III Domenica di Pasqua (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 4/2021)


ANNO B – 18 aprile 2021
III Domenica di Pasqua

Atti 3,13-15.17-19 • Salmo 4 • 1 Giovanni 2,1-5a • Luca 24, 35-48
(Visualizza i brani delle Letture)

SOLO L'AMORE È DEGNO DI FEDE

Non avevano esitato a credere alla morte del Maestro: era evidente che del Maestro non restava che un corpo esanime tirato giù in fretta a motivo della Pasqua. Cosa significava, perciò, il rincorrersi di voci che lo davano per vivo?
Il Vangelo non tace i sentimenti contrastanti del cuore degli apostoli: «Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma»; più avanti è detto: «Per la gioia non credevano ancora». Meglio realisti che disillusi. E il Signore, invece, ancora una volta, dovette accettare di essere scambiato per un estraneo e preso per un fantasma.
Sono proprio degli irriducibili gli apostoli: prima lo hanno abbandonato, ora non lo riconoscono. Davvero l'uomo è il rischio di Dio. Eppure, Dio non ci ripaga mai con la stessa moneta: l'abbandonato si fa compagno, il tradito restituisce fiducia, il respinto si fa accoglienza, il non riconosciuto si fa confidenza. Quella sera, fu proprio su di essi che il Signore puntò ancora, proprio sapendo di che pasta fossero fatti.
Il Signore provò a farsi strada mostrando loro le piaghe. Di cosa erano segno quelle ferite che egli invitava a toccare e guardare, se non del suo amore? Un fantasma può forse amare? Che il Risorto portasse ancora i segni della passione stava a dire che i segni inferti dal male non si cancellano ma si trasfigurano. Una violenza subita resta tale; un'amicizia tradita resta tale; un affronto ricevuto resta tale. E, tuttavia, alla luce della risurrezione, siamo chiamati a rileggere tutto il nostro bagaglio di male secondo un altro punto di vista.
Quelle piaghe attestano che solo l'amore rimane per sempre e solo l'amore è degno di fede.
Sarà necessario agli apostoli e a noi lasciarsi aprire la mente all'intelligenza delle Scritture. La parola di Dio, infatti, ci permette di riconoscere attraverso quale strada Dio entra nella nostra storia personale. A salvarci non è la visione come saremmo portati a pensare ma l'ascolto. Non basta aver incontrato il Signore: i due di Emmaus avevano camminato lungamente con lui a fianco ma non lo avevano riconosciuto. Era lì davanti a loro nel cenacolo ma nulla. Il cuore cominciò a sciogliersi quando Gesù iniziò a spiegare mediante le Scritture tutto ciò che si riferiva a lui.
Quando la parola di Dio è ascoltata senza pregiudizio ed è accolta con fede, ci permette di rivivere la stessa esperienza degli apostoli diventando anche noi tramite per altri.
È la parola di Dio che ci fa leggere la risurrezione non come l'evento che viene dopo la passione e morte solo cronologicamente, ma come qualcosa che accade proprio grazie a quella passione e a quella morte. Così ci fa pregare la liturgia: «Con la passione e la croce hai fatto entrare nella gloria della risurrezione il Cristo, tuo Figlio».
Gli eventi dolorosi vorremmo dimenticarli volentieri e, invece, grazie alla parola di Dio impariamo a leggerli nella giusta luce non come una fine ma come una gestazione. Questo non significa che il nostro Dio si serva di eventi tragici per dischiudere un nuovo orizzonte di senso ma che, anche qualora dovessimo vivere simili momenti, nulla è lasciato alcaso: la nostra storia è ancora nelle mani di Dio. Di questo voi siete testimoni.


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