti e in parte nella parrocchia, vivendo in comunione col presbiterio. È stato un periodo di vita intensa. Ricominciare adesso gli studi, dopo quella esperienza, per me è stato un po' duro, tanto più che l'ambiente universitario, in cui mi trovo, mi sembra freddo e senza rapporti veri. Capivo che tutto dipendeva da me, se io incominciavo ad amare veramente.
Tutto questo, che era ancora piuttosto un'intuizione, qualche giorno fa l'ho sperimentato. Nell'intervallo tra due lezioni, mi sono incontrato con un ragazzo che conoscevo appena di vista. Si avvicina e mi domanda come si svolge la mia vita, e io gli spiego che con altri cinque sacerdoti abito in un appartamento, e che cerchiamo di vivere una vita di comunione autentica, evangelica. Lo vedo molto compiaciuto, e poi mi parla di sé: mi esprime le difficoltà che trova in collegio, come si sente solo e senza rapporti con i compagni. Avrei voluto subito invitarlo a passare una giornata con noi, ma ho continuato ad ascoltarlo. E lui mi parla della sua vocazione, del suo rapporto con Dio, e persino delle sue difficoltà affettive.
Attorno a noi, nel corridoio affollato, gli altri studenti discutevano, ma per me, in quel momento che lui parlava, era come se al di fuori di lui non ci fosse nessuna altra cosa al mondo. Spontaneamente, sentivo la necessità di essere vuoto davanti a lui, vuoto anche di quella gioia e di quella libertà che senti quando incominci ad amare.
Sicché, alla fine, lui mi domanda di andare insieme in cappellina a pregare un po'. Questo per me è stato bello, perché mi sembrava che tra di noi fosse nato un vero rapporto da fratelli, in cui ogni cosa si fa con la massima semplicità.
Mi sembrava di aver trovato il mio modo di essere nell'università.

N.N.

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13a domenica del tempo ordinario (26 giugno 2022)
Ti seguirò dovunque tu vada (Lc 9,57)

Con questa domenica entriamo nella parte centrale del vangelo di Luca, che viene definita comunemente dagli studiosi come "racconto del viaggio". Descrive il cammino di Gesù verso Gerusalemme, il luogo della sua passione morte e resurrezione. Luca vuole farci conoscere, in questo capitolo, la volontà di Gesù di compiere fino in fondo la missione affidatagli dal Padre e nello stesso tempo descrive il cammino formativo di chi vuole seguire il Maestro.
Cristo, con i suoi amici, deve attraversare la Samaria e i samaritani non lo vogliono accogliere: Gesù non ne fa un problema e continua il viaggio. Il gruppo si imbatte in un tale che si dichiara disponibile a seguire Gesù, ovunque egli andrà. Luca mette in secondo piano le informazioni su quell'uomo e sull'esito dell'incontro, in modo che la nostra attenzione si concentri sull'insegnamento di Gesù. La risposta del Maestro si presenta come una massima sapienziale: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Qui è Gesù a scegliere i suoi discepoli. E in queste parole emerge una chiara consapevolezza circa la natura del nostro essere discepoli: ogni discepolo è un chiamato a condividere la condizione precaria di chi non ha neppure una pietra su cui posare il capo e può contare solo sulla Provvidenza del Padre.
Siamo dei "chiamati": riconoscenti, disponibili e pronti. Spesso invece a noi, che abbiamo la fortuna di essere "nati" cristiani, questo pensiero non viene in mente. Lo diamo per scontato. Grazie, Signore, perché mi chiami a far parte dei tuoi seguaci.

Testimonianza di Parola vissuta

L'APPAGAMENTO DELLA FEDE

Ieri sera ero veramente giù di corda. Mentre facevo le solite pulizie di casa, non ho fatto altro che piangere perché mi sentivo proprio male. Non riuscivo a capire che cosa dovevo fare per farmi passare tutto quel malessere che avevo dentro. Mi sentivo sola, i bambini si stavano rilassando guardando la tv, e poco dopo sarebbero andati a letto. Continuavo a sforzarmi e non riuscivo a trovare la soluzione. Volevo pregare, ma da sola non ci riuscivo.
Ad un certo punto mi è venuta in mente una cosa che avevo sentito: provate a fermarvi nelle vostre case e fare un piccolo momento di preghiera.
Ho chiamato i bambini e solo all'idea di passare un momento in preghiera con loro, mi sentivo già meglio. Abbiamo recitato insieme un Padre Nostro, un'Ave Maria, e poi abbiamo fatto una preghiera personale. Ho iniziato io, ho detto grazie a Gesù per quel bel momento di preghiera che avevo passato con loro e che mi aveva fatto stare bene. E loro hanno detto: grazie Gesù perché abbiamo una mamma come lei! Mi hanno abbracciato e dato un bacio. Mi sono emozionata, li ho abbracciati e mi sono messa a piangere. Poi loro sono andati a letto e io stavo meglio.
È proprio vero che l'appagamento che ti dà la Fede non ha misura.

L.F.

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14a domenica del tempo ordinario (3 luglio 2022)
È vicino a voi il Regno di Dio (Lc 10,9)

La fede cristiana è essenzialmente missionaria. Ogni cristiano in forza del battesimo è chiamato a testimoniare con la vita la propria fedeltà al vangelo "sulle orme del Maestro". Egli, dicono gli Atti degli Apostoli "passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui". Il Vangelo, di questa domenica, ci ricorda che tale missione è rivolta soprattutto ai deboli e agli emarginati di ogni luogo e di ogni tempo: malati, poveri, peccatori, uomini e donne oppressi dal male. Gesù indica lo stile della missione: "li inviò a due a due" e "davanti a sé in ogni città e luogo in cui stava per recarsi".
Il Maestro poi accorda il primato alla preghiera a sostegno dei missionari, inviati ad una messe che è "molta". Poi giunge l'imperativo "andate": essi incontreranno difficoltà e ostilità, ma non saranno abbandonati da Dio. Essi ancora sono invitati ad abbandonare tutto ciò che è superfluo per lo svolgimento della missione. I missionari sono mandati anzitutto a portare la pace, la promessa cioè di vita e comunione con Dio; quella vita e comunione che ora sono raggiungibili grazie alla salvezza donata da Gesù. Laddove i missionari saranno accolti, a loro verrà richiesto di condividere la mensa e di guarire i malati annunciando la vicinanza del regno di Dio.
Questa espressione ci dice che l'amore stesso di Dio si è fatto visibile e io lo posso sperimentare, incontrare. Allora è bello pensare che seguendo il Signore si può diventare segno vivente della misericordia di Dio. Incontrato da Gesù, piano piano, assumo il suo stile di incontro con ogni persona che mi passa accanto. E la mia vicinanza, che è amore, mostrerà il regno di Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

IL REGNO DI DIO È TRA DI NOI

Kanna è nata in una famiglia cristiana e frequenta l'asilo; tanti suoi compagni e la stessa maestra sono di altre religioni. A fine anno, la maestra saluta una ad una tutte le bambine; arrivata a Kanna, le dice: «Ti ringrazio perché ci hai fatto conoscere Gesù.
Quando ce ne parlavi, si sentiva che era vicino a te. Ci hai insegnato le preghiere che hai imparato a casa tua: sono belle. Stamattina ti ho vista quando hai regalato a una tua compagna il premio che avevi ricevuto: questo gesto mi ha commossa! Io sto per sposarmi, ma prima voglio ricevere il battesimo e mi sto preparando perché anch'io, come te, voglio credere a Gesù».

Z.J. – Giappone

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15a domenica del tempo ordinario (10 luglio 2022)
Hai risposto bene; fa' questo e vivrai (Lc 10,28)

L'amore di cui parla il vangelo odierno non conosce limiti e non discrimina nessuno, perché sgorga direttamente dal cuore di Dio. Al dottore della Legge, che desidera ereditare la vita eterna, Gesù risponde additando la via dell'amore a Dio e al prossimo. Se amare Dio significa sostanzialmente obbedire alla sua Parola con tutto il cuore e con tutta l'anima (come dirà la prima lettura di questa domenica), amare il prossimo significa farsi vicino e avere cura dell'altro, chiunque egli sia. Non dobbiamo infatti dimenticare che i primi ad essere stati amati, indipendentemente dai nostri meriti, siamo proprio noi.
Alla domanda del dottore della Legge, Gesù risponde con un'altra domanda "Che cosa sta scritto nella Legge, come leggi?". E lui risponde con esattezza: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il prossimo tuo come te stesso". L'amore prescritto dalla Legge richiede un coinvolgimento totale della persona, sia nei confronti di Dio, che nei confronti del prossimo. Gesù riconosce la bontà della risposta e lo invita a metterla in pratica: "Hai risposto bene, fa' questo è vivrai".
È bello pensare che Dio si è fatto vicino a noi e noi siamo invitati a rispondere a Lui con amore, unica realtà che conduce alla vita. E il modo concreto per amare Dio è amare il prossimo. Per Luca infatti vi è un unico comandamento verso Dio e il prossimo, che per l'evangelista è ogni uomo che mi passa accanto. Farsi prossimo è pagare di persona, offrire se stesso, accettare di donare tempo, denaro, fare senza contraccambio o riconoscimenti. Proviamo!

