Tempo ordinario (B) [2] - 2021



Parola che si fa vita


Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)




"Parola-sintesi" proposta per ogni domenica,
corredata da un commento e da una testimonianza.


Santissima Trinità (30 maggio 2021)
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli (Mt 28,19)

Corpus Domini (6 giugno 2021)
Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua? (Mc 14,12)

11a domenica del tempo ordinario (13 giugno 2021)
È come un granello di senape (Mc 4,31)

12a domenica del tempo ordinario (20 giugno 2021)
Perché avete paura? Non avete ancora fede? (Mc 4,30)

13a domenica del tempo ordinario (27 giugno 2021)
Figlia, la tua fede ti ha salvata (Mc 5,34)

14a domenica del tempo ordinario (4 luglio 2021)
Ed era per loro motivo di scandalo (Mc 6,3)

15a domenica del tempo ordinario (11 luglio 2021)
Partiti, proclamarono che la gente si convertisse (Mc 6,12)

16a domenica del tempo ordinario (18 luglio 2021)
Venite in disparte…e riposatevi un po' (Mc 6,30)

17a domenica del tempo ordinario (25 luglio 2021)
Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!.(Gv 6,14)

18a domenica del tempo ordinario (1° agosto 2021)
Signore dacci sempre questo pane.(Gv 6,34)

19a domenica del tempo ordinario (8 agosto 2021)
Io sono il pane della vita (Gv 6,48)

Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2021)
[20a domenica del tempo ordinario]
Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano (Lc 11,28)

21a domenica del tempo ordinario (22 agosto 2021)
…e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio (Gv 6,69)

22a domenica del tempo ordinario (29 agosto 2021)
…dal cuore degli uomini, escono i propositi di male (Mc 7,21)

23a domenica del tempo ordinario (5 settembre 2021)
…Effatà, cioè: apriti! (Mc 7,34)

24a domenica del tempo ordinario (12 settembre 2021)
Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini (Mc 8,33)

25a domenica del tempo ordinario (19 settembre 2021)
Se uno vuole essere il primo, sia ultimo e servitore di tutti (Mc 9,35)

26a domenica del tempo ordinario (26 settembre 2021)
…non perderà la sua ricompensa (Mc 9,41)

27a domenica del tempo ordinario (3 ottobre 2021)
Lasciate che i bambini vengano a me (Mc 10,14)

28a domenica del tempo ordinario (10 ottobre 2021)
Maestro buono, che devo fare per avere la vita eterna? (Mc 10,17)

29a domenica del tempo ordinario (17 ottobre 2021)
Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire... (Mc 10,45)

30a domenica del tempo ordinario (24 ottobre 2021)
Va', la tua fede ti ha salvato (Mc 10,52)

31a domenica del tempo ordinario (31 ottobre 2021
Tutti i Santi (1° novembre 2021)
Non sei lontano dal regno di Dio (Mc 12,34)

32a domenica del tempo ordinario (7 novembre 2021)
…Vi gettò due monetine, che fanno un soldo (Mc 12,42)

33a domenica del tempo ordinario (14 novembre 2021)
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Mc 13,31)

Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (21 novembre 2021)
Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce (Gv 18,37)


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Santissima Trinità (30 maggio 2021)
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli (Mt 28,19)

In quanto cristiani siamo stati battezzati "nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo", ossia siamo stati "immersi" nel mistero di comunione, che Dio è. Questo mistero è il centro della rivelazione che Gesù, il Figlio, ci ha donato. La vita e la parola di Gesù ci fanno conoscere un Padre vicino all'umanità, che ci offre il dono del suo Spirito, per mezzo del quale possiamo diventare una comunità, che vive del suo amore.
Nel vangelo di questa festa, congedandosi dai suoi discepoli, Gesù li rassicura: "io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo"; ma al tempo stesso li invia nel mondo a "fare discepoli tutti i popoli", battezzandoli nel nome della Trinità. Gesù, dopo aver proclamato la sua "investitura" a Signore di tutta la creazione, non dà ordine di annunciare il vangelo, ma di rendere tutte le nazioni "discepole". Si tratta semplicemente di ammaestrare, di far crescere quella sua presenza, che già c'è. Ammaestrare "battezzandole" non solo con il sacramento, ma "immergendole" nel mare d'amore divino. Questo è l'affascinante compito affidato a noi. Perché è logico che questo dono possiamo farlo in quanto noi per primi siamo divenuti discepoli. Non si tratta tanto di coltivare discorsi di persuasione, ma di comunicare un'esperienza che nasce dalla relazione con lui. I cristiani infatti non annunciano sé stessi, ma Gesù. Lui è l'unico maestro: noi siamo fratelli e servitori. L'insegnamento nasce da un ascolto, che unisce parole e vita.
Se il primo passo nei nostri confronti lo fa Dio che sempre crea, salva, sceglie, purifica, santifica e dà la forza per affrontare le scelte, il secondo passo è affidato a noi, chiamati a fare nostro nella vita il messaggio ricevuto mediante l'ascolto. Per essere capaci poi di donarlo a nostra volta nella vicinanza e nell'incontro interpersonale.

Testimonianza di Parola vissuta

SERVIRE

Come medico di base m'impegno ad esercitare la mia professione al servizio del prossimo con la certezza che, servendo lui, servo Gesù.
Nel mio ambulatorio arrivano richieste di ogni tipo, da quelle mediche a quelle di aiuto materiale o morale. È il caso di alcune giovani madri che, in tempi diversi, non si sentono di portare a termine una gravidanza indesiderata. Dopo intensi colloqui, racconto la mia esperienza di madre, parlo loro della sacralità della vita, della sua inviolabilità… Alla fine decidono di far nascere i propri bambini.
In un'altra occasione vengo chiamata dai carabinieri presso un paziente agli arresti domiciliari. Anche lì Gesù mi chiede di non fare soltanto il medico, ma di ascoltare lo sfogo di una persona che si sente ingiustamente accusata. Cerco di sostenerlo in quel momento di prova, ma anche di dire chiaramente ciò che non mi sembra giusto. Dopo mi ringrazia, sembra più sereno e mi prega di ritornare. Glielo prometto e nei giorni seguenti prego per lui. Dopo qualche tempo vengo a sapere che ha riacquistato la libertà.

Maria Rosaria – Italia

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Corpus Domini (6 giugno 2021)
Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua? (Mc 14,12)

La liturgia invita oggi a riflettere sul significato del dono che Gesù fa di sé alla sua comunità: corpo e sangue richiamano il dono della sua vita, consumata fino alla fine "per noi e per la nostra salvezza".
Nel quadro dell'imminente evento della sua passione e morte (il complotto di Giuda, la preparazione della cena, la cena eucaristica, il Getsemani e l'esecuzione del piano di Giuda), il brano del vangelo proposto narra la cena pasquale di Gesù: la preparazione e il momento centrale, l'istituzione dell'Eucaristia.
Gesù si trova alterna-tivamente tra persone che gli vogliono bene e persone che vogliono la sua morte. È in questo contesto di incertezza che Gesù dona se stesso ai discepoli come pane spezzato e vino versato, a ricordare che egli dona la sua vita "da se stesso".
È bella e significativa la domanda iniziale dei discepoli: "Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?". Mangiare la Pasqua è mangiare l'Eucaristia, che Gesù durante la cena donerà ai suoi amici. Questo ci ricorda la centralità della celebrazione eucaristica per noi cristiani "Senza l'Eucaristia non possiamo vivere, dicevano i primi cristiani perseguitati; che voleva dire: se non possiamo celebrare l'Eucaristia, non possiamo vivere, la nostra vita cristiana morirebbe" (papa Francesco, 8 nov. 2017).
E poi sappiamo che l'Eucaristia fa la Chiesa: tutti coloro che mangiano dell'unico pane spezzato, Cristo, entrano in comunione con Lui e formano un solo corpo. E ancora abbiamo sperimentato che l'Eucaristia ci assimila, ci conforma a Cristo. Questo significa che come Lui, anche noi dobbiamo farci pane spezzato per i nostri fratelli. Farci dono. Ma tutto parte da una domanda, da un desiderio: "Dove vuoi che andiamo a preparare?".

Testimonianza di Parola vissuta

OFFRIRE TEMPO

In difetto di soldi, abbiamo pensato che potevamo offrire un po' del nostro tempo a chi è nel disagio, e ci siamo ricordati di aver incontrato Debora, una ragazza cerebrolesa, che da diversi anni si trovava, nel periodo estivo, nello stesso campeggio dove Franca e Franco trascorrono delle brevi vacanze. Da loro avevamo saputo che le uniche reazioni che lei aveva erano degli urletti quando Franco suonava per lei la fisarmonica.
Così abbiamo pensato di andare a trovare questa ragazza al campeggio. Dodici del nostro gruppo della Parola di vita, hanno aderito con entusiasmo; altri dieci sono arrivati grazie all'invito fatto al gruppo cantori. E siamo partiti con cinque macchine, meta Badia Prataglia, un paese dell'Appennino tosco-romagnolo.
Andiamo subito ad incontrare Debora che ci guarda senza nessuna reazione; i genitori, invece, sono commossi; buona parte del camping si coinvolge in questa nostra iniziativa e nel giro di un'ora viene preparato per tutti un piatto di spaghetti. Con noi a mangiare si sono riunite una settantina di persone, ospiti del camping. Dopo nemmeno un'ora cominciamo a far festa e eleggiamo Debora "regina della serata". Sembra capire ogni cosa, anzi ne siamo certi; in alcuni canti segue le parole guardando con dolcezza ognuno, e con piccoli urli sembra addirittura cantare.
L'amore contagia, e ciascuno ha potuto dare qualcosa di proprio. Lasciandoci, più di una persona del campeggio ha riconosciuto di aver vissuto una serata di gioia vera.

