XXX Domenica del Tempo ordinario (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 9/2021)


ANNO B – 24 ottobre 2021
XXX Domenica del Tempo ordinario

Geremia 31,7-9 • Salmo 125 • Ebrei 5,1-6 • Marco 10,46-52
(Visualizza i brani delle Letture)

INTERCETTARE LE SOSTE DI DIO

Gerico, questo era il luogo che Gesù aveva appena attraversato. Gerico rappresenta la condizione dell'umanità, collocata com'è a meno 250 metri sotto il livello del mare. Gerico è figura dell'abiezione in cui si trova l'uomo: lontano da Dio ha conosciuto l'amaro calice della distanza e dell'impossibilità a salvarsi da solo. Il cammino del Figlio di Dio non conosce zone off limits: esso raggiunge l'uomo nella sua condizione più bassa.
Appena fuori da Gerico l'incontro con un cieco. Bartimeo non era nato così; aveva visto la luce. A un tratto, però, non poteva più disporre di quella libertà di agire di cui godeva prima, e non poteva provvedere più a sé stesso. Si era ritrovato a mendicare. Il buio, però, non era riuscito ad avere la meglio sulla sua volontà di conoscere il senso di quello che viveva.
Ci sono situazioni che sono per noi una sorta di spartiacque. Cosa fare? Abbandonarsi alla disperazione o continuare a sperare che un giorno potrebbe accendersi la luce di un senso per quella condizione? Per quanto provato, Bartimeo non si era rassegnato. La mancanza della vista aveva affinato il suo udito, ritrovandosi a custodire quanto aveva sentito dire di Gesù al cui passaggio la vita di tanti aveva ripreso a scorrere. Ecco ciò che fa la differenza nella nostra vita: la presenza del Signore Gesù. Le nostre tenebre possono essere rischiarate solo dalla luce del suo passaggio nella nostra vita. Anche se facciamo fatica a vedere, non abbiamo paura di continuare a custodire tutto ciò che ci parla di lui. C'è una nostalgia di lui dentro di noi: guai a spegnerla! C'è un'inquietudine che non può placarsi: guai a metterla a tacere! C'è una sosta di Gesù nella nostra vita che va colta, sollecitata, desiderata.
Accade a ogni uomo prima o poi: le certezze acquisite nel corso di un'intera esistenza possono crollare in un attimo o attraverso uno stillicidio continuo che finisce per farci procedere a tentoni. Viviamo esperienze che non avevamo messo in conto in cui emerge con forza la nostra povertà e il bisogno di dipendere da qualcuno. Si tratta di veri e propri momenti di buio che rischiano di isolarci. Bartimeo ci insegna a non disperare mai, a continuare ad avere fede e desiderare ardentemente ciò che più deve starci a cuore: conoscere anche noi la grazia del passaggio di Dio nonostante il buio di cui pure facciamo esperienza. Guai a fermarsi alla sterile litania delle lamentazioni. Anche negli smarrimenti della nostra esistenza viene pronunciato il nostro nome: «Coraggio. Alzati. Ti chiama». A salvarci, come già quel giorno, sarà la nostra fede, la nostra capacità di continuare a credere che Dio resta fedele alla nostra vita. Dove tutto sembra irrimediabilmente perduto, lì Dio apre un nuovo varco.
La grazia della guarigione è piena solo se avremo il coraggio di balzare in piedi senza temere di mettere i nostri passi dove li mette il Signore. Non basta la grazia di una integrità fisica se manca la consapevolezza che senza Gesù la vita non può riacquistare senso e colore.
C'è un mantello da lasciare, però: esso indica tutto ciò che, pur proteggendoci, finisce per impedirci di muoverci con disponibilità e leggerezza.


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