Testimonianza di Parola vissuta

PRIMA DI OGNI LEGGE VIENE LA PERSONA

Un mio dipendente aveva combinato un guaio con potenziali conseguenze negative anche sugli altri impiegati. Per giorni ho rimuginato sul modo di punirlo. Poi, durante la messa domenicale, il prete nell'omelia ha commentato un pensiero di papa Francesco sulla misericordia, facendomi molto riflettere. Ho compreso che mi era chiesto di guardare quell'impiegato con occhi fraterni, non da capo; che prima di ogni legge, viene la persona.
Alla prima occasione ho parlato con lui e una volta chiariti anche i motivi dei suoi "errori", insieme abbiamo capito come riparare il guaio. Come frutto di questa esperienza, ho provato una pace mai avuta prima.

F.d.Q.

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16a domenica del tempo ordinario (17 luglio 2022)
Signore, non ti importa nulla… Dille dunque che mi aiuti (Lc 10,40)

Il vangelo di questa domenica provoca i credenti in Gesù, sollecitando una riflessione sulle motivazioni che guidano il loro agire. Gesù, infatti, mette in guardia da un attivismo che a lungo andare può paradossalmente allontanare da Dio e dal prossimo. Non si tratta di contrapporre vita attiva a contemplativa, ma piuttosto di comporle affinché si possa essere contemplativi nell'azione e servizievoli nella contemplazione, attenti all'ascolto della parola di Dio senza trascurare la carità concreta nei confronti del prossimo.
Questo messaggio ci arriva dall'episodio evangelico di Marta, che ospita Gesù. Con questa accoglienza di Marta e Maria, sua sorella, Luca mostra al lettore che cosa significa amare Dio. L'episodio evangelico alterna una parte descrittiva e una parte dialogica, ed è costruito sulla base dell'evidente contrasto tra il comportamento di Marta e quello di Maria.
Gesù e i discepoli sono in cammino: già l'immagine invita a pensare al percorso formativo. Gesù entra nella casa delle due sorelle, dove immediatamente riceve ospitalità. Marta è assorbita dai preparativi per accogliere Gesù; Maria, seduta ai piedi del Signore, ascolta con attenzione la sua Parola, è concentrata sull'essenziale. Marta viene presentata come una persona "divisa" a causa delle molte preoccupazioni. Maria invece è "unificata" perché concentrata sulla Parola di Gesù. Essa incarna l'ospitalità gradita a Gesù, che come il cuore buono e integro della parabola del seminatore, consente al seme della Parola di portare frutto con perseveranza. Che il nostro servizio al prossimo nasca dall'amare Dio con cuore buono e integro.

Testimonianza di Parola vissuta

IL VANGELO HA TRASFORMATO LA MIA VITA

Nata in una famiglia benestante, il Vangelo aveva trasformato la mia vita.
Ma gli altri membri? Mia madre, ad esempio, non amava cucinare, per cui andavamo spesso al ristorante. Mi sembrava uno spreco, così ho deciso di mettermi ai fornelli per preparare i piatti che piacevano ai miei. Un giorno la nostra collaboratrice domestica si è ammalata: ecco un'altra opportunità per sostituirla nelle pulizie e altre incombenze di casa. Qualche mese dopo ho notato che anche mia madre apriva gli armadi per mettere le sue cose a disposizione degli altri. Quando il figlio tossicodipendente dell'impiegata del nostro negozio è rimasto vittima di un pestaggio, alla madre disperata abbiamo proposto di restare a casa tutto il tempo necessario ad accudire lui mentre io cercavo di fare il suo lavoro. Durante quel periodo i miei genitori, oltre a telefonarle quotidianamente per avere notizie del figlio, si sono messi a sua disposizione per ogni necessità. Con gioia, mi sono accorta che nella mia famiglia era entrata una nuova sensibilità verso i bisogni del prossimo.

Q. – Portogallo

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17a domenica del tempo ordinario (24 luglio 2022)
Signore, insegnaci a pregare (Lc 11,1)

La Parola di Dio di questa domenica ci invita a riflettere sull'importanza della preghiera. Tutti noi abbiamo l'esperienza del pregare: esso dà il ritmo alle nostre giornate e apre la nostra vita quotidiana alla dimensione dell'Infinito. Per noi la preghiera è necessaria, come respirare per il corpo. Il vangelo odierno contiene l'insegnamento per eccellenza che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli sulla preghiera: il Padre nostro. Con questa Gesù ci invita ad abbandonare le visioni distorte di un Dio severo, vendicativo, lontano e ci insegna a rivolgerci a lui come ad un Padre. Questo termine infatti evoca fiducia, abbandono, sicurezza e invita ciascuno di noi a usare la propria libertà per vivere da figlio amato e riconciliato.
L'insegnamento di Gesù parte da una domanda di un discepolo anonimo, che si rivolge a Gesù con le parole: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli". L'insegnamento di Gesù non consiste tanto nell'esemplificazione di un metodo, ma piuttosto nell'indicazione dei contenuti fondamentali che devono dare corpo alla preghiera quotidiana. Il desiderio e la conseguente domanda dei discepoli ci ricorda innanzitutto che a pregare si impara; poi che Gesù è il nostro maestro di preghiera e infine che sempre Gesù è il modello dell'orante.
Ricordiamoci che il desiderio di imparare nasce più dal piacere che dal dovere: noi abbiamo la possibilità di poter dialogare con Dio, il Dio che ci è Padre e che tutto ci dona. Proviamo in questa settimana ripetere spesso la richiesta: "Signore, insegnaci a pregare". E saremo sicuri che Gesù accetterà la richiesta.

Testimonianza di Parola vissuta

IL MOMENTO DELLA PREGHIERA

Spartaco Lucarini, già direttore e giornalista del periodico Città Nuova, era anche un uomo di preghiera. Un episodio che ricordo bene era quando in estate andavamo a Cortona dai nonni e la domenica eravamo presenti alla messa al Duomo delle 11. Lui restava assorto in preghiera, in ginocchio, dopo la conclusione della messa mentre lo aspettavamo fuori e io rientravo sempre in chiesa pregandolo di uscire, tirandogli anche la giacca. Un giorno mi ha detto: "Siediti vicino a me. Sai Fatima, io ti devo chiedere scusa ma quando parlo con Gesù, non mi accorgo del tempo che passa. È talmente così bello che non me ne rendo conto". Da quel giorno non l'ho più chiamato, rispettando questo suo momento di preghiera.

Fatima Lucarini

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18a domenica del tempo ordinario (31 luglio 2022)
E quello che hai preparato, di chi sarà? (Lc 12,20)

Per la Parola di Dio la differenza nel vivere la vita sta tra la "fede" nel Dio vivo e vero e l' "idolatria", cioè la fiducia in qualcosa-qualcuno diverso dal vero Dio. Uno degli idoli più potenti è la ricchezza. Lo sappiamo per esperienza, il possesso dei beni genera l'illusione di una sicurezza incrollabile. Le cose possedute, in se stesse, sono un dono, ma è la qualità della nostra relazione con esse a determinare tutto il nostro vissuto. Le "cose di quaggiù" sono importanti, ma vanno viste insieme a "quelle di lassù", ci ricorda san Paolo nella lettera ai Colossesi. La nostra vita è reale e preziosa, ma la "vera" vita è "nascosta con Cristo in Dio". Quindi c'è un "di più" di cui essere consapevoli e che porta ad un modo diverso di vivere. È sempre necessario che il nostro cuore rimanga desto e non si lasci irretire dai beni terreni, che potrebbero diventare un idolo.
Fa bene anche a noi la domanda del vangelo: "E quello che hai preparato di chi sarà?". Questa infrange ogni autosufficienza, ogni illusione di poter disporre totalmente della propria vita attraverso il possesso. Siamo chiamati alla condivisione. Sappiamo che noi siamo quello che doniamo. Se io tengo per me una cosa, non serve neanche a me. Perché essa serva devo metterla in circolo. Chiediamo al Signore un cuore sapiente capace di condividere quello che ha, consapevole che "anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede".