Silvano e Donatella

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11a domenica del tempo ordinario (13 giugno 2021)
È come un granello di senape (Mc 4,31)

Se guardiamo dentro di noi e attorno a noi possiamo cogliere l'attesa, il desiderio, la speranza di un mondo più fraterno e umano. Gesù ci suggerisce che questo sarà opera di Dio e ci offre la presenza di Dio e la sua volontà come criteri del nostro modo di agire. È Dio che può far crescere l'umanità; è Lui la sorgente della vera umanizzazione.
Per il vangelo odierno la crescita del piccolo seme gettato nel terreno richiede da parte nostra gli atteggiamenti della pazienza e dell'attenzione: noi siamo chiamati a collaborare alla realizzazione del "Regno di Dio", ma non ne siamo i padroni. L'opera silenziosa di Dio nella storia può solo suscitare in noi lo stupore a cui possiamo rispondere con la nostra possibilità ad accoglierla.
Gesù ci racconta oggi due parabole nelle quali protagonisti sono dei semi. L'accento non viene posto sulla necessaria accoglienza da riservare al seme, ma sulla sua forza misteriosa, che il contadino deve solo accompagnare. Il campo di Dio è questo mondo, il suo Regno cresce dentro le vicende della storia. All'uomo credente tocca l'impegno della contemplazione e della cura.
Anche perché Dio ci viene incontro con il suo stile. Egli per venire su questa terra si è fatto bambino, per gran parte della sua esistenza tra noi è rimasto nella bottega del falegname, ha chiamato a seguirlo uomini e donne umili, con pregi e difetti, ha parlato in modo che noi creature potessimo comprendere il linguaggio divino. Allora questa pagina evangelica ci parla di pazienza, che è attenzione al tempo di Dio e al tempo dell'altro.
Sappiamo poi che il tempo si vive al plurale, con gli altri, facendone un evento di relazione, di incontro e di amore. Pazienza che diventa attenzione ai piccoli o grandi segni di bene in noi e attorno a noi, segni che ci parlano di Dio e ci chiamano ad operare a nostra volta il bene.

Testimonianza di Parola vissuta

PAZIENZA E AMORE

Ero completamente dipendente da droga, alcool e psicofarmaci. Una sofferenza enorme anche per la mia famiglia, duramente provata. Mio padre, carabiniere, per la vergogna aveva lasciato l'Arma, e mi aveva abbandonata al mio destino. Anche mio fratello, maresciallo, che mi voleva un gran bene e al quale avevo creato molti disagi, alla fine mi ha abbandonata e non ha voluto più saperne di me. Ho rischiato di perdere mia figlia, da cui ero stata allontanata e che era stata data in affidamento. Fuggita da varie comunità terapeutiche, avevo come ultimo letto la panchina di piazza Don Bosco a Palermo.
Provvidenzialmente sono capitata nella Comunità di P. Piergiovanni che non accoglie alcolisti o tossicodipendenti, indirizzati in altre comunità adeguate. Sono stata fortunata… Il percorso non è stato facile… Quante ricadute, quanti ricoveri in unità di rianimazione!… Quante prove ha dovuto affrontare lo stesso padre! "Lasciala perdere, ormai non è più recuperabile" gli dicevano anche i confratelli. "Io farò la mia parte sino alla fine" rispondeva.
Miracolosamente un giorno, mentre ero in cura con psicofarmaci e metadone a scalare, sentii una forza che mi fece decidere: d'ora in poi non assumerò alcun farmaco, né antidepressivi né metadone. E da allora non ho fatto più uso né di alcol, né di psicofarmaci. Ho riavuto mia figlia, con grande gioia e meraviglia del giudice, anzi ne ho avuto altre due e un altro in arrivo, con il mio attuale compagno. Mi sono riconciliata con la mia famiglia. Mio fratello, il maresciallo, ha voluto che facessi da madrina ad uno dei suoi figli. Ho condiviso la mia testimonianza presso associazioni e scolaresche.
Il Provinciale dei Cappuccini di quel tempo, che era uno di quelli che chiedevano a P. Piergiovanni di 'lasciarmi andare', avendo visto il mio cambiamento, ha gioito ed ha esclamato: "È vero. Non bisogna mai arrendersi; io mi ero arreso. Perdonami".

Rosy – Troina (EN)

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12a domenica del tempo ordinario (20 giugno 2021)
Perché avete paura? Non avete ancora fede? (Mc 4,30)

Quante volte nelle tempeste della vita abbiamo avuto la dolorosa sensazione che Dio fosse addormentato da qualche parte, lontano da noi. Gli apostoli in quella notte di tempesta non si rivolgono a Gesù con il rispetto e la fiduciosa attesa di altre volte, ma si mostrano quasi indignati: Maestro, non ti importa che siamo perduti? Non ti importa della vita o della morte dei tuoi amici? Parole dure, preghiera della paura e della disperazione.
Il racconto della tempesta ci assicura invece che Dio è presente. È presente, ma a modo suo, che è poi l'unico modo in cui si possono salvaguardare insieme il suo amore e la nostra libertà. Non al posto mio, ma insieme con me; non come possibilità di scansare, di evitare la paura, ma pastore che mi cammina avanti dentro la valle oscura. Altrimenti, se facesse tutto Dio da solo, non ci sarebbe più la creatura. Vorrei un cielo sempre sereno e indicazioni chiare a mostrare la rotta. Ma io ho solo tanta luce quanta serve al primo passo. Eppure è così che partecipo alla vittoria, lontana forse ma sicura, del Signore della vita sul caos e la morte. Eppure Dio è presente. Dio è coinvolto. Dio è nel cuore della tempesta e non in riva al lago ad osservare. Quando, come i discepoli, non ti arrendi, ma continui a remare e a lottare, le mani sul timone, gli occhi sulla prua, allora lo incontri nel cuore stesso della tempesta, perché gli importa la tua vita e la tua felicità.
La risposta di Gesù alla domanda quasi indignata dei discepoli: Non ti importa che siamo perduti, che moriamo? viene con poche parole, ma ha la voce forte dei suoi gesti: mi importa di te, mi importa la tua vita, tu sei importante per me.
A questo ci aggrappiamo, anche quando non capiamo, quando ci pare di affondare per l'assenza di Dio o siamo indignati per il suo silenzio. Dio mi ripete: tu sei importate per me, non aver paura.

Testimonianza di Parola vissuta

DOLORE E RISURREZIONE

Grazie Dio Padre buono per il dono della fede; grazie perché ci hai tenuto per mano, ed ancora oggi, continui a condurci Tu...
Siamo due giovani sposi, diventati genitori nel giorno del nostro primo anniversario di matrimonio, ad un anno esatto dal nostro Sì, il 21 dicembre 2020: giorno in cui era visibile la stella cometa di Betlemme, è nata la nostra stella.
La nostra piccola è nata con la Sindrome di Down; ha subìto due operazioni nei primissimi giorni di vita. La gravidanza è stata traumatica per via del terrorismo psicologico dei medici che, ad ogni controllo, giudicavano il nostro portare avanti la vita, come da poveri stupidi cattolici egoisti... La pressione, da parte dei medici, per indurci ad abortire era tanta.
Ci siamo aggrappati a Cristo, alla sua croce... Da mamma mi chiedevo se pregare per la sua guarigione fosse una preghiera egoistica: volevo io una vita più "facile"?
Dopo giorni di combattimento abbiamo capito che l'unica preghiera che potesse farci fare un passo in avanti, era una preghiera di abbandono totale a Lui, alla sua volontà, supplicavamo, sempre, il dono della gioia e del coraggio, utili per affrontare questo viaggio...
Gesù risorge con i segni dei chiodi del suo Venerdì Santo. Anche noi siamo risorti con Lui, perché anche nella sofferenza che indubbiamente c'è, siamo felici... Ecco cosa è la vita eterna! Il dolore sarà sempre nei nostri cuori, ma accanto ci sarà sempre la luce che solo Lui sa...
Non siamo caduti nella tentazione di chiedere il perché di tutto questo... Solo grazie, perché come diciamo sempre, "chi ama combatte"; abbiamo visto l'Amore vincere.

Due giovani sposi - Verona

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13a domenica del tempo ordinario (27 giugno 2021)
Figlia, la tua fede ti ha salvata (Mc 5,34)

Al centro del vangelo odierno stanno due situazioni umane: un capo di sinagoga implora Gesù per la figlia, che sta per morire; una donna sofferente tenta in ogni modo di toccare il mantello di Gesù, convinta che l'incontro con Lui la possa guarire dal suo male. A partire da queste situazioni, Gesù offre il suo messaggio di salvezza.
Gesù sta andando con Giairo verso la sua casa, dove c'è la figliola, l'unica, che è sul punto di morire. Attorno a Gesù c'è una grande folla. Eppure quella muraglia cieca è ciò che permette ad una donna, affetta da emorragia di avvicinarsi a Gesù senza essere vista. È una donna impura secondo la legge, permanentemente interdetta dall'entrare al tempio, dal contatto con chicchessia. Tutto ciò che lei tocca diventa immondo. Da dodici anni, quella che doveva essere fonte di vita è diventata, goccia dopo goccia, la sua implacabile condanna.
In questo episodio possiamo innanzitutto cogliere il cammino di Gesù che si fa incontro, Gesù tocca e si lascia toccare dalla sofferenza. In Lui Dio manifesta il suo amore per i poveri e i sofferenti e la potenza liberante della sua presenza.
C'è poi il cammino della donna: è un percorso lungo e faticoso. Dentro questa umanità ferita dall'impedimento e dalla sofferenza, Gesù si dona come colui che riapre prospettive, che ridona vitalità, che elimina gli ostacoli, che impediscono di sviluppare una pienezza di possibilità.
Infine c'è il cammino di coloro che incrociano, consapevoli o meno, la storia. In questi cammini c'è il vertice di fede espresso dall'emorroissa. Una fede manifestata in un linguaggio muto, fatto di gesti, che però Gesù capisce. Ed è bello vedere anche che Gesù prende atto di quel miracolo "rubato". "Figlia, la tua fede ti ha salvata".

