Gesù Cristo, Re dell'universo
XXXIV Domenica del Tempo ordinario (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 10/2021)


ANNO B – 21 novembre 2021
Gesù Cristo, Re dell'universo - XXXIV Dom. del T.O.

Daniele 7,13-14 • Salmo 92 • Apocalisse 1,5-8 • Giovanni 18,33-37
(Visualizza i brani delle Letture)

L'AMORE NON È AMATO

«La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me». Le parole di Pilato proferiscono la più amara rilettura della vicenda umana del Figlio di Dio. Quando Dio si mette nelle mani dell'uomo, rischia di diventare merce di scambio. Di mano in mano, così Gesù, come un oggetto: dalle mani di Giuda a quelle di Anna, da Anna a Caifa, da Caifa a Pilato, da Pilato ai flagellatori e poi ancora a Pilato che finisce per consegnarlo «perché fosse crocifisso». E poi alle mie mani, alle tue, a quelle di ciascun uomo.
Nel pretorio di Pilato mai silenzio fu più eloquente! A chi sa che la sua vita è segno della verità che l'ha animata, non occorre più usare le parole: per questo, Gesù non accusa, non protesta, non si difende. Questo suo modo di fare è la più grande testimonianza di chi è davvero. Il suo non essere turbato resta la provocazione più grande per chi si prende gioco di lui. Non così Pilato: crede di essere libero e di disporre delle vite altrui. E, invece, è vittima della paura e schiavo degli umori della folla.
Davvero la vita del Figlio di Dio è da leggere a partire dalla categoria della consegna. Consegnato dal Padre al mondo che egli aveva tanto amato da dargli il Figlio. Consegnato dallo Spirito al grembo di Maria, esponendosi sin da subito al mistero dell'umana libertà che, in questo caso, divenne terra accogliente e amorevole. Consegnato alle mani del premuroso Giuseppe dal quale apprese l'arte del non prevaricare. Consegnato al silenzio e all'insignificanza di Nazaret così da ritessere nell'umiltà la storia di ogni uomo. Consegnato dallo Spirito al deserto della prova e a quanti avevano bisogno di essere risanati nel corpo e nello spirito, poi ai discepoli tra fiducia e incomprensione. Consegnato nelle mani dell'amico che lo tradisce e di quello che lo rinnega. Infine, consegnato sull'albero della croce così da abbracciare tutti coloro che non sanno quello che fanno.
«L'amore non è amato », andrà ripetendo ancora Francesco d'Assisi. La gente non sa che farsene di uno che si consegna per amore e per questo lo scarica, lo tradisce, lo rinnega, lo abbandona.
Proprio perché nessuno equivocasse, quando aveva usato la similitudine del pastore aveva detto a proposito della sua vita: «Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo» (Gv 10,18). È proprio dell'amore consegnarsi, non trattenere nulla, non risparmiarsi. E la sua consegna è senza condizioni, senza recriminazioni, senza rivendicazioni. Se anche Pilato avesse deciso di liberarlo, come del resto era in suo potere fare, Cristo non se ne sarebbe andato: a tenere legate le sue mani, infatti, non era una corda. Ben altro era il legame che lo vincolava a noi, il suo stesso amore per il Padre, quello dal quale nessuna cosa al mondo potrà mai separarci. Il Pilato di sempre fatica a comprendere che l'amore possa giungere a tanto, cioè a non avere più nulla da difendere se non coloro che ama.
A tutta prima, sul banco degli imputati c'è Gesù, ma a ben guardare, alla fine sul banco degli imputati c'è Pilato e ciascuno di noi. Il silenzio di Gesù è lì a chiederci: cosa ne fai di un Dio che si consegna nelle tue mani?


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