Testimonianza di Parola vissuta

NEL NORD EST DEL BRASILE

A Joaquin Nabuco, diocesi di Palmares nello Stato di Pernambuco, viveva un'anziana signora che da giovane per campare aveva fatto la prostituta. Ora era una cristiana convinta e da quando aveva conosciuto il Movimento dei Focolari viveva seriamente le parole del Vangelo.
Un giorno un povero bussò alla sua porta. Lei lo accolse come avrebbe accolto Gesù e, invitandolo a entrare, gli disse: "Come vedi non ho nulla da darti. Sto cucinando l'ultimo pugno di riso e l'ultimo piatto di fagioli che mi restano. Ma se tu ti riposi un po', io preparo la tavola e mangiamo insieme". Il povero accettò e consumarono insieme il frugale pasto con nel cuore una grande gioia. Il povero a un certo punto chiese perché tanta attenzione verso di lui. E lei poté rivelargli il suo segreto: "Perché in ogni povero c'è Gesù".
La vecchietta stava allevando un porcellino con i rifiuti che ogni giorno all'ora opportuna andava raccogliendo di casa in casa. Avendo saputo dell'incontro di spiritualità di alcuni giorni presso un centro del Movimento dei Focolari, diede il suo nome per iscriversi. Per pagarsi le spese del viaggio, decise di vendere il porcellino, che era l'unica sua ricchezza.
La comunità parrocchiale, dopo aver scoperto questa donna incredibile diventata per tutti un esempio luminoso di vita evangelica, si prese cura di lei per anni. Quando morì la vestirono come fosse la persona più importante della città e il funerale fu una grande festa. I parrocchiani vedevano realizzate in lei quelle parole che Gesù aveva detto: "Le prostitute vi precederanno nel Regno dei Cieli".

Da "Un'avventura nell'unità" di Enrico Pepe

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19a domenica del tempo ordinario (7 agosto 2022)
Anche voi tenetevi pronti (Lc 12,40)

Il tema che lega tra loro le letture dell'odierna liturgia riguarda essenzialmente la fede, virtù fondamentale per la vita del discepolo, assieme alla speranza e alla carità.
La fede non è soltanto un credere intellettuale ad alcune verità, ma è una relazione: è riporre la propria fiducia in Dio. Per questo Luca ci invita a spostare il baricentro del proprio cuore dai forzieri e dalle banche, al vero tesoro che non marcisce mai e che nessuno potrà depredare. Questo tesoro, secondo il terzo vangelo, è il prossimo, in particolare i poveri e i più bisognosi, con i quali Dio ama identificarsi.
Capiamo che la scelta domanda vigilanza. Per questo Gesù ci invita a "tenerci pronti". Questo aggettivo "pronto" può avere una sfumatura passiva (come nel caso "la cena è pronta") e una sfumatura attiva (come nel caso "sono pronto a fare qualcosa). Le due sfumature di significato vanno mantenute, perché i discepoli, preparati da Gesù ad affrontare le sfide della storia e del mondo, sono invitati a tenersi pronti, nell'attesa dell'incontro con il Signore.
Essere pronti significa vivere un'attesa tutt'altro che passiva nella consapevolezza che siamo costantemente sollecitati a scegliere tra due vie. Quella del bene che porta alla salvezza e quella del male, che provoca solo distruzione. Così, o si vive ripiegati sui propri interessi egoistici, oppure si vive nella consapevolezza di dover arricchire presso Dio a favore del prossimo, prodigandosi per il bene degli altri. È pronto chi ama: una mamma e un papà sono sempre "pronti" per i propri figli.
Vorremmo anche noi, in questa settimana, far sì che la nostra "prontezza" nasca dal nostro amore a Dio e ai fratelli. E siccome la presenza di Dio è continua e sicura facciamo sì che il nostro cuore sia sempre pronto a questo incontro.

Testimonianza di Parola vissuta

SE MUOIO, TI INCONTRERÒ, GESÙ

"Domani – disse il medico – la metteremo in isolamento". Mi sentii come un'appestata. Sapevo che qualcuno per quel male era morto. Morire! Non mi faceva paura il dolore che s'accomuna all'ultima battaglia per la vita, ma acuto come una spada in cuore sentii il distacco dai miei. Non li avevo salutati. E ora forse non li avrei più visti. Piangevo. Eppure, morire voleva dire incontrarsi con Gesù che amavo. Mi sembrava però che l'amore dato e ricevuto qui in terra da tanti mi legasse quaggiù e il volo verso l'alto fosse faticoso. Questi li conoscevo, quello non ancora bene.
Eppure avevo cercato sempre di amare Gesù in ogni prossimo: parenti, amici, conoscenti, sconosciuti! "Eri tu, Gesù, che ho amato e trovato in ognuno, quello stesso che – se ora muoio – incontrerò". Quest'ultimo pensiero lentamente mi diede pace.
Rimasi a lungo in isolamento, con alti e bassi della malattia, ma quasi avvolto da una presenza arcana con la possibilità di parlare a quell'Unico che mi ascoltava e che potevo ascoltare.

F.C.

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20a domenica del tempo ordinario (14 agosto 2022)
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra (Lc 12,49)

Le letture odierne invitano al coraggio e alla perseveranza nella fede. Credere in Dio è certamente un grande dono ed è fonte di pace e di gioia. Tuttavia chi crede deve mettere in conto ostilità e persecuzioni da parte di un mondo che spesso vive in radicale opposizione al disegno di Dio. Ciò non deve spaventare, ma deve ricordare che la fede non è un gioco e che non sono ammessi compromessi.
Il brano del vangelo di questa domenica si apre con due affermazioni che ci fanno conoscere la missione di Gesù e di riflesso anche la nostra di cristiani. "Sono venuto a gettare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato, finché non sia compiuto!".
Nella Parola di Dio l'immagine del fuoco è usata spesso. Per indicare anzitutto Dio stesso. Il Dio santo dinanzi al quale è impossibile resistere, e al tempo stesso, il Dio che arde di amore nei confronti del suo popolo. Sempre nell'Antico Testamento il fuoco indica il giudizio, la Parola di Dio e la purificazione dei tempi ultimi.
Nel Nuovo Testamento poi il fuoco della Pentecoste indica lo Spirito Santo, che Gesù dona ai suoi amici. Questo fuoco è il frutto finale della sua missione, il compimento di tutto il disegno di Dio. Nell'Eucaristia il discepolo riceve lo Spirito. È un fuoco che neanche le acque degli inferi possono estinguere: è l'amore di Dio per ciascuno di noi, che sgorga dalla morte di Gesù.
Questo brano è caratterizzato dall'urgenza. È l'urgenza dell'amore donato a noi dal Figlio; e in noi l'urgenza di accogliere questo amore, di lasciarsi amare da Dio e di diventare a nostra volta solo amore per chi ci incontra.

Testimonianza di Parola vissuta

RIMBOCCARSI LE MANICHE

In questi ultimi tempi un mio cugino che ha sempre tenuto a dichiararsi miscredente mi ha confidato di aver letto l'enciclica di papa Francesco Fratelli tutti. Di questo testo lo ha colpito in particolare un'affermazione: è quando dice che non basta aiutare la gente ad attraversare il fiume, ma bisogna costruire dei ponti. Questa frase è diventata per lui una specie di esame di coscienza. Mi diceva infatti: «Pensavo che nella vita bastasse essere onesti e fare il bene che si può. Ma costruire un ponte… capisci cosa significa? Vuol dire rimboccarsi le maniche, mettersi al lavoro, e a questo sinceramente non avevo mai pensato. Ciò richiede intelligenza, tempo, anche umiltà: perché non sempre ce la fai a far tutto sempre da solo, a volte bisogna chiedere l'aiuto degli altri…».
E ha concluso dicendo: «Insomma, qualcosa in me sta cambiando. Non che io abbia trovato la fede come ce l'hai tu, ma mi ritrovo ad acquisire una visione diversa del bene».