Testimonianza di Parola vissuta

PREGARE E STARE NELLA VOLONTÀ DI DIO

Un giorno mio figlio, proprietario di un mobilificio, mi telefona disperato: mi informa di essere sull'orlo del fallimento, perché la banca non gli concede più crediti e gli mancano 50 mila franchi alla cifra d'affari di quel mese. Mi prendo un colpo: se non posso aiutarlo finanziariamente, posso però con piena fiducia rivolgermi a Gesù: "Per Te sarebbe facile risolvere questa situazione, ma voglio ciò che tu vuoi".
Poi, libera da ogni preoccupazione, continuo a svolgere le mie mansioni, facendo ogni cosa per lui. Due giorni dopo mio figlio telefona di nuovo: "Mamma, hai pregato?". "Sì" rispondo. "Sai che in due giorni abbiamo raggiunto la cifra d'affari di 50 mila franchi? Questo non mi è mai successo!".

M.K. – Svizzera

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14a domenica del tempo ordinario (4 luglio 2021)
Ed era per loro motivo di scandalo (Mc 6,3)

Il vangelo odierno presenta Gesù nella sinagoga di Nazaret a confronto con i suoi paesani. Il fatto che lo riconoscano come "uno di loro" impedisce di vedere in Lui l'inviato di Dio.
Gesù, di sabato, entra nella sinagoga e insegna: molti sono presi da stupore alla scoperta delle insospettate qualità del loro compaesano. Poi confrontano la sorprendente esperienza presente ("queste cose", "che sapienza", "i prodigi compiuti dalle sue mani") con quanto sanno di Lui. Una conoscenza che essi ritengono essere completa: è "il falegname", "figlio di Maria", "fratello di Joses, di Giuda e di Simone", le sue "sorelle" sono conosciute in paese. Ed ecco allora la domanda: "da dove gli viene tutto questo?".
Gli ascoltatori non riescono ad immaginare "un'altra fonte" di quanto Gesù mostra di conoscere come maestro e di poter compiere come taumaturgo. Per cui passano dalla sorpresa allo scandalo. In questa pagina evangelica i concittadini di Gesù ritengono di sapere tutto delle origini di Gesù, presumono di conoscerlo e non riescono ad aprirsi all'esperienza di Dio. La loro meraviglia si dipinge di sorpresa e di scandalo: arrivano ad una chiusura, ad un giudizio negativo, di rifiuto.
Questa pagina è attuale anche per noi che l'ascoltiamo. Chi è Gesù per noi? Certo se guardiano alla nostra vita quotidiana Gesù, il Dio-con-noi, lo sappiamo, è presente con il suo amore, ma raramente ci accompagna come noi ce lo aspettiamo e immaginiamo. D'altra parte, questa non sarebbe fede. La fede ci porta a fidarci ed affidarci a Lui, che cammina accanto a noi, dà spazio e tempo e grazia a noi. Possiamo anche noi dare spazio e tempo a Gesù, il Dio in mezzo a noi. Lo faremo se lo facciamo ai fratelli.

Testimonianza di Parola vissuta

LA FORZA DELLA PAZIENZA

Per motivi di eredità, mio cognato si era allontanato dalla nostra famiglia. Avevamo fatto di tutto per ristabilire il rapporto (salutarlo per primo, andare a fargli visita), ma invano. Di conseguenza, anche il rapporto amichevole con la sua compagna si era interrotto. E questo da anni.
Il mese scorso ci siamo intravisti al funerale di un cugino. Al mio tentativo di avvicinarlo, ha reagito dicendo: «Stai alla larga».
Mentre ero accanto alla compagna, le ho manifestato il mio dolore per questa situazione; anche lei ne soffriva, ma non poteva farci nulla. A me e mia moglie non resta che pregare per questo nostro parente, senza giudizi, confidando nei tempi di Dio.

S. A. – Italia

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15a domenica del tempo ordinario (11 luglio 2021)
Partiti, proclamarono che la gente si convertisse (Mc 6,12)

Il brano evangelico di questa domenica è un riassunto dell'attività di Gesù e ci fa conoscere le consegne che egli dà ai Dodici, quando comincia ad inviarli.
Marco ha già detto che Gesù aveva scelto gli apostoli tra i discepoli "perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni". Per Gesù, la comunione con Lui precede e nutre la missione: non si può annunciare ciò che non si vive.
I Dodici l'hanno accompagnato da un certo tempo, hanno ascoltato i suoi insegnamenti, hanno vissuto con Lui una vita comune, fatta di ascolto, di compassione, di attenzione alle persone ed anche di sudore, di polvere, di fame e di sete. Ora devono lanciarsi anche loro predicando la conversione e offrendo la "buona notizia", e non solo a parole. Soprattutto con i loro atteggiamenti di attenzione, di pazienza, di ascolto e di condivisione. Ed essi vanno, staccati da tutto. La loro testimonianza nasce da una fede che si manifesta nella semplicità, nella libertà da preoccupazioni e dalla nostalgia degli affetti.
I Dodici vanno come inviati per iniziativa di Dio predicando la conversione. Lo fanno innanzitutto con la testimonianza della vita: essi hanno lasciato tutto e hanno trovato il senso dell'esistenza in Gesù. Così chi ascolta il loro annuncio può trovare in Gesù il "tutto" che dà senso nuovo a tutto. Obiettivo della missione, infatti, è proporre la persona di Gesù e i suoi gesti di liberazione.
Lo sappiamo: la conversione è l'atteggiamento quotidiano di ogni cristiano: fare di Gesù il "punto" di partenza e di arrivo di ogni nostra azione: che tutta la nostra vita sia "rivolta" a Gesù. Solo "per Te" Gesù, facciamo ogni nostra azione!

Testimonianza di Parola vissuta

VEDERE GESÙ IN CIASCUNO

Nella residenza per anziani dove sono ospite, davanti al distributore del caffè solitamente scherziamo o parliamo di cose senza importanza, ma se siamo solo in due, come quella volta con Franco, una capacità di ascolto facilita colloqui come questo. «Dovremmo pregare sempre». «Mille preghiere al giorno?». «No, certamente»». «E allora?». «Fare come Gesù che era sempre in colloquio col Padre». «Ma ti pare possibile?». «Sì, prendendo alla lettera il Vangelo, come quando lui comanda di amarci gli uni gli altri, aggiungendo "come io ho amato voi"». «Lui però è morto in croce».
«Ci sono molti modi di morire per amore: per esempio, far tacere il proprio io che vorrebbe sempre affermare sé stesso, ascoltando l'altro fino in fondo». «Non è facile…». «Possiamo provare». Il caffè è finito. Giorni dopo Franco, che ci vede poco, mi confida: «Quando incontro gli altri ospiti, non distinguo i loro lineamenti, ma faccio come se li riconoscessi. Ricordando ciò che ci siamo detti, cerco di vedere in ciascuno di loro un Gesù al quale do il mio fraterno saluto».

G. S. – Italia

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16a domenica del tempo ordinario (18 luglio 2021)
Venite in disparte…e riposatevi un po' (Mc 6,30)

Gesù ha mandato i suoi amici in missione ("in uscita", direbbe papa Francesco). Quando ritornano, essi raccontano a Gesù la loro esperienza. Pur nel modo asciutto del procedere di Marco, il testo lascia immaginare la gioia del ritrovarsi, la meraviglia nel raccontare e nell'ascoltare le grandi cose compiute dagli amici, l'entusiasmo crescente del gruppo di sentire la soddisfazione del Maestro.
Gesù, finalmente, sembra anche sentire il bisogno di un momento di riposo per i suoi discepoli e per sé, un momento di tregua per godersi l'intimità dei suoi. Ed ecco che Marco narra del viaggio verso il luogo dello sperato riposo. Da una parte il dislocarsi si rende necessario per poter annunciare e guarire, dall'altra rende necessario creare e trovare un luogo in cui ritrovarsi e riposare insieme.
È bello vedere che per potersi ritrovare insieme occorre andare "altrove". E quell'altrove sembra impossibile perché la folla lo trova. E il luogo del riposo diventa il luogo dell'incontro. E dal momento in cui Gesù vede la folla nasce in lui la compassione. Il luogo del riposo diventa per Gesù, e per gli apostoli che si ricorderanno la lezione, il luogo della relazione autentica, che nasce dalla compassione. Questa non è una lacrimosa commozione, ma è una forte passione che muove all'azione.
Quante volte anche noi abbiamo sperimentato che un incontro autentico è rigenerante, mette in cuore una gioia e un senso di pienezza e di libertà piena: quella libertà che ci rende solidali con i dolori degli altri, vigilanti sui diritti degli emarginati e allo stesso tempo ci fa tornare al luogo di origine, la terra dei nostri sogni, la terra del "riposo in Dio".

Testimonianza di Parola vissuta

VACANZA

Nel bel mezzo di un periodo intenso di avvenimenti familiari, arriva la settimana della partenza per il mare! La stanchezza, i problemi economici, la paura del troppo caldo, di lasciare a casa il resto della famiglia, assieme all'incognita del luogo e delle persone con cui mi sarei trovata a convivere fianco a fianco mi tormentavano… Ho preparto le valigie con le lacrime agli occhi… in questo momento avevo solo bisogno di riposo e non di altri problemi!
Avevo dato la mia adesione a una persona che alla fine conoscevo poco, ma che nel frattenpo mi ero impegnata ad aiutare. A quali abitudini, gusti, esigenze mi sarei dovuta adattare e qual era lo spazio fisico in cui avremo convissuto? Mi è venuto in mente però, che alla fine la mia scelta era stata fatta per amore. Una volta dimezzata la spesa, mio figlio e il figlio della mia amica, avrebbero potuto beneficiare dell'aria del mare oltre che della compagnia
Essendo arrivata per prima, ho cercato di sistemare tutto perché la mia amica all'arrivo trovasse in ordine e una buona accoglienza, cercando di farmi vedere soddisfatta perché di certo si sentiva responsabile avendo scelto lei l'appartamento. Nei giorni a venire, preparare il pranzo, spreparare, scegliere l'ombrellone, dividere correttamente le spese, giocare con i bambini, è stato veramente come in famiglia, non c'è mai stato un momento di scontro.
Un giorno, per esempio, mi sono offerta di tenere suo figlio finché lei andava a comprarsi un libro; impresa non facile perché lui non voleva mai che si allontanasse; ha pianto un po' ma poi ci siamo messi a colorare e gli ho proposto di fare una sorpresa alla mamma: abbiamo colorato il disegno che lei preferiva, le abbiamo scritto un bel messaggio e legato tutto con un fiocco colorato. Doppia sorpresa: la mamma è arrivata con un libro per tutti, io compresa!
Il nostro rapporto si è arricchito da una più profonda conoscenza reciproca. L'amore trasforma i rapporti, cancella le diversità. Alla fine della vacanza ci sentivamo davvero unite oltre che riposate!

