Santissima Trinità (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 5/2021)


ANNO B – 30 maggio 2021
Santissima Trinità

Deuteronomio 4,32-34.39-40 • Salmo 33 • Romani 8,14-17 • Matteo 28,16-20
(Visualizza i brani delle Letture)

LA DISTANZA COLMATA DA DIO STESSO

L'esperienza di fede d'Israele prima e di Gesù poi, non s'è mai preoccupata di "spiegare" Dio: egli è stato riconosciuto nei gesti che ha compiuto. Sempre imprevedibili quei gesti: potrà forse darci pane da mangiare? si chiede scettico Israele nel deserto. E sempre gesti di vicinanza e di comunione: quale Dio è stato così vicino? Interroga pure i tempi antichi, propone il Deuteronomio. Un Dio che si compiace di abitare tra gli uomini, che ne ricerca la compagnia, ne condivide il cammino non sempre lineare. Si udì mai cosa simile a questa? chiede stupito Mosè al suo popolo. Crolla quell'immaginario religioso costruito sulla distanza della divinità, distanza da colmare solo con appositi gesti. La distanza, infatti, è colmata da Dio stesso.
Un Dio che si sceglie un popolo di appartenenza che non ha alcun titolo di vanto: la più piccola tra le nazioni.
Un Dio che per dire di sé non ha altro modo se non il riferirsi a gente del popolo che si era scelto: il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe.
Un Dio che parla al suo popolo come un uomo con un altro uomo.
Un Dio che assume la condizione stessa del suo popolo fino a diventare uno di loro nel Figlio Gesù.
Un Dio che restituisce fiducia persino a chi non riesce a ricambiare se non con l'incredulità: quando lo videro, si prostrarono. Essi, però, dubitarono.
Un Dio che attesta di essere con noi tutti i giorni. Una presenza mai intermittente: lo aveva già attestato al re Davide: sono stato con te dovunque sei andato.
Un Dio che continuamente prende l'iniziativa e fa il primo passo: si avvicinò.
Un Dio che accetta persino il dramma del rifiuto del suo amore sconfinato. E non di meno rilancia la possibilità di stabilire alleanza.
Un Dio che si nutre di relazione: con voi... fino alla fine del mondo. Anche quando noi non dovessimo essere conlui. A salvarci, infatti, non è anzitutto qualcuno che è per noi ma con noi. Un Dio che non ci ritiene stranieri ma familiari, addirittura figli.
Prima di andarsene Gesù dirà di aver compiuto tra noi tutto quanto ha visto fare dal Padre. E cosa ha visto fare nella relazione tra Padre, Figlio e Spirito santo se non il rispetto reciproco, una tenerezza da condividere, il rifiuto dello spirito di dominio, la pratica di un'accoglienza della diversità senza pretesa di omologazione, l'uscita da una logica di autosufficienza per dare spazio all'altro?
Quando lascerà i suoi, il Signore Gesù li costituirà prolungamento della rivelazione di quel volto. Cos'altro vorrà dire quel battezzare se non introdurre, immergere nell'esperienza di un amore come quello che egli stesso ha incarnato tra noi? Segnarsi nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo significa strappare i nostri giorni alla casualità e alla disperazione per riconoscere che anche allora qualcuno continua a offrire sé stesso per noi e a ridare fiducia.
Grande il compito che Gesù affida ai suoi. Creare occasioni dove la diversità sia riconosciuta e valorizzata proprio come nella Trinità. Non è un caso che non siamo battezzati nel nome di un Dio generico, ma nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo. Nel nome di una relazione che non viene mai meno.


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