G. S. - Ungheria

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21a domenica del tempo ordinario (21 agosto 2022)
Sforzatevi di entrare per la porta stretta (Lc 13,24)

Il vangelo che oggi ascoltiamo ci ricorda, con toni estremamente provocatori, che non basta "chiamarsi" discepoli di Gesù e non basta nemmeno un'adesione formale ed esteriore ai suoi insegnamenti. Occorre avere il coraggio di decidersi seriamente per Gesù, imparando da Lui cosa significa obbedire fedelmente alla volontà di Dio, affrontando il buon combattimento della fede, come suggerisce san Paolo a Timoteo, e sforzandosi di entrare per la porta stretta, come ci indica Gesù.
È Cristo la porta: attraverso di Lui tutti gli uomini sono salvati, perché il suo cammino verso Gerusalemme va incontro ad ogni uomo e donna. Unico biglietto di ingresso è il bisogno. Resta fuori chi "sta bene". La falsa sicurezza e la presunta giustizia sono l'unico impedimento. Per entrarvi basta riconoscersi peccatori davanti al perdono di Dio. Nessuno si salva per i propri meriti, ma tutti siamo salvati. Il tempo presente è "l'anno di grazia", che ci è concesso per convertirci alla sua grazia.
La porta è dichiarata stretta perché l'io e le sue presunzioni non vi passano. La salvezza è dono. Costa solo la fatica di aprire il cuore e la mano per accoglierlo. Il dono non toglie la nostra iniziativa. La porta della salvezza è stretta perché richiede l'umiltà: va lasciato fuori il protagonismo dell'uomo. Convertirsi è accettare di vivere della sua misericordia.
Cosa possiamo fare noi? Non avere le mani rattrappite (Luca 6,6ss); entrare nella contemplazione (Rm 15,30, Col 4,12, Gn 32,23ss); bussare nella notte per ottenere il pane (Luca 11,5); pregare con insistenza per ricevere lo Spirito (Luca 11,9ss). Perché, lo sappiamo: nelle cose spirituali è necessaria la lotta.

Testimonianza di Parola vissuta

«L'AVETE FATTO A ME…»

Mia cognata attendeva il terzo bambino, non desiderato, ed era in dubbio se portare avanti la gravidanza. Quando le proposi di prendere io il bambino, eventualmente, mi chiese: «Saresti disposta anche se dovesse nascere handicappato?».
Avevo già una figlia così, che per me è un continuo sprone a vivere la frase di Gesù «L'avete fatto a me…». Risposi: «Lo vorrei ugualmente». Mia cognata si sentì sollevata. Oggi la sua famiglia è arricchita da una bellissima bambina che è la gioia di tutti. Sono grata a Dio e a mia figlia che è stata strumento perché l'altra nascesse.

L.Z. - Spagna

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22a domenica del tempo ordinario (28 agosto 2022)
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,11)

Le letture odierne trasmettono un prezioso insegnamento sull'umiltà, atteggiamento che, almeno agli occhi del mondo, non gode di grandissima stima. L'umile infatti, secondo i criteri della mondanità, spesso è ritenuto un perdente e, in quanto tale, viene relegato ai margini della società.
L'insegnamento di Gesù oggi va in due direzioni: non pretendere posti, cioè non assumere di fronte a Dio e agli altri l'atteggiamento del superbo che vede e apprezza solo se stesso, ed essere generosi e disinteressati. Queste due indicazioni sono anche le due migliori medicine per vincere l'orgoglio e la superbia. Esse ci consentono una vita migliore, più serena davanti a Dio e al prossimo. In questo modo possiamo avere accesso al mistero di Dio, che è una Persona da seguire e da imitare: Gesù. Imparare da Lui "mite e umile di cuore", vuol dire conoscere e vivere il mistero di Dio, entrare nella sua vita e contribuire a rendere migliore la nostra e quella del mondo.
Capiamo che non si tratta di norme di galateo o di tatticismi. Ci viene fatto conoscere il pensiero e lo stile di Gesù, che valuta in modo opposto al nostro. Egli ha scelto l'ultimo posto, si è fatto servo di tutti, si è umiliato. Suoi amici sono quanti fanno altrettanto! Il cristiano che lo ama e lo segue, lo cerca lì. Dio ama l'uomo, ciascuno, com'è, cioè "humus", terra, e lo innalza alla sua gloria. Come ha fatto con Maria: "ha guardato l'umiltà della sua serva" e "grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente". Per questo "d'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata".

Testimonianza di Parola vissuta

LA LIBERTÀ DI AMARE E ESSERE AMATI

Mio marito ed io eravamo tornati a casa così stanchi e tesi che, perso il controllo, avevamo discusso in maniera talmente violenta da temere che il nostro matrimonio fosse arrivato alla fine. Mi sono adoperata poi per "ricucire" la situazione, ma lui continuava ad essere molto arrabbiato per il mio modo di fare. L'indomani sarei dovuta andare ad aiutare una famiglia molto povera. Ma questa non sarebbe stata una scappatoia se prima non ristabilivo la concordia e la pace con mio marito? Anche se mi ritornavano di continuo alla mente tutte le mie buone ragioni, ho cercato di vincermi. Fra l'altro, quello stesso giorno lui avrebbe avuto un incontro importante: superando un certo timore della sua reazione, gli ho telefonato e gli ho chiesto perdono. Tutto è stato cancellato, ho sentito la libertà di sentirmi amata e questo ha dato senso anche al mio prodigarmi per gli altri.

F. – Panama

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23a domenica del tempo ordinario (4 settembre 2022)
Chi di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Lc 14,33)

Dopo la sosta nella casa del fariseo anonimo, Gesù riprende il viaggio verso Gerusalemme. È attorniato da numerosa folla. La ripresa del cammino fornisce al Maestro l'occasione per impartire un insegnamento sapienziale sul significato autentico dell'essere discepoli. Luca, l'evangelista, sottolinea la radicalità della proposta di Gesù. Il discepolo è invitato dal Maestro ad un amore esclusivo nei suoi confronti, tanto da essere disposto a rinunciare alla propria vita per causa sua. Il discepolo è chiamato ad un amore totalmente gratuito, sull'esempio di Gesù, che non ha esitato a perdere la propria vita per la salvezza del mondo. In altre parole il cristiano è chiamato ad amare per amore di Gesù, non per amore di sé, dei propri cari o di ideali, che per quanto nobili, restano sempre troppo umani.
E Gesù non dice "non può diventare mio discepolo", ma "non può essere mio discepolo". Perché l'essere discepolo non dipende da noi, ma da Gesù: è Lui che chiama ed è Lui che decide. Il cristiano è chiamato a liberarsi dalle false sicurezze cui è tentato di aggrapparsi per concentrarsi sull'unica certezza, che è la Parola di Dio, vera ricchezza per chi crede. Il discepolo ha il coraggio di "rinunciare" alle tante sicurezze che il mondo offre, soprattutto quelle del possesso dei beni materiali. Per seguire Gesù, occorre "congedarsi" da tutto ciò che ostacola e impedisce un'adesione totale di sé alla persona di Gesù e al suo Vangelo. Il discepolo allora è uno che accoglie una Parola esigente, sapendo che è parola di vita. Percorre un cammino come quello della croce, sapendo che è l'unico che porta alla resurrezione; si distacca dai beni per essere libero di amare Dio e il prossimo. Rinuncia perché ha trovato il tesoro.

Testimonianza di Parola vissuta

L'UNICO BENE

Da ragazza avevo fatto parte di un gruppetto di amiche piuttosto particolare. Eravamo molto diverse fra noi: c'era chi studiava e chi lavorava, chi veniva da un ambiente facoltoso e chi no. Ma il Vangelo che cercavamo di vivere così come ne eravamo capaci azzerava le differenze.
Fra l'altro la nuova mentalità entrata in noi ci faceva mettere in comune le nostre cose e rinunciare ai soldi destinati ad un certo acquisto, se ci accorgevamo che una di noi non poteva comprarsi qualcosa di necessario o per aiutare qualche povero.
Anni dopo, venendo a mancare i genitori, ho ricevuto con i fratelli la mia parte di eredità, non piccola dato che eravamo una famiglia agiata. Ma ormai Dio mi aveva chiamata a una vita di consacrazione, e in me risuonava forte l'invito di Gesù al giovane ricco: "Va', vendi quello che hai e dallo ai poveri. Poi vieni e seguimi".
Sembra banale, ma quando ho dovuto incartare certe porcellane di Limoges appartenute alla nonna per venderle, per me è stato il concreto rinunciare a una sicurezza umana per avere l'unico bene che è Lui.