Paola

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17a domenica del tempo ordinario (25 luglio 2021)
Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!.(Gv 6,14)

La liturgia della Parola di questa domenica ci invita a riflettere sul significato dell'Eucaristia. Gesù si è rivelato come "pane di vita eterna" a partire da una fame fisica e da un pane di concreta quotidianità. Come dire che non è possibile per noi comprendere il senso profondo del "pane disceso dal cielo" senza un impegno coinvolgente nella solidarietà con le diverse forme di bisogno e di fame dell'umanità.
L'inizio del racconto evangelico ci informa su dei luoghi e su un tempo determinato: due rive del "mare" di Galilea, un monte alle cui falde Gesù si mette a sedere e la vicinanza della Pasqua "dei Giudei". Queste note rimandano ad un'altra Pasqua, ad un altro attraversamento del mare, ad un altro monte e maestro. Con pochi tratti Giovanni evoca l'esodo, il Sinai, e Colui che al Sinai rivela se stesso, concentrando questi elementi sulla figura di Gesù. Con Lui sono i discepoli, a Lui accorre la folla. Di nuovo Gesù viene presentato come colui che è capace di ristabilire nella vita e nella salute coloro a cui fa grazia.
Segue un dialogo tra Gesù e due apostoli, Andrea e Filippo: entrambi mostrano una ricerca di soluzione del "problema". Poi l'attenzione si concentra sulle azioni di Gesù: benedice e distribuisce pani e pesci a tutti. Giovanni, dopo la raccolta dei pezzi avanzati, si premura di dirci che quanto è accaduto è un "segno": un evento che insegna, mostra, fa conoscere qualcosa della persona che l'ha compiuto. Tanto che la folla sembra aver intuito la profondità del fatto e comincia a dire che Gesù è il profeta e aggiunge che è "colui che viene nel mondo".
È un invito anche per noi a "leggere in profondità" gli avvenimenti, gli incontri, le ispirazioni della nostra vita. Possono rimandare ad un "di più", sapendo, come diceva il Piccolo Principe che "quel che conta è invisibile agli occhi".

Testimonianza di Parola vissuta

UN RAPPORTO SEMPRE RINNOVATO

Fin dal tempo del fidanzamento eravamo d'accordo di mettere al primo posto nella nostra vita Dio, Dio amore. Con queste basi solide, abbiamo imparato ad amarci tra noi, il che significava anche aiutare l'altro in questo, essendo ciascuno responsabile del proprio partner. Per questo c'è voluto tanto dialogo, ricominciare a vederci nuovi con occhi di misericordia. Il risultato: non abbiamo mai sperimentato la routine, ma un rapporto ogni giorno rinnovato attraverso semplici cose, come un gesto affettuoso, un sorriso, un bigliettino, una sorpresa, una telefonata inaspettata... e tanti altri modi escogitati dalla fantasia dell'amore. Tre anni dopo il matrimonio è nata Isabella, un buon indicatore quando l'amore tra noi non è alla giusta tensione. Per non tenere soltanto per noi la qualità di questo rapporto, abbiamo sentito il bisogno di condividere ciò che viviamo con altre famiglie: un'apertura che dà gioia e freschezza al nostro amore. Il dialogo tra noi e con loro è sempre costruttivo e ci fa essere veramente d'aiuto gli uni verso gli altri.

Rodrigo e Raquel - Brasile

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18a domenica del tempo ordinario (1° agosto 2021)
Signore dacci sempre questo pane.(Gv 6,34)

Dio può stupirci con la sua azione creatrice e rinnovatrice, può destare la nostra meraviglia, ma ciò richiede la nostra apertura a cogliere la sua presenza nella nostra storia: questo è il senso del "miracolo" nel vangelo e nella vita cristiana. In questa domenica il vangelo ci porta nella sinagoga di Cafarnao e ci fa assistere alla discussione di Gesù con i Giudei sul "pane di vita". Gesù ha moltiplicato i pani, ha attraversato di notte il lago, manifestando agli apostoli la sua gloria. Ora Gesù va nella sinagoga e lì più che fare un discorso, come al suo solito, pone una serie di domande. Ne nasce un dialogo nel quale possiamo cogliere la "grandezza" di Gesù: Dio si manifesta in Lui.
Come una volta Dio ha dato la manna, oggi ancora Dio "dà il pane vero". Dio non chiede. Dio offre. E questo verbo "dare" racchiude tutto il cuore di Dio. Gesù ci dice che ciò che il Padre dona è un "pane che dà la vita al mondo". Ciò che rende piena la vita del mondo è un "pane dal cielo". Dalle mani di Dio la vita fluisce illimitata e inarrestabile. E la folla capisce e insieme a noi dice: "Dacci sempre questo pane".
La domanda diventa supplica: dacci! Gesù risponde con le parole decisive: Io sono il pane che contiene tutto ciò che serve a mantenere la vita: amore, senso, libertà, coraggio, pace e bellezza. Incontrare e accogliere in noi Gesù, pane di vita, dà significato e speranza al cammino spesso tortuoso della vita. E questo pane di vita ci è dato anche come un "compito": perché noi possiamo a nostra volta saziare la fame spirituale e materiale dei fratelli. Con il nostro impegno fraterno e solidale verso il prossimo, rendiamo presente Cristo e il suo amore in mezzo agli uomini.

Testimonianza di Parola vissuta

SUSCITARE IL DESIDERIO DI DIO

Una domenica, passando nella corsia dell'ospedale, prima della celebrazione della Messa, per vedere quanti desideravano la Comunione, chiesi a una signora inferma se desiderava accostarsi a Gesù. "no!" fu la secca risposta. "Non si preoccupi, la ricorderò al Signore nella Messa", le disse e mi girai per porre la stessa domanda alla compagna di camera, la quale mi chiese se la potevo confessare prima di ricevere Gesù. Mi chinai su di lei e, con tutta calma, ascoltai la signora e le diedi l'assoluzione. Poi salutai le due signore con la mano, al che la prima mi fece cenno di accostarmi a lei. Accostandomi mi disse a voce chiara: "Voglio confessarmi anch'io". Lesse nel mio sguardo un cenno di meraviglia e continuò: "Si meraviglia? Quando l'ho vista chinarsi con tanta gentilezza e disponibilità su quella signora mi sono sentita dentro tutta animata di rimettermi in pace con Dio:
Sono 64 anni che non mi confesso!...".

don D.V. - Italia

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19a domenica del tempo ordinario (8 agosto 2021)
Io sono il pane della vita (Gv 6,48)

Continuando la riflessione su Gesù, "pane di vita" la liturgia invita oggi a riflettere sul significato della "vita nuova" che il Signore porta. Nel vangelo odierno Gesù continua a rivelarsi come inviato di Dio, pane vivo per la fame di ogni uomo. Pane che vuole essere mangiato per una "vita piena". Credere in Lui è poter vivere di "vita eterna".
Lasciarsi attirare da Lui significa anche appartenere al Padre, dare significato pieno al proprio vivere. Sì, perché ciascuno di noi ogni giorno non si accontenta di una vita qualsiasi, ma cerca con tutte le forze una vita bella, significativa, piena. E Gesù si presenta a noi proprio come il "pane della vita". Egli ci dice di "mangiare" quel pane. Mangiare il pane di Dio è nutrirsi di Cristo e di Vangelo, respirare quell'aria pulita, mangiare quel pane buono continuamente.
Domandiamoci: noi di che cosa ci nutriamo? Di che cosa alimentiamo cuore e pensieri? Stiamo mangiando generosità, bellezza, profondità? O stiamo nutrendoci di superficialità, miopie, egoismi, intolleranze? Se accogliamo in noi pensieri degradati, questi ci riducono come loro. Se accogliamo pensieri di Vangelo, di bontà e di bellezza, essi ci fanno donne e uomini di bontà e di bellezza. Se ci nutriamo di Vangelo, questo dà forma al nostro pensare, al sentire, all'amore. E diventiamo ciò che ci abita: Se ci abita il pane del cielo, diventiamo pane del cielo per chi ci incontra.

Testimonianza di Parola vissuta

TRADURRE IN POSITIVO

Una zia di mia moglie era ricoverata in ospedale. Nota per avere una lingua pungente, parlava e sparlava di tutti e di ogni cosa vedeva il negativo, col risultato che a frequentarla erano pochi tra parenti e amici. Quando ci è stato possibile visitarla, mia moglie ed io ci siamo accordati per "tradurre in positivo" le sue prevedibili lagnanze e recriminazioni. Infatti niente le andava bene di quello che avevamo preparato per lei… e noi, divertiti per come tutto si svolgesse secondo le previsioni, stavamo al gioco per il quale, invece, "tutto andava bene". Non avevamo però previsto una cosa: la zia, disorientata dalla nostra im¬perturbabilità, ha esaminato meglio i nostri doni e, un po' raddolcita, quasi si è scusata per la sua ingratitudine. Dopo di che ci ha chiesto notizie dei nostri figli, di come andavano a scuola… insomma, sembrava un'altra persona.
Appena tornati a casa, i bambini ci hanno accolti con la notizia che aveva telefonato la zia: voleva congratularsi con ciascuno per come andava a scuola.
Il "gioco della traduzione" aveva funzionato.