Franca - Italia

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24a domenica del tempo ordinario (11 settembre 2022)
Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte (Lc 15,10)

Il tema che accomuna le letture odierne è la misericordia di Dio nei confronti degli uomini. E sappiamo che la rivelazione della misericordia di Dio raggiunge il culmine nella presenza di Gesù in mezzo a noi: è Lui il volto visibile della misericordia di Dio. Questa non si può comprare, si può solo ricevere come un dono. Per farci comprendere questo, l'evangelista Luca ci racconta tre parabole: la pecora smarrita, la moneta perduta e il padre misericordioso. L'inizio del capitolo 15 fornisce lo spunto concreto perché Gesù possa proclamare le tre parabole della miseri-cordia: "Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro. Ed egli disse loro questa parabola...".
Luca ci dice che noi possiamo perderci allontanandoci dalla comunità; ma possiamo perderci anche in "casa" cioè restando fisicamente nella comunità. La conversione è questione di cuore: solo la misericordia di Dio tocca il cuore e lo cambia. Per mantenerlo nuovo poi è necessaria la Parola di Dio accolta e messa in pratica. Nella parabola della pecora perduta, Luca ci tiene a sottolineare che lo sforzo non è compiuto dalla pecora, ma dal pastore, che fa di tutto per cercarla e recuperarla. La conversione è frutto prima di tutto di Dio che va alla ricerca di chi è lontano da Lui. Per Dio infatti siamo in ogni caso un bene prezioso. E il ritrovamento vale bene una festa: gioia in cielo, una gioia condivisa con gli angeli. Nessun rimprovero, nessuna predica, nessuna rivendicazione; solo l'immensa gioia provocata dal ritrovamento e dal ritorno a casa. Anche noi, comunità cristiana, dovremmo essere "casa accogliente", dovremmo essere capaci di essere attrattivi, non perché tutto va bene, ma perché abbiamo un cuore come quello di Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

"MI SONO LASCIATO COINVOLGERE"

Lo avevo incontrato per strada che chiedeva una sigaretta. Non fumo e gli ho offerto, se voleva, un caffè. Al bar mi disse che da giorni non mangiava. Ci incontrammo altre volte e venni a sapere che era venuto in Italia in cerca di "successo" e per rifarsi una vita dopo il fallimento del suo matrimonio. Aveva consumato tutti i soldi che aveva ed era entrato nel giro della droga.
Più conoscevo la sua situazione e più forte si faceva l'idea di non lasciarmi coinvolgere da una vita così oscura. Eppure sembrava sincero.
Forse per la prima volta mi son trovato nella condizione di fare qualcosa per qualcuno, senza sapere se era giusto.
Mi sono lasciato coinvolgere… Dopo varie peripezie e scoperte di lati ancora più oscuri, accettò alcuni miei consigli. Tornò nella sua patria e ripartì da zero con una vita ordinata. Un giorno mi telefonò: "Mi hai insegnato il vero valore della vita: amare senza attendere nulla in cambio".

T.M.

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25a domenica del tempo ordinario (18 settembre 2022)
Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13)

La parabola evangelica di oggi a noi sembra sconcertante. Ci presenta infatti un amministratore infedele e disonesto. Lo sguardo di Gesù, come sempre attento osservatore, vede una persona che si lascia prendere la mano dalla ricchezza, senza tanti scrupoli. E quello che sorprende di più è la parola del padrone che loda l'amministratore infedele e l'invito di Gesù: "fatevi amici con la ricchezza disonesta...". E allora quale messaggio possiamo cogliere? Certamente è da escludere che siano lodate la disonestà e l'infedeltà per se stesse. Ad essere lodata è la scaltrezza, la prontezza, la capacità di mettere tutte le proprie forze a servizio di un obiettivo. La scaltrezza dell'amministratore infedele è espressione di una dedizione totale ad un idolo: la ricchezza.
Gesù però ammonisce che non possiamo servire (= diventare schiavi di) Dio e la ricchezza. L'amministratore infedele fa della ricchezza il suo idolo, non vuole perderla, mette al servizio del suo "stare bene", del denaro, del successo, ogni cosa, anche l'agire onesto. Gesù allora dice a noi, che invece vogliamo appartenere a Dio, che a Lui possiamo sottomettere tutto. La fede ha bisogno di scaltrezza, di decisione e di dedizione. La fede, che è una relazione con Dio, non ci impoverisce, ci conduce alla nostra vera ricchezza, al nostro autentico "stare bene", alla piena realizzazione della nostra vita. È Dio quindi che possiamo servire e per Lui ogni nostro prossimo. Come Gesù che "da ricco che era, si fece povero per arricchirci". Cristo non ci ha arricchito con la sua ricchezza, ma con la sua povertà, cioè con il suo amore che l'ha spinto a donarsi totalmente a noi. E ci ha donato tutto. Chiediamo al Signore un cuore libero dalla ricchezza per amare concretamente, con le nostre ricchezze, ogni nostro fratello e sorella.

Testimonianza di Parola vissuta

OLTRE IL PORTAFOGLIO…

Si sa che il lockdown ha significato per molti la perdita di lavoro, la cassa integrazione, il mancato rinnovo di contratti. Così molte famiglie si sono trovate immediatamente in difficoltà economica.
Un giorno ricevo una mail da una paziente in gravidanza. Mi chiede scusa per il mancato appuntamento e mi spiega che non può permettersi il costo della visita. Mi scrive anche se, gentilmente, le prescrivo gli esami da fare in quel periodo di gestazione. Le invio la lista degli esami rispondendole che poi li avrei letti e valutati volentieri. Poi un pensiero: questa visita è molto importante per valutare il regolare procedere della gravidanza, non va persa! Così le scrivo per fissare un appuntamento per una visita gratuita. La sua reazione è stata veramente positiva! Penso che questo sarà il primo di altri casi simili a seguito della grossa crisi economica per cui sto pensando ad una soluzione che possa agevolare queste famiglie.

L.V.

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26a domenica del tempo ordinario (25 settembre 2022)
…ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti (Lc 16,25)

Il racconto evangelico ci parla di un ricco, di cui non è detto il nome, e del povero Lazzaro. Del ricco si dice che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo e che "ogni giorno si dava a lauti banchetti". La descrizione del povero è più particolareggiata e occupa più spazio rispetto a quella del ricco. Innanzitutto si dice il nome "Lazzaro", che significa "Dio viene in aiuto". Poi si aggiunge che era "scaraventato" alla porta del ricco, coperto di piaghe e affamato; solo i cani lo avvicinavano. Ad un certo momento entrambi muoiono e mentre il ricco, sepolto in terra, si ritrova tra i supplizi dell'inferno, Lazzaro viene portato dagli angeli "nel seno di Abramo". Il racconto, che descrive con immagini concrete il prima e il dopo la morte di entrambi, non si esaurisce con il capovolgimento della situazione dall'agio senza ritegno per il ricco e per Lazzaro dalla povertà all'accoglienza accanto ad Abramo.
Dalla considerazione della definitività della situazione dolorosa di colui che è stato ricco ne viene un invito alla conversione per noi, che siamo ancora nella possibilità di dare un orientamento diverso alla nostra vita. La parola del vangelo ci invita ad essere sempre riconoscenti al Signore per tutti i doni che ha posto nelle nostre mani e la capacità di condividere i beni materiali con coloro che sono nel bisogno e anche il crescere insieme nella condivisione dei beni spirituali per essere sempre più comunità, famiglia dei figli di Dio. I poveri ci ricordano chi siamo, la nostra fragilità originaria. Le cose più grandi: respiro, amore, vita non sono acquistabili e controllabili: sono dono. Perché anche noi diventiamo dono.

Testimonianza di Parola vissuta

SAPER GUARDARE AGLI ALTRI

Questo periodo di "isolamento" ha rallentato i miei ritmi perché non devo più recarmi a Milano per lavoro e tornare a casa la sera tardi. Sono sposata da poco e credo di aver visto ben poche volte la mia casa con la luce del giorno. Nonostante il momento sia drammatico, per me è un sollievo: finalmente posso prendermi del tempo, stare con mio marito ed è anche l'occasione per maturare decisioni importanti per il nostro futuro di coppia. Il lavoro a Milano è molto stimolante. Difficilmente, in futuro, potrò lavorare ancora in un contesto simile, ma sto soppesando con tranquillità i costi e i benefici che quest'impiego porta nella mia vita: vorrei viverlo in un modo diverso da ora. Avendo più tempo, posso guardarmi intorno e capire cosa fare di concreto per gli altri, pur rimanendo a casa. Abito in un condominio e mi è venuto in mente di stampare alcune copie dell'autocertificazione, pensando che non tutti possiedono una stampante. Le ho deposte in una busta all'ingresso: sono andate a ruba, qualcuno ha anche ringraziato con un bigliettino! L'amore si mette in moto!