D.G.M. - Italia

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Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2021 - 20a dom. delT.O.)
Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano (Lc 11,28)

La liturgia celebra oggi in Maria la creatura che ha raggiunto la pienezza della salvezza. Lei diventa così immagine della Chiesa, modello di ogni credente. Indica infatti a tutti noi la meta a cui tendere e in cui sperare: la meta della trasfigurazione di tutto il nostro essere, anima e corpo, la risurrezione ad opera dello Spirito di Dio.
Quando noi pensiamo a Maria, guardiamo ad una creatura come noi, che ha realizzato in pieno il disegno di Dio. Mi sembra importante questo pensiero perché sappiamo per esperienza che la meta guida il cammino, dà la "direzione" della vita. Per questo ogni festa di Maria è una festa della vita, della nostra vita. Ed è una festa della grazia di Dio.
Certo: la liturgia di questa solennità è abbondante, tanto da proporre una messa per la vigilia e una per il giorno della festa. Questo perché non abbiamo mai terminato di contemplare Maria e le sue caratteristiche. Tra le altre la liturgia della Parola mette in risalto la familiarità che Maria aveva proprio con la Parola di Dio. E ci viene da chiederci: perché è grande Maria? E la risposta immediata: "Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano" (Lc 11,28).
Maria è Colei che ha ascoltato e messo in pratica la parola di Dio. Una parola che le arriva in tanti modi: dall'angelo, dal Figlio suo, dagli incontri con le persone, dai fatti della vita, dalle ispirazioni del cuore, dalla voce della coscienza. Maria ascolta e mette in pratica. Maria è terreno buono che permette al seme di portare frutto abbondante. Maria è colei che realizza: "avvenga per me secondo la tua parola".

Testimonianza di Parola vissuta

IL POPOLO DELLA PAROLA DI VITA

Io e Diana venivamo da una educazione cristiana tradizionale. E tutta la nostra esperienza di vita cristiana si è fermata al tempo della Cresima.
Comunque, quando è venuto il momento di sposarci, abbiamo deciso di farlo in chiesa.
I primi anni di matrimonio sono stati un po' difficili. Ci volevamo bene, ma il nostro rapporto non era profondo. Sorgevano continue liti e incomprensioni. Un giorno, tornando a casa, trovai Diana che piangeva disperata. Bisognava fare qualcosa, e allora ci siamo detti: "Perché non proviamo ad andare in chiesa".
E abbiamo così cominciato a frequentare la chiesa-negozio: un piccolo locale, con gente che si accalcava e tanti bambini fin sotto l'altare.
Per la prima volta, lì abbiamo sentito dire che Dio è Amore, che ci ama personalmente, che ci accetta così come siamo, non è nascosto da qualche parte, ma vuole essere qui tra noi, e se ci amiamo nel suo nome, egli si fa presente. E questo può avvenire non soltanto in chiesa, ma ovunque, anche in famiglia.
Domenica dopo domenica, queste parole ci sono sembrate più vere, perché vedevamo che la gente si voleva bene ed era contenta. Stavamo scoprendo un volto nuovo della Chiesa e così siamo entrati a far parte del "gruppo della Parola di Vita".
Poi abbiamo conosciuto altri gruppi parrocchiali che stavano facendo la nostra stessa esperienza, e ci siamo resi conto che dietro quella vita c'era tutto un popolo nuovo, del quale ora anche noi facciamo parte.

Diana e Fabio

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21a domenica del tempo ordinario (22 agosto 2021)
…e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio (Gv 6,69)

La nostra fede non è aderire ad una ideologia o a un modo di comportarsi, ma incontrare una Persona: aderire alla persona di Gesù Cristo, il Signore. Di fronte alla persona di Gesù, alle sue parole e al suo agire concreto, i cristiani di tutti i tempi si trovano nella stessa situazione dei primi discepoli: devono andare oltre le apparenze e giudicare secondo la fede. Devono cioè fidarsi di Lui: "Tu hai parola di vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio".
Nel vangelo odierno la discussione tra Gesù e i Giudei, nella sinagoga di Cafarnao, si avvia alla conclusione. Molti dei discepoli di Gesù non riescono a sopportare quanto sembra loro di capire nelle parole del Maestro e se ne vanno. A questo punto gli apostoli tornano al centro della scena e ancora una volta sono chiamati a confrontarsi con le sorprendenti iniziative del Maestro. Di fronte all'andarsene di molti, Gesù rivolge una domanda provocatoria: "Volete andarvene anche voi?". Questa conosce una risposta altrettanto forte e decisa di Pietro. Essa ci dice una cosa importante: il nostro rapporto con Gesù è sempre personale, perché Gesù guarda tutti, ma ascolta il cuore di ciascuno.
È così anche per noi. Quando ci rechiamo alla celebrazione eucaristica ascoltiamo la parola del Signore che è rivolta a tutti. Ma la comunità che si raduna per la liturgia non è una massa informe. Ciascuno mantiene la propria individualità, le proprie caratteristiche personali. E la parola di Dio che risuona per tutti, richiede una risposta personale, alla quale non possiamo sottrarci. Non possiamo far finta di non aver sentito. Lo sguardo del Signore "si restringe" su ciascuno. Per questo la risposta di fede è sempre al singolare: "Credo in un solo Dio...". E dall'ascolto nasce il "frutto dell'amore". L'ascolto della Parola di Dio "ci fa sentire amati e ci rende capaci di amare".

Testimonianza di Parola vissuta

ACCOGLIERE OGNUNO COME GESÙ

Nel centro di dialisi dove lavoro arrivano spesso pazienti difficili, che hanno da ridire su tutto e perciò riescono antipatici al personale. Uno di loro in particolare, un giovane quasi cieco, metteva a dura prova anche la mia pazienza con le sue bizzarrie. Qualunque cosa gli consigliassi, tra cui il ricovero data la sua situazione, si rifiutava. Solo cercando di riconoscere anche in lui un Gesù da amare e servire, sono riuscito a convincerlo. Ma c'è voluto tempo, ascolto fino a raccogliere il suo sfogo: non sentendosi accettato da parenti, voleva andare via di casa… Alla fine sì è convinto a rimanere e l'ho visto rasserenarsi. Quanto a me, ero stanco ma felice del risultato.

B.N. – Italia

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22a domenica del tempo ordinario (29 agosto 2021)
…dal cuore degli uomini, escono i propositi di male (Mc 7,21)

La scelta di credere porta con sé una inevitabile tensione tra una fedeltà superficiale ed esteriore a tradizioni fissate dagli uomini (del "si è sempre fatto così") e una adesione profonda e responsabile alla persona di Gesù e alla sua parola. È sempre questa che aiuta a discernere ciò che è necessario conservare per essere fedeli al Signore.
Gesù ci indica oggi un criterio determinante: le "tradizioni" non devono diventare dei vuoti formalismi o addirittura prendere il posto di Dio, ma piuttosto sono un aiuto a conoscere e fare la sua volontà. Gesù ci invita a riprendere il tema della legge, ponendo attenzione a distinguere quello che è il comandamento di Dio dalla tradizione degli uomini. Egli, in merito ai gesti di purificazione rituale prescritti dalla tradizione, invita a coglierne il senso in relazione alla dimensione interiore.
La purificazione esteriore – quella delle mani e degli oggetti – ha valore se è segno di un cuore che si lascia trasformare e purificare. In altre parole, Gesù ci insegna che gli ostacoli al nostro incontro con Dio non vengono prevalentemente dal di fuori, non sono esterni, non vengono dalle cose, ma provengono dal di dentro del nostro cuore. E per essere più esplicito alla lavatura di mani, di bicchieri, di stoviglie, oggetti di rame e letti, Gesù sostituisce un altro elenco di azioni e atteggiamenti, che ostacolano il nostro incontro con Dio: "Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male".
È un invito ad essere attenti e a curare il nostro intimo, il cuore, da dove nascono le decisioni e le azioni. E il nostro cuore sarà bello se si lascia "toccare" dalla bellezza, fatta Persona. È un problema di vicinanza, di contatto che deve essere cercato nell'ascolto obbediente della Parola e nell'invocazione.

Testimonianza di Parola vissuta

ACCOGLIERE SENZA GIUDIZI

Lo avevamo adottato piccolino e, una volta cresciuto, non gli abbiamo nascosto l'adozione. Studente universitario, dopo varie ricerche, è riuscito a rintracciare la madre, che però non ha voluto incontrarlo. Per mesi lo abbiamo visto "sconfitto". Si è ripreso bene quando ha incontrato la ragazza che sarebbe diventata sua moglie e madre di tre splendide bambine. Ma un giorno, di punto in bianco, ha abbandonato la famiglia. Quanto a noi genitori adottivi, la tentazione era di ergerci a giudici suoi; ci siamo invece occupati delle bambine e per amore loro abbiamo cercato di facilitare l'incontro col padre. Allo stesso tempo capivamo di dover riprendere il cammino con un uomo che ancora cercava se stesso. Un giorno, mentre le bambine erano da noi, lui si è ripresentato dicendosi disposto a tornare dalla moglie. Non è stato facile: assente il padre, la famiglia aveva trovato un suo equilibrio. Si trattava di ricominciare e anche stavolta ci veniva chiesto di essere padre e madre accoglienti, senza giudizi.