F.F.

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27a domenica del tempo ordinario (2 ottobre 2022)
Accresci in noi la fede! (Lc 17,6)

L'odierna liturgia della Parola sollecita i credenti a riscoprire il valore della gratuità. Ciascuno è invitato a vivere, secondo la personale vocazione, nell'amore autentico a Dio e al prossimo.
Il brano del vangelo comincia con un'invocazione a Gesù: "Accresci in noi la fede!". Per comprendere il motivo di tale richiesta occorre tenere presente l'insegnamento, che Gesù ha appena pronunciato, sull'inevitabilità degli scandali e sulla necessità del perdono illimitato. È evidente che quelle parole di Gesù avevano impressionato i discepoli. Ed essi avevano capito che per poter superare gli scandali, oltre che non causarli, e per riuscire a perdonare in maniera illimitata, occorre un supplemento di fede, che venga in soccorso alla fragilità umana. Questa fede è un dono che solo il Signore può dare e accrescere.
A Gesù non interessa la "quantità" della fede, ma la sua "qualità". Essa infatti è la capacità e la possibilità del credente di fidarsi totalmente di Dio, senza alcuna riserva, permettendogli così di manifestare la sua potenza e di operare quei prodigi, che gli uomini non sarebbero in grado di attuare, come per esempio di perdonare senza stancarsi mai.
La fede è legata alla grazia, al dono che viene dall'alto; non è una conquista umana, ma è assecondata dal comportamento umano. Quali sono gli atteggiamenti richiesti? Un animo retto, che ricerca la verità e la giustizia; essere misericordiosi, capaci cioè di vivere nell'accoglienza; la capacità di fidarsi di Colui che può sostenerti quando la vita presenta difficoltà umanamente insopportabili; la fede poi ci porta anche nel campo dell' "inutilità"; infine, essa caratterizza chi si lancia in un progetto apparentemente superiore alle sue forze: basta pensare ai fondatori di famiglie religiose e carismatiche.

Testimonianza di Parola vissuta

IL PRIMO GRADINO

Il marito barbaramente ucciso pochi minuti prima, lei annichilita dal dolore. Gemma Capra, vedova del commissario Luigi Calabresi assassinato nel 1972 da un commando armato, ha fissato quei momenti nel libro "La crepa e la luce", intenso diario dell'anima, storia di dolore e ripartenza.
Così descrive i momenti immediatamente successivi alla morte del marito che don Sandro, il sacerdote che li aveva sposati, le aveva appena comunicato con un filo di voce. "Era come se qualcuno mi avesse presa in braccio e io, abbandonata in quell'abbraccio, capii, seppi, senza ombra di dubbio, che ce l'avrei fatta (…) perché non ero sola (…). Piena di quella sensazione mai provata, feci una cosa assurda e inspiegabile. Io, una ragazza di 25 anni a cui avevano appena ammazzato il marito, strinsi le mani di don Sandro e mormorai: diciamo un'Ave Maria per la famiglia dell'assassino".
Il giorno dopo sul "Corriere della sera" viene pubblicato il necrologio della famiglia: "Padre, perdona loro che non sanno quello che fanno", le parole di Cristo sulla croce. "Quelle parole, anno dopo anno, sono fiorite dentro di me fino a fare di quel necrologio una corda che mi ha aiutata a risalire la china, e il primo gradino su cui ho, senza nemmeno saperlo, posato il piede nel percorrere la mia strada di perdono".

Giorgio Paolucci – Avvenire 21/08/22

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28a domenica del tempo ordinario (9 ottobre 2022)
…e gli altri nove dove sono? (Lc 17,17)

Il tema che percorre la tre letture della Parola che ascoltiamo in questa domenica è la gratitudine nei confronti di Dio per i suoi innumerevoli benefici.
Nel vangelo troviamo Gesù, che è in viaggio verso Gerusalemme e sta attraversando la Samaria e la Galilea. Nel cammino Egli incontra un gruppo di dieci lebbrosi, i quali si rivolgono a Lui con un grido disperato: "Gesù, maestro, abbi pietà di noi". Gesù li invia dai sacerdoti, secondo la prescrizione della Legge e nel cammino essi sono purificati. Uno, un Samaritano, torna indietro alla ricerca di Gesù: "vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo". Il fatto che si tratti di un Samaritano mostra che la misericordia di Dio raggiunge tutti, anche i più lontani. Gesù gli rivolge una parola carica di speranza: "Alzati e va': la tua fede ti ha salvato!". Quell'uomo aveva percepito il significato profondo di quello che gli era capitato incontrando la persona di Gesù.
Rendere grazie è riconoscere che della nostra vita non siamo noi gli attori principali, ma è Dio. Quella purificazione cambia radicalmente la vita perché offre la visione di un Dio che si interessa della creatura, alla quale ridona le relazioni con gli altri. Gratitudine e fede camminano di pari passo.
In questa settimana possiamo verificare, nella nostra vita quotidiana, quanto siamo riconoscenti al Signore per i suoi doni e come la nostra adesione filiale si esprime nella lode e del grazie. "Tutto è grazia", dice il protagonista del "Diario di un curato di campagna" del Bernanos: tutto, ma proprio tutto: le cose grandi e quelle piccole, gli incontri quotidiani e quelli straordinari, le gioie e le difficoltà. Tutto è grazia, per questo posso dire grazie.

Testimonianza di Parola vissuta

CON UN BACIO

Joy dopo un'esistenza fatta di eccessi e di promiscuità ha contratto l'Aids, abita con il figlio – al quale durante la gravidanza ha trasmesso il virus - dentro una baracca di lamiera in uno slum di Nairobi. La famiglia l'ha rinnegata, nessuno osa avvicinarla perché è infetta, la solitudine è la sua unica compagna. Solo le assistenti sociali della vicina parrocchia vanno a trovarla ogni settimana e un giorno le fanno conoscere un sacerdote, al quale la donna confida la sua disperazione. Dopo averla ascoltata, il prete le dice: "Joy, tu non sei la tua malattia, sei una creatura amata da Dio". E le dà un bacio sulla fronte.
Quel gesto rompe la crosta cresciuta intorno al suo cuore e segna l'inizio di un cammino di rinascita: la donna accetta l'invito a partecipare al Meeting Point, un gruppo di donne che si radunano in parrocchia per condividere le fatiche della malattia, farsi compagnia e coltivare il valore dell'amicizia.
Dopo qualche mese, Joy chiede di ricevere il battesimo, alla fine della cerimonia vuole parlare ai presenti: "Non credevo che mi sarebbe capitato di ringraziare Dio per l'Aids. È stato attraverso questa malattia che l'ho incontrato e la mia vita è cambiata. Oggi ho qualcosa per cui sperare".

Giorgio Paolucci – Avvenire 29/08/22

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29a domenica del tempo ordinario (16 ottobre 2022)
Ma il figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? (cf Lc 18,8)

Il vangelo odierno costituisce una catechesi sulla preghiera: "diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai". La parabola narrata da Gesù vede confrontarsi tra loro due personaggi agli antipodi. Da un lato viene presentato un "giudice disonesto", che non teme Dio e non ha rispetto nei confronti di alcuno. Dall'altro lato viene presentata una vedova, la cui situazione era precaria. Essa aveva ricevuto un danno e veniva trascurata da chi avrebbe dovuto tutelare i suoi diritti. L'unica arma che possiede per difendersi dai soprusi è l'insistenza nel rivendicare i propri diritti. Per quel giudice, l'unico modo per liberarsi da quella scocciante insistenza, è cedere e accondiscendere alla richiesta della donna. Gesù interviene per darne la corretta interpretazione.
Lungi dall'esaltare il comportamento deplorevole del giudice, Gesù ribadisce che Dio ascolta il grido di coloro che hanno riposto in lui ogni speranza e soddisferà la loro sete di giustizia. Gesù ci tiene a sottolineare che la preghiera sincera e perseverante non rimarrà senza risposta, anche se talvolta si ha l'impressione che Dio "tardi" ad esaudirla. Ciò che veramente importa è che i credenti perseverino in un atteggiamento di orazione e di fede, come emerge dalla domanda finale: "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".
Gesù, in fondo, ci ricorda che la misura della fede è una preghiera perseverante. Pregare non significa tanto riempirsi la bocca di parole; significa piuttosto vivere umilmente in conformità alla volontà di Dio, camminando nella storia con cuore puro, semplice e disponibile ad accogliere il regno di Dio e ogni fratello.