G. e M. - Spagna

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23a domenica del tempo ordinario (5 settembre 2021)
…Effatà, cioè: apriti! (Mc 7,34)

Ascoltare Dio che parla, nel linguaggio della Bibbia, non significa soltanto udire superficialmente, ma piuttosto "ascoltare-per-fare", nel senso di riconoscere il primato di Dio nella vita.
Il vangelo di questa domenica racconta la guarigione di un sordomuto: l'incontro con Gesù è descritto nella sua concretezza di gesti fisici. Sono gesti di liberazione, che generano una stupenda "apertura" di colui che viene guarito e lo rendono pieno di gioia e capace di lode. Questo racconto di guarigione del sordomuto, segue l'incontro di Gesù con la madre siro-fenicia della bambina indemoniata. Esso proietta la potenza di Gesù oltre i confini di Israele e del popolo ebraico: Gesù è per tutti.
L'evangelista Marco non sente il bisogno di spiegare chi siano gli amici che portano il sordomuto da Gesù. Gli basta dire che gli chiedono di comunicare la sua forza a quell'uomo irrimediabilmente isolato dal mondo, imponendogli le mani. Gesù non solo non si fa pregare, ma compie una serie di gesti che sottolineano la materialità del suo contatto con quell'uomo: lo "porta via" lontano dalla folla, in disparte, gli pone le dita negli orecchi, tocca la sua lingua. Poi pronuncia una parola dal significato profondo, non limitato all'udito o al parlare: "Apriti". Apriti a quanto Dio ti sta donando, alla comunicazione con gli uomini, alla comunione con Dio. Questo incontro rende quell'uomo capace di parlare correttamente e di aprirsi al mondo.
Entrare in relazione vera con Dio e con gli altri: questo è il frutto dell'incontro con Gesù. Siamo fatti per la relazione, per l'incontro, per accogliersi e dialogare. Papa Francesco nella Evangelii Gaudium (n 171) ricorda che l'ascolto vero "ci aiuta ad individuare il gesto e la parola opportuna che ci smuove dalla tranquilla condizione di spettatori". Ascoltiamo per fare!

Testimonianza di Parola vissuta

IL FIGLIO RITROVATO

Quando nostro figlio E. ci confidò di essere gay, non sapemmo come reagire. A me, inizialmente, sembrò una punizione di Dio.
Ne parlai con sacerdoti e con medici, chiesi consiglio a chi potevo. Dovevo accettare di avere un figlio come non immaginavo. Inevitabili i paragoni con gli altri figli "riusciti". Anche i fratelli e la sorella esitavano a invitarlo nelle feste con gli amici, temendo che venisse vestito in maniera strana. Insomma una certa emarginazione avvenne, soprattutto quando E. andò a vivere con il "suo ragazzo".
Passarono gli anni. Mio marito e io ci ammalammo gravemente, quasi contemporaneamente, e ci trovammo soli. Infatti i figli "riusciti", o per motivi di famiglia o per impegni importanti di lavoro, si facevano presenti di rado. Soltanto E. ci rimase vicino. Senza chiedere nulla si sacrificò giorno e notte per noi. Mio marito morì fra le sue braccia, ripetendo: «Figlio mio, figlio mio». C'è confusione nella mia mente, ma ringrazio Dio per questo figlio ritrovato.

C.L.Z. – Italia

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24a domenica del tempo ordinario (12 settembre 2021)
Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini (Mc 8,33)

Con il brano evangelico di oggi giungiamo nel cuore del vangelo di Marco: chi è Gesù? Si passa dall'indistinto e generico delle folle all'assunzione di responsabilità nel proclamare Gesù come il Cristo, il Messia atteso e finalmente presente.
Dopo aver apprezzato la risposta di Pietro, Gesù sente di poter andare avanti nella sua autorivelazione e comincia ad insegnare cose nuove, che gli apostoli non immaginano. Usa quattro verbi per presentare quanto attende "il Figlio dell'Uomo". Egli deve "soffrire molto", "essere rifiutato dagli anziani" (come la pietra angolare del salmo 118,22), "venire ucciso" e "dopo tre giorni risorgere". Tutti questi verbi sono retti dal verbo "deve". Quest'ultimo ci fa intuire quanto Gesù si prepara a vivere realizzando così il disegno del Padre. È un dovere di amore.
Colpisce che di fronte al comando rivolto ai discepoli di tacere, Gesù invece parla apertamente di ciò che lo attende: di dolore, di morte e di gloria. Alle parole del Maestro seguono le rimostranze di Pietro che si guadagnano in risposta le parole di Gesù: "Va dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Quasi che Gesù voglia semplicemente precisare a Pietro, e oggi anche a noi, come lo debba seguire: non dettandogli i propri programmi, frutto della povera comprensione umana, ma seguendo e imparando dal Maestro, con sempre maggior impegno.
Pietro aveva ridotto la sua fede ad un'idea, che resta tale; a un fiore, magari bello a vedersi, ma che non produce frutto nella storia. La fede invece ha sempre prodotto frutti di bene, di carità, di amore, di testimonianza e spesso di martirio. Rendiamo vero il nostro seguire Gesù con frutti buoni prodotti dalla nostra vita.

Testimonianza di Parola vissuta

ACCOGLIERE IL DOLORE ALTRUI

Sono infermiere e mi capita spesso di avere a che fare con persone che soffrono, indifese. Come quella signora che, ricoverata dopo un infarto, nonostante le rassicurazioni del medico, aveva deciso di non operarsi, mettendo così a repentaglio la propria vita. Tra le lacrime, mi ha raccontato la sua tragedia: con un tumore allo stadio terminale e il marito anche lui in un letto di ospedale, lei si sentiva abbandonata da Dio. Cosa risponderle? Dal cuore mi sono venute fuori queste parole: «Signora, è difficile immaginarlo ma in questo momento Dio le è vicino come non mai… Lei ora è come Gesù sofferente sulla croce, è amata più di chiunque altro». La paziente mi ha guardato sorpresa. Poi: «Grazie, sei un angelo». A quel punto le ho sorriso… ma sono dovuto scappare via perché ero troppo commosso. Non l'ho più vista, era stata riportata in reparto, ma ho avvertito una gioia enorme perché, anziché limitarmi a dare una pacca sulle spalle come spesso si fa in ospedale in situazioni simili, avevo cercato di immedesimarmi con il dolore di quella donna.

Cesare - Italia

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25a domenica del tempo ordinario (19 settembre 2021)
Se uno vuole essere il primo, sia ultimo e servitore di tutti (Mc 9,35)

La contestazione più radicale ad una concezione del potere come dominio e sfruttamento degli altri è la vita stessa di Gesù. Il vangelo propone un cammino di fede affascinante e impegnativo per i discepoli di Gesù. Di fronte ad un insegnamento che parla di sofferenza, umiltà e servizio è più che comprensibile la loro inquietudine e la paura delle conseguenze: in effetti la fede cristiana esige coraggio. Il coraggio dell'amore e della fiducia, che Gesù esemplifica oggi con l'immagine di un bambino che egli pone in mezzo a loro.
Il racconto, oggetto della lettura odierna, si articola in due momenti. Nel primo, durante il cammino, Gesù continua il suo insegnamento sul proprio destino di morte e risurrezione. Ma i discepoli sembrano non voler capire. Nel secondo momento, nella casa a Cafarnao, è Gesù ad interrogare i discepoli sui loro discorsi lungo la strada. La domanda di Gesù, come il suo insegnamento, non ha risposta. Quasi a dirci la solitudine di Gesù da una parte e il fatto che i suoi discepoli sembrano in ascolto di altri maestri, di altre lezioni, dall'altra.
Gesù si siede, assume la posizione del maestro, poi convoca "i dodici", la sua cerchia di amici più intimi e i suoi inviati. E in questa solenne cornice Gesù dà il suo insegnamento. Parla di "primo" e detta le condizioni dell'eccellenza: diventare ultimo fra tutti e servo di tutti. Gesù delinea una nuova forma di essere discepoli: essere capaci di scegliere l'ultimo posto, come Lui.
Egli ci sospinge a entrare nella logica del seme che muore, per dare frutto. In altre parole ci spinge ad entrare nell'amare le cose e gli uomini come Lui li ha amati, cioè fino al dono di sé. Amare senza contabilità. Perché questo è il capolavoro della vita: amare al di là di ogni limite.

Testimonianza di Parola vissuta

LA COLPA È SEMPRE DEGLI ALTRI?

Domenica mattina. Con un amico andiamo a prendere il giornale.
Lungo il marciapiede vediamo una signora, molto ben vestita, che sta aprendo la cassetta delle lettere. Poi con fare molto naturale, butta a terra tutti i fogli di propaganda. Richiude con eleganza la cassetta.
Dopo aver preso il giornale, entriamo in un bar per un caffè. La stessa signora incontrata prima sta finendo di bere il suo cappuccino e, guardando fuori dal bar si lamenta, con un linguaggio da carrettiere, di un ragazzone seduto ai tavolini che fuma e butta a terra la cenere. "Questi stranieri sporcano la nostra cittadina. Che tornino nei loro porcili!".
Cerco di guardarla bene per capire se si tratta della stessa signora incontrata prima. È lei. Sarebbe il momento di dirle qualcosa. Ma quando qualcuno è convinto che è sempre l'altro il colpevole, come dirglielo?

T. M.

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26a domenica del tempo ordinario (26 settembre 2021)
…non perderà la sua ricompensa (Mc 9,41)

Nel vangelo odierno Gesù propone a noi, suoi discepoli, uno stile tollerante: "chi non è contro di noi è per noi". Allo stesso tempo mette in guardia contro la tentazione di trovare sicurezza nei nostri schemi abituali e ci esorta a vivere la carità come accoglienza del diverso, evitando di essere inciampo ad altri con i nostri comportamenti. Troviamo Gesù tutto rivolto al compimento della sua missione fino a rifiuto, al disprezzo del popolo, all'accusa di blasfemia, alla morte sulla croce e alla risurrezione. Anche i discepoli sono chiamati a camminare dietro a Lui senza compromessi, con lo sguardo fisso alla speranza che li attende.
Marco pone per primo il dialogo tra Gesù e Giovanni su un esorcista che usa il nome del Maestro per scacciare i demoni, ma non fa parte del gruppo dei discepoli. Gesù esorta ad accogliere il diverso. Poi conclude la sua risposta accennando ad un caso opposto: qualcuno che pur non essendo del gruppo, aiuta i discepoli, anche in cose minime come può essere un bicchiere d'acqua.
Quindi Gesù continuerà a parlare fermandosi sullo scandalo.
Concentriamoci sul "bicchiere d'acqua". Una cosa piccola. D'altra parte la nostra vita è fatta di cose piccole, di istanti che diventano il presente, di azioni che si ripetono per tutta l'esistenza. Gesù ci propone di fare queste cose "piccole" nell'amore. È la carità, che è lo Spirito riversato nei nostri cuore, a rendere grandi le cose. Gesù ci invita in fondo ad assumere il suo stile. Lui che è Dio si è fatto piccolo per amore, ha "svuotato se stesso" perché noi ci sentissimo accolti. Gesù ci invita anche ad assumere uno sguardo di fede. Esso "è capace di riconoscere la luce che sempre lo Spirito Santo diffonde in mezzo all'oscurità, senza dimenticare che «dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia» (Rm 5,20). La nostra fede è sfidata a intravedere il vino in cui l'acqua può essere trasformata e a scoprire il grano che cresce in mezzo alla zizzania" (Evangelii Gaudium, 84).

Testimonianza di Parola vissuta

ASCOLTO E AZIONE

Mentre sto per andare al supermercato a fare la spesa, suona il telefono: una persona ha un problema in famiglia e non sa come risolverlo. Non potendo fare altro, l'ascolto per un'ora in silenzio. Cerco di capirla, accogliendo in me il suo dolore. Poi la invito a fare insieme un atto di fiducia in Dio, dopo di che mi accorgo che ha trovato la pace.
A questo punto mi affretto per fare la spesa prima che i negozi chiudano. Per le scale incontro una signora anziana con un sacchetto molto pesante che quasi trascina. Mi fermo ancora una volta. Anche lei è un prossimo davanti al quale non posso restare indifferente. Porto il sacchetto fino a casa sua, poi guardo l'orologio. Ormai è tardi per le compere, ma almeno ho avuto la possibilità di rendermi utile.
Poco dopo incontro per strada una persona e le comunico la felicità che ho nel cuore. Lei aggiunge che stava cercandomi per consegnarmi un sacchetto. Lo apro: dentro trovo proprio ciò di cui avevo bisogno al supermercato. Qualcun altro aveva fatto la spesa per me!

M.J. – Italia

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27a domenica del tempo ordinario (3 ottobre 2021)
Lasciate che i bambini vengano a me (Mc 10,14)

Il vangelo di questa domenica annuncia il mistero dell'amore: vivere in esso comporta impegno e fedeltà, richiede sguardo reciproco fiducioso e trasparente, come quello dei bambini.
Gesù è in viaggio verso Gerusalemme, il luogo in cui porterà a compimento la sua vita di donazione e di amore. Questo viaggio è un invito anche per noi, discepoli, a seguire il Maestro nella sua via. In questo cammino di Gesù si incontrano oggi il tema della famiglia e il tema del rapporto con i bambini.
Fermiamo la nostra attenzione sul secondo, che inizia con Gesù che tocca i bambini e termina con Lui che abbraccia, benedice e impone le mani su di loro. Gesù dei bambini afferma: "Di chi è come loro è il regno di Dio". Il bambino tranquillamente è povero e riceve tutto. Niente di sé, è ciò che gli altri fanno di lui. E vive tutto questo con naturalezza. Accorrendo con fiducia da chi lo accoglie, dà libera espressione al suo essere figlio. Ciò vale per ogni uomo, che è fondamentalmente relazione e appartenenza filiale: è "di" qualcuno, in quanto figlio.
Gesù è il primo che ha vissuto in pienezza la condizione filiale: il suo essere tutto del Padre, da lui e per lui; è la sua ricchezza infinita. Così è il discepolo, così siamo noi: nulla possediamo e tutto riceviamo. Siamo figli: ciò che siamo è dono e come tale lo accettiamo con gioia. Anche il regno di Dio non è un prodotto da costruire, ma un dono da accogliere, che già c'è.
Andare da Gesù, il Figlio, è la nostra salvezza. Solo il "piccolo" ne è irresistibilmente attratto. Lo sappiamo: il regno è Gesù, il Figlio povero, umiliato e umile, che può essere accolto così com'è solo da chi gli è vicino ed è come Lui. Proviamo: diventiamo come un bambino: essere toccati da Lui, portati da Lui, essere abbracciati e benedetti per entrare nel regno.

Testimonianza di Parola vissuta

VIVERE CON SOLENNITÀ

Da qualche giorno mi si era ingrossata una ghiandola vicino al collo. Preoccupata, consulto un valente professore col quale ho lavorato in passato. Visita scrupolosa. Diagnosi? Qualche medicina e… attendere.
A casa apro il libro di spiritualità che sto leggendo in questo periodo e l'occhio cade su un brano che invita a vivere il presente "con solennità", sotto lo sguardo di Dio. Di colpo mi ritrovo dentro la pace che mi ci voleva. Perché temere? Sono nelle mani di un Padre.
Nei giorni seguenti la visita medica, mi dedico ai miei doveri quotidiani, cercando di svolgerli con l'amore e la solennità di chi è consapevole di fare la volontà di Dio. La ghiandola al collo non fa altro che essermi di sprone in questo. E se per un momento mi vince il turbamento (Dio vorrà il sacrificio totale?), basta riaffidarmi e la pace ritorna.
Ritorno dal dottore. Nuovi accertamenti non hanno rivelato se non un po' di anemia e linfatismo e il cuore un po' affaticato. Ho bisogno soltanto di un lungo periodo di riposo, cambiando aria e ambiente. Il mio "ritiro spirituale" continua.

A.M. - Italia

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28a domenica del tempo ordinario (10 ottobre 2021)
Maestro buono, che devo fare per avere la vita eterna? (Mc 10,17)

Di fronte alla tentazione, così presente nella nostra cultura contemporanea consumistica, di fare della ricchezza l'unico obiettivo dell'esistenza, il vangelo indica la via stretta della moderazione. Questa ci può aprire il cuore e renderci disponibili e sensibili alle necessità di chi vive nel bisogno. Il vangelo odierno pone anche a noi la domanda fondamentale: che cosa fare per avere la vita eterna? Gesù risponde proponendo la scelta del distacco del cuore da tutto ciò che può creare schiavitù, da tutto ciò che può appesantire e fermare il cammino.
Il racconto dell'incontro con il giovane ricco segna un ulteriore avvicinamento alla meta del viaggio di Gesù. Avvicinamento che è insieme geografico e di rivelazione: a Gerusalemme Gesù sarà acclamato figlio di Davide, e quindi re; e questo sarà anche il titolo inchiodato sulla croce. Quel giovane corre verso Gesù e si getta in ginocchio davanti a lui, lo chiama: "Maestro buono" e ansiosamente gli chiede come fare per entrare nell'eredità della vita eterna. Quest'ultima non è soltanto quello che riguarda la vita per sempre dopo il nostro cammino terreno. Eterna è anche la vita "piena" di oggi; ed è piena quando fai spazio a Gesù, alla sua parola.
Quante volte abbiamo sperimentato un senso di beatitudine e di pienezza quando abbiamo fatto scelte a partire dalla parola di Gesù! Allora questa domanda ci impegna a guardare al nostro "oggi" per cogliere con che cosa lo riempiamo. Gesù ci invita ad avere un cuore libero di accogliere un dono gratuito e inaspettato. Non conquista, ma dono gratuito. Tutto è grazia: chiediamo, come suggerisce spesso papa Francesco, "mani svuotate" e "cuore leggero", come quello dei bambini.

Testimonianza di Parola vissuta

EREDITÀ

Eravamo una famiglia veramente unita. Papà, mamma, io e una sorella. Dopo i nostri Matrimoni e dopo la morte dei genitori che ci avevano lasciato in buona posizione economica, tra me e mia sorella iniziarono a nascere delle incomprensioni a causa di beni non ben distribuiti, tanto da diventare nemiche.
Mi sembrava così assurdo, eppure era così. Guardando i miei figli e pensando che anche loro un giorno sarebbero potuti diventare come noi, entrai in crisi e cominciai a pensare come e cosa fare. Presi coraggio e andai a trovare mia sorella.
Rimase sorpresa, ma felice di riabbracciarmi. Dopo esserci chieste perdono a vicenda, riflet-temmo su come dei beni possono diventare occasione di odio.
Siccome entrambe ave-vamo ereditato i gioielli di nostra madre, equamente divisi tra noi, discutendo insieme arrivammo alla decisione di farne una donazione a qualche ente caritativo.
Dopo di che ci sentimmo libere: la generosità verso gli altri aveva riavvicinato non solo noi ma ci faceva sentire anche più vicini i genitori in Paradiso.

P.F. - Francia

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29a domenica del tempo ordinario (17 ottobre 2021)
Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire... (Mc 10,45)

Gesù ha posto tutto se stesso a servizio degli uomini, ha dato la sua vita per noi. Tutta la vita di Gesù, gesti e parole, fino alla morte, è stata un continuo atto di amore. Lo vediamo anche in questa domenica. Gesù e il suo seguito stanno camminando verso Gerusalemme. Tutti sono sgomenti e impauriti; solo Gesù va avanti con passo deciso e di nuovo presenta ai suoi amici quanto sa che lo attende.
In questo contesto drammatico, prende risalto la richiesta dei due figli di Zebedeo di avere le cariche più alte nel regno del Maestro. Davanti alla domanda dei due fratelli Gesù sembra prendere tempo. Poi piano piano cerca di avvicinarli ad una comprensione più profonda della loro richiesta e rivela loro il suo vero volto: egli è venuto per servire fino a dare la propria vita. La parola del vangelo ci porta a riflettere sullo stile della vita nostra e delle nostre comunità cristiane, sulle gelosie, divisioni, rivendicazioni che spesso regnano all'interno della comunità di Gesù.
Quante volte papa Francesco ci esorta, noi singolarmente e come comunità, a fare nostro lo stile di Gesù. Ai cristiani di tutte le comunità chiede una testimonianza di comunione fraterna, che diventi attraente e luminosa. Che tutti possano ammirare che ci prendiamo cura gli uni degli altri, che ci incoraggiamo vicendevolmente e ci accompagniamo. "Da questo sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35).
Quante volte il Papa ci ricorda che siamo tutti sulla stessa barca e andiamo verso lo stesso porto! Quello che noi siamo, quello che abbiamo possiamo metterlo, come Gesù, a servizio gli uni degli altri. Allora la nostra comunità e la nostra vita diventeranno attraenti.