Testimonianza di Parola vissuta

PREOCCUPAZIONI

Non mi sentivo tranquillo per la situazione di alcuni miei nipoti rimasti orfani e mi chiedevo se la mia consacrazione a Dio, che mi aveva chiamato in un'altra città, fosse giusta.
Nelle preghiere affidavo a Dio tutte queste preoccupazioni e ogni volta rinnovavo il mio impegno a far bene la mia parte lì dove ero, sicuro che lui avrebbe risolto ogni problema.
Una sera, confidando in comunità quello che mi pesava, sono fiorite delle idee, delle soluzioni reali che neanche potevo immaginare. Ho avvertito chiaramente la grazia dell'essere uniti in Cristo, ma soprattutto si è consolidata la fede nell'unico Padre che non dimentica nessuno dei suoi figli.

D. N. - Kenya

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30a domenica del tempo ordinario (23 ottobre 2022)
O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18,13)

Con la parabola del fariseo e del pubblicano, l'evangelista Luca continua il discorso sull'importanza della preghiera per la vita dei credenti. Oggi ci parla dello stile che deve caratterizzare la preghiera e, più in generale, il giusto modo di relazionarsi a Dio. Non si può dimenticare che la salvezza è un dono gratuito di Dio. Occorre allora togliere dal cuore ogni giudizio verso tutti gli altri.
La parabola inizia con la presentazione dei due protagonisti: un fariseo e un pubblicano. Il fariseo innalza a Dio una preghiera di ringraziamento il cui centro, però, non è il Signore, ma il proprio io. Dall'alto della sua presunta bontà, egli giudica gli altri uomini, quasi che tutti fossero ladri, adulteri, ingiusti e solo lui fosse santo dinanzi a Dio. Poi passa ad elencare le sue opere: egli non si limita ad osservare i comandamenti della Legge, ma fa molto di più. Anche il pubblicano, come il fariseo, sale al tempio a pregare, ma con una disposizione d'animo decisamente diversa. Si ferma "a distanza", non alza lo sguardo verso Dio. Battendosi il petto, riconosce la propria miseria, invocando la misericordia di Dio, ben consapevole di non avere meriti da rivendicare. Poche parole, pochi gesti e soprattutto nessuna ostentazione: questa è la preghiera del pubblicano, una preghiera che, come Gesù stesso riconoscerà, è gradita a Dio.
Certamente Gesù non loda la vita del pubblicano, così come non disprezza le opere del fariseo. Però tiene a ribadire che l'unico modo corretto di porsi davanti a Dio nella preghiera, che scaturisce dalla vita, è di sentirsi bisognosi del suo amore e della sua misericordia. Questo non solo a parole, ma anche con i fatti, cioè con quelle opere buone che, se compiute nell'amore, rendono gradita la nostra preghiera.

Testimonianza di Parola vissuta

NON MERITAVA IL PERDONO

Nell'internato dove alloggio per motivi di studio, divido la stanza con un'altra ragazza. Un giorno abbiamo litigato di brutto per un banale motivo e vivere con lei mi è diventato difficile.
Alla Messa della domenica le letture del Vangelo parlavano di perdono… e in me c'è stato tutto un ribollimento! Era giusto quanto ascoltato, ma mi giustificavo col fatto che il mio caso era diverso. La mia ex-amica non meritava il perdono. Per giorni quel pensiero non mi ha dato pace: perdonare va bene, ma non lei!
Una sera mi ha telefonato mia madre: aveva bisogno di sfogarsi con me dopo un litigio con papà e concludeva: "Questa volta è finita, non ce la faccio più!". Sono rimasta in silenzio, incapace di parlare. Avrei voluto convincerla a perdonarlo, ma mi sentivo impedita dato che neanch'io ero capace di perdonare. In cuor mio ho deciso di vincermi per spronare mia madre a fare lo stesso, e gliel'ho detto.
Dopo la telefonata sono andata subito dalla mia compagna di stanza e le ho chiesto perdono per come mi stavo comportando. Piangendo, ci siamo abbracciate.

S.F. – Germania

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31a domenica del tempo ordinario (30 ottobre 2022)
Oggi per questa casa è venuta la salvezza (Lc 19,9)

Il racconto di Zaccheo costituisce uno dei passi più significativi e conosciuti del Terzo Vangelo, dove Gesù viene presentato come colui che "è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".
Siamo ormai al termine del cammino di Gesù verso Gerusalemme e anche del suo ministero pubblico, che viene così "incorniciato" da due episodi simili: all'inizio del suo ministero Gesù siede a tavola con il pubblicano Levi, alla fine con il "capo dei pubblicani" Zaccheo. Questo ci dice che Gesù è davvero venuto per recuperare coloro che erano considerati perduti.
Gesù entra nella città di Gerico e la sta attraversando. Gerico non è la meta del viaggio di Gesù, anche se ormai Gerusalemme è appena ad un giorno di cammino. Subito Luca introduce nella scena Zaccheo, "capo dei pubblicani e ricco". Ma con un desiderio sincero: "cercava di vedere chi era Gesù". Per ovviare agli inconvenienti della folla che circondava Gesù e della sua piccola statura, corre avanti e sale su un sicomoro. Egli voleva vedere Gesù, ed è visto da Lui. Lo invita a scendere subito perché "oggi devo fermarmi a casa tua". Zaccheo non ci pensa due volte e si affretta a scendere e ad accogliere Gesù. E da quell'incontro straordinariamente semplice ed autentico, ne esce trasformato: ha fatto esperienza dell'amore di Dio, che salva. "Oggi per questa casa è entrata la salvezza".
Zaccheo fa esperienza della misericordia di Dio, che è uno sguardo materno e paterno insieme sulle miserie dell'uomo. E fa esperienza di ospitalità: è un'ospitalità straordinaria: sembra che sia Zaccheo a ospitare Gesù; in realtà è l'invitato a renderlo ospite nella casa di un Dio che viene a cercare chi è perduto. Così è anche per noi.

Testimonianza di Parola vissuta

ALLA RICERCA

Se Dio è diventato il tutto della mia vita, lo devo a Walter, un vero cristiano che per me è stato come un fratello maggiore. Dopo la morte di mio padre, si erano susseguiti anni bui con esperienze molto negative. Il mio rapporto con la religione era praticamente inesistente.
La forte delusione per non aver potuto accedere all'Accademia aeronautica, cui tenevo molto, la considero ora una grazia, come una "sveglia" per capire di aver perso ciò che dava senso alla vita: Dio. Lui sì che mi avrebbe proposto altri voli e altre acrobazie.
Ero dunque uno alla ricerca quando incontrai per la prima volta Walter. Mi fece impressione la sua esperienza concreta in famiglia, nel lavoro, nel sindacato e nella donazione al prossimo. Da allora lui riuscì sempre a riportarmi al senso del reale, sollevandomi però ad una realtà che stava a un livello superiore.
Mi insegnò la coerenza all'ideale cristiano in famiglia: saper essere "solo" con Dio e al tempo stesso unito agli altri, e come queste due cose non fossero in contrasto, ma dipendessero l'una dall'altra.

Ettore - Italia

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32a domenica del tempo ordinario (6 novembre 2022)
Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38)

Le letture di questa domenica ci invitano a riflettere sulla fede nella vita dopo la morte. Siamo aiutati in questa riflessione da una domanda rivolta a Gesù. Egli è entrato in Gerusalemme ed è ormai vicino all'ultima Pasqua; si confronta un'ultima volta con i suoi avversari (scribi, dottori della Legge, capi dei sacerdoti) mettendoli a tacere con l'autorevolezza del suo insegnamento. Luca ci racconta poi che alcuni sadducei si avvicinano a Gesù e gli propongono una domanda: "Dopo aver sposato sette fratelli, morti uno dopo l'altro senza avere figli, e dopo essere morta, la vedova nella risurrezione di chi sarà moglie?". Gesù, rispondendo, afferma che nel mondo presente il matrimonio è necessario per la sopravvivenza della specie umana, ma non lo sarà quando l'uomo vivrà per l'eternità presso Dio. Gesù sottolinea così la diversità qualitativa esistente tra la vita dell'uomo sulla terra e la vita dopo la morte, quando la persona con la risurrezione entrerà in una relazione piena e definitiva di comunione con Dio. Gesù ci aiuta a considerare che la vita dopo la morte non è una semplice prosecuzione dell'esistenza di quaggiù. Nel mondo futuro gli uomini non avranno più bisogno di combattere contro la morte, poiché questa sarà eliminata da Dio. Tra questa vita e quella dopo la morte c'è un vero e proprio salto di qualità, grazie al quale gli uomini vivranno in una pace, che ora non possono nemmeno immaginare.
Anche noi saremo chiamati ad essere "uguali agli angeli". Anche noi vivremo per sempre "per lui". Allora fin da adesso è necessario che impariamo a vivere la vita per Dio, perché se questa è la meta, essa non si può improvvisare. Vivere per il Dio dei viventi mi sembra voglia dirci fare azioni che servono alla vita e fare azioni che un domani "porteremo con noi" per l'eternità. Vivere bene ogni attimo che si fa presente nella vita dandogli il colore e il sapore dell'eternità, perché lo compi bene, con solennità e per amore.

Testimonianza di Parola vissuta

IL CUORE DIVISO

Lontana dalla Chiesa, mi prodigavo per i poveri, gli emarginati e gli operai, mentre il mio astio era per i ricchi… Mi sentivo divisa. Che assurdo avere una parte del cuore che amava e un'altra che odiava!
Ma un giorno, davanti a una chiesa, avvertii la spinta ad entrarvi. Un coro stava provando delle canzoni dedicate alla Madonna. Rimasi in ascolto, profondamente toccata da qualcosa che non aveva a che fare con questa terra. Alla fine delle prove scambiai alcune parole col religioso che dirigeva il coro. Non ricordo cosa mi disse. So che ritornai altre volte in quella chiesa e, tramite lui, conobbi dei cristiani che mi attirarono per il modo con cui cercavano di attuare il Vangelo. Un giorno chiesi a uno di loro: "Anch'io vorrei vivere come voi, ma come faccio, da dove comincio?". La risposta: "Amando, vedendo Gesù in ognuno. Vivi il Vangelo, ogni sua parola".
Sul loro esempio, cominciai a fare anch'io le mie prime esperienze. E presto costatai la verità delle parole di san Giovanni: "Siamo passati dalla morte alla vita perché abbiamo amato i fratelli".

Toñi - Spagna

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33a domenica del tempo ordinario (13 novembre 2022)
Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto (Lc 21,18)

Gesù con i suoi ascoltatori è nei pressi del tempio. Essi ne guardano ammirati la bellezza. Gesù, da parte sua, guarda alla storia nel suo insieme e mentre da un lato scorge le sofferenze che attendono i suoi discepoli, dall'altra intravvede un futuro pieno di speranza. È lo stesso futuro di cui avevano parlato i profeti. La fine dei tempi sarà accompagnata da eventi terribili e segni cosmici, ma non è possibile fare qualsiasi tipo di calcolo. Poi Luca prosegue con il riferire alcuni insegnamenti di Gesù rivolti in modo particolare alla comunità cristiana perseguitata. E sentiamo che l'evangelista cerca di infondere fiducia e speranza ad una comunità che sperimenta sulla propria pelle il dramma della persecuzione. Eppure i cristiani non dovranno avere paura, anzi la persecuzione permetterà loro di dare al mondo una testimonianza ancor più credibile della fede, non però sulla base di chissà quali meriti, ma in virtù della fedeltà e dell'amore di Gesù e della forza che riceveranno dal Risorto. Poi Gesù insiste col ribadire che i discepoli non dovranno aver paura, esortandoli alla fiducia e alla speranza: "ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto". La Parola riconduce la nostra vita di fede, come popolo di Dio, alla sua autenticità. Certo siamo chiamati a fare bene la nostra parte, ma soprattutto possiamo contare sull'amore di Dio e sulla sua fedeltà. Lui ci è accanto in ogni momento e noi possiamo contare sulla forza dello Spirito di Dio riversato nei nostri cuori. Quello Spirito che ci aiuta a passare da osservatori di pietre belle, a pietre vive che insieme formano la Chiesa.
Possiamo mettere in conto la solitudine di chi va controcorrente, l'abbandono verso chi è considerato spesso un ingenuo o un sognatore. Ma sempre possiamo contare sull'amore di Cristo che nella sua delicatezza è attento anche alle piccole cose della nostra persona.

Testimonianza di Parola vissuta

LIBERO TRA LE SBARRE

Il 16 settembre 2002 muore a Roma il cardinale François Xavier Nguyen Van Thuan, vescovo vietnamita, rinchiuso in carcere dal regime comunista per 13 anni (1975-1988) di cui 9 in isolamento, a causa della sua fede cristiana.
La privazione della libertà non gli impedì di vivere da "libero tra le sbarre", come recita il titolo di un suo libro. È proprio nelle ristrettezze a cui è sottoposto che emerge la forza della fede di un uomo disarmato. Ogni giorno celebra la Messa con tre gocce di vino e una di acqua, consacra un frammento di pane come ostia e riesce a fare arrivare l'Eucaristia ai carcerati nascosta nei pacchetti vuoti di sigarette.
A nulla servono gli arcigni controlli a cui viene sottoposto, la testimonianza di amore a Gesù e di perdono verso i suoi aguzzini scava una breccia anche nel cuore degli agenti di custodia, che pure vengono sostituiti periodicamente per evitare pericolose "contaminazioni". Più d'uno di loro chiede il Battesimo, molte le conversioni di detenuti che incontrano stupiti il suo volto gioioso.
"La presenza dell'Eucaristia ha cambiato la prigione - scriverà dopo la liberazione -. La prigione che è luogo di vendetta, di tristezza, di odio era diventato luogo di amicizia, di riconciliazione e scuola di catechismo. La presenza di Gesù è irresistibile".

Da Avvenire 16/09/2022

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Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (20 novembre 2022)
Oggi con me sarai in paradiso (Lc 23,43)

La solennità di Cristo Re dell'universo coincide con la conclusione dell'anno liturgico. Di domenica in domenica durante tutto l'anno abbiamo rivissuto tutta la vita di Gesù. Oggi, la Parola ci invita finalmente a contemplare il Signore, Re dell'universo, come colui che porta a compimento la storia, riconciliando gli uomini con Dio. E Gesù ristabilisce la comunione tra Dio e l'umanità dall'alto della croce. Morendo in croce, Gesù, centro della storia, non esercita la propria regalità in maniera trionfalistica, ma attraverso il dono totale di sé per la salvezza dell'umanità.
Il brano evangelico descrive gli ultimi interminabili istanti della vita terrena di Gesù. Sebbene inchiodato alla croce, tra le sofferenze del supplizio e l'ironia dei presenti, il Figlio di Dio rimane obbediente e nell'amore fino alla fine.
Luca, e solo lui, mette accanto a Gesù in croce la figura del ladrone pentito. Alle bestemmie del primo malfattore, Luca fa corrispondere il rimprovero del secondo: "Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente… egli invece non ha fatto nulla di male" e conclude con una preghiera, affidandosi alla sua misericordia nel momento supremo della morte. La risposta di Gesù è solenne e sorprendente perché anticipa la realizzazione della speranza nell'"oggi" stesso della morte. La salvezza promessa da Gesù consiste nell'essere con Lui: la vera beatitudine, il paradiso, è questa comunione profonda, nella vita come nella morte. Capiamo qui l'importanza di "allenarsi" quotidianamente alla comunione con Gesù. Lui si dona a noi in mille modi: nella sua Parola, nei Sacramenti in particolare nell'Eucaristia e nei fratelli: chiediamo al Signore il suo Spirito perché ci aiuti a riconoscere e ad accogliere Gesù nel quotidiano.

Testimonianza di Parola vissuta

ACCOGLIENZA

Alla nostra comunità era stata affidata una donna dai trascorsi pesanti. Quando abbiamo appurato chi era, è diventato difficile il rapporto con lei. Infatti avevamo saputo che aveva ucciso il proprio figlio e non era stata in carcere perché incinta e depressa.
Anche se il parroco ci ricordava di non giudicare, era ugualmente difficile non avere davanti agli occhi il suo passato. Col tempo, aiutati anche da parroco, quella donna è divenuta la misura della nostra capacità di accoglienza. In questo sforzo di "vedere con altri occhi", la nostra comunità ha fatto un salto di qualità. Ci è parso che, proprio attraverso quella donna bisognosa anche della nostra misericordia, Dio ci stesse facendo una grande lezione di Vangelo.
Ma il vero dono è stato quando un giorno, piangendo, lei ci ha raccontato la sua storia, i drammi che aveva vissuto e le violenze subite per poi ringraziarci perché le avevamo dato prova che l'amore esiste e che il mondo non è così cattivo come lei lo aveva conosciuto.

M.P. - Germania

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