Testimonianza di Parola vissuta

FUORI DALLE QUATTRO MURA

Da quando avevo riscoperto, con altri giovani, l'attualità del Vangelo, le mie giornata avevano acquistato un altro sapore. Vivevo, non vegetavo. Ma ora che ero sposa e madre, mi ero "sistemata", io che avevo sempre contestato una vita così?
Quando presi coscienza che la scelta di mettere Dio al primo posto, fatta nell'entusiasmo, andava rifatta ogni momento, tutto venne di conseguenza: i momenti con mio marito ridiventavano preziosi, i gesti quotidiani con i bambini, dialoghi costruttivi, fare la spesa, ascoltare la vicina erano occasione d'incontro e non di perdita di tempo…
Il quartiere cominciava ad essere una realtà viva per me, e il desiderio di impegnarmi in maniera non occasionale mi spinse ad inserirmi nelle strutture scolastiche insieme ad altre mamme, e poi a sollecitare presso gli organi competenti altre cose di cui lo stesso quartiere era carente…
Non so come, ma ora il tempo si è come dilatato. È bastato volgere la mia attenzione a chi mi stava accanto per uscire dai confini angusti delle quattro mura.

Nuccia - Italia

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30a domenica del tempo ordinario (24 ottobre 2021)
Va', la tua fede ti ha salvato (Mc 10,52)

In quanto credenti siamo sempre come il cieco del quale narra il vangelo di questa domenica. Anche noi possiamo gridare: "Gesù, abbi pietà di noi" e "che io veda di nuovo". Anche per noi infatti il credere non è un atto scontato, ma piuttosto un cammino, che richiede sempre orientamento e scelte, ha bisogno di luce e di sostegno. Anche per noi è sempre necessario che Gesù passi per la nostra strada, ossia si ma-nifesti nella nostra vita quotidiana e così lo possiamo incontrare.
Il vangelo odierno è costruito sul dialogo tra il cieco Bartimeo e Gesù. Il cieco non vede Gesù, ma ne intuisce la presenza da quanto accade attorno a lui. Egli ha il coraggio di gridare al Signore la sua sofferenza. E il segno operato da Gesù richiama il bisogno di aiuto e di luce. Così pure la conclusione dell'incontro è illuminante, anche per noi; "e subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada".
La nostra debolezza, la fragilità della nostra fede, l'instabilità delle situazioni umane ci fanno percepire quanto sia necessario ritornare costantemente al Signore. E lo facciamo perché sappiamo che lui, e solo lui, può essere la luce della nostra vita, del nostro cammino. Gesù, Dio, ti chiama a farti "prossimo" a lui, ad accettare di essere visto da lui come sei. Dio ti chiama perché tu accetti di affidarti a lui, accetti che egli compia anche ciò che a te sembra impossibile.
Da questo racconto la fede è orecchi per ascoltare, bocca per gridare, piedi per accorrere a lui, mani per gettare il mantello e occhi guariti per vederlo e seguirlo. E la fede di Bartimeo è vedere lui che gli sta davanti, gli usa misericordia e lo segue nel cammino, cioè nella via che va dalla morte alla vita.

Testimonianza di Parola vissuta

SULLA METRO

Come tutte le mattine, stavo andando a scuola sulla metropolitana piena di persone di tutti i tipi, in genere intente a leggere o ad armeggiare con lo smartphone.
Guardandole mi sono chiesto: ma questi sanno per che cosa vivono, hanno un ideale nella vita? E ho provato un senso di pena, di tristezza. Ma subito ho pensato: ciascuno di loro avrà avuto un dolore nella vita, forse adesso soffre per qualcosa… e di colpo li ho visti in modo diverso: quei dolori sono Dio che li visita, che li ama.
Così non li ho più visti come povera gente, ma come figli suoi. Come se si fosse illuminata la mia visione di quei compagni di viaggio.

C.T. - Italia

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31a domenica del tempo ordinario (31 ottobre 2021
Tutti i Santi (1° novembre 2021)
Non sei lontano dal regno di Dio (Mc 12,34)

Amare Dio e amare il prossimo è l'unica "legge" della vita cristiana. La carità fraterna diventa l'espressione concreta del nostro amare Dio. "Non sei lontano dal regno di Dio", risponde Gesù allo scriba, che ha capito il comandamento fondamentale della legge. Non è lontano, ma per entrarvi gli manca una cosa: amare Gesù, il Dio che gli si è fatto vicino. Perché la nostra vita è amare Dio e unirci a lui diventando per grazia ciò che lui è per natura: figli di Dio. L'amore per lui è la via: uno diventa ciò che ama.
Noi cristiani, se possiamo usare un'immagine, dovremmo essere come un fiore: esso è motivo di godimento alla vista per la sua bellezza e spesso anche all'odorato per il suo profumo. Possiamo in esso scorgere le due dimensioni della nostra esistenza cristiana, così come sono delineate dal "più grande dei comandamenti" dato da Gesù. Lo stelo nel suo sviluppo verticale indica l'amore che dobbiamo a Dio con tutto noi stessi. Le foglie, nella loro orizzontalità, sono immagine dell'amore al prossimo, verso i fratelli. Unico è il fiore, come unico è il cristiano che non può non amare Dio senza fare altrettanto con ogni altro e con se stesso.
Una sola corolla, sebbene siano diversi i colori, come uno solo è il battezzato e la comunità dei battezzati, che celebrano il proprio Signore elevando a lui la bellezza (che poi è suo dono) e il profumo delicato delle proprie preghiere, sorgente del buon profumo delle nostre opere buone.
Facciamo della nostra vita un dono di amore: è somma sapienza e principio di ogni buona azione.

Testimonianza di Parola vissuta

NETTURBINO

Nonostante gli studi fatti, avevo dovuto adattarmi, non senza un senso di vergogna, al lavoro di netturbino.
Un giorno un'amica che sapevo far parte di un gruppo cristiano, mi confidò ciò che rendeva bella la sua vita: fare tutto per amore di Dio. Lei era cuoca in un asilo e mi raccontava di come mettesse tutto l'impegno per voler bene ai bambini attraverso il cibo.
Il giorno dopo, mentre pulivo un angolo di città ridotto a un immondezzaio, invece di pensare male di chi non aveva usato i cassonetti, mi misi a pulire con cura, con amore.
Con il tempo notai che lì attorno diminuivano sempre più i rifiuti.

S. B. - Italia

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32a domenica del tempo ordinario (7 novembre 2021)
…Vi gettò due monetine, che fanno un soldo (Mc 12,42)

Con le sue immagini il vangelo di oggi è provocatorio e rappresenta per noi una sfida: una vedova povera è presentata da Gesù come esempio di persona fedele al regno di Dio, in quanto nella sua offerta, insignificante agli occhi della gente, lei dona tutta se stessa. Gesù è nel tempio attorniato dalla folla e sta insegnando. Egli mette in risalto innanzitutto le contraddizioni tra l'amare gli onori, il pregare a lungo per farsi vedere e l'ingiustizia del divorare le case delle vedove, manipolando la legge contro persone indifese.
Poi Gesù, da buon osservatore, seduto di fronte al tesoro del tempio, guarda coloro che vi gettavano monete. Osservando il gesto di una vedova, Gesù coglie in lei qualcosa di molto prezioso: ella dona al Signore praticamente tutta la sua stessa vita, privandosi del necessario. E questo in perfetta solitudine, senza nemmeno poter udire l'eco delle due monetine cadute, coperta dai suoni ben più udibili delle grandi monete dei ricchi. Gesù chiama a sé i discepoli, quasi con fretta, temendo che perdessero un'azione così importante e mostra loro il valore del gesto della donna.
Marco, in questo episodio, sottolinea a più riprese che quella donna era povera, viveva nella miseria ed evidenzia così la generosità e la grandezza del suo dono. E noi? Quali sono i doni che possediamo? Quali sono quelli che vogliamo realmente condividere? Innanzitutto proviamo pensare a ciò che ci spinge al donare a Dio. Offriamo a Dio qualcosa di autentico e di irripetibile (il nostro cuore, la nostra vita…) o piuttosto un doppione o del superfluo. Sappiamo che più "del quanto" importa "il come". Anche noi possiamo avere solo le "due monetine", qualcosa di piccolo come la poca farina e l'olio della vedova della prima lettura di oggi. Ma siamo sicuri che messe con amore nelle mani di Dio, Egli le moltiplica e le fa servire alla vita per tanto tempo.

Testimonianza di Parola vissuta

IL CAPPOTTINO

Del mio primo figlio m'era rimasto il cappottino che indossava il giorno in cui l'avevamo ricoverato in ospedale. Di tanto in tanto lo guardavo, l'abbracciavo e mi sembrava di stringere al cuore il mio bambino.
Un giorno, parlando con mia cognata, madre di un bimbo di cinque anni, venni a sapere dei suoi problemi economici. Pensai allora di dare a lei i vestitini di mio figlio messi da parte. Solo una cosa avrei voluto trattenere per me: quel cappottino. Avendo capito però che aveva bisogno proprio di quello per suo figlio, anche se mi costava, decisi di darglielo.
Prima era solo un indumento; ora era diventato amore.

S.M. - Francia

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33a domenica del tempo ordinario (14 novembre 2021)
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Mc 13,31)

Come cristiani sappiamo che la vita è un cammino non verso il nulla, ma verso una pienezza, anticipata dalla risurrezione di Gesù. In questo cammino terreno, a volte molto impegnativo, non siamo soli: Gesù ci accompagna con il suo Spirito nella nostra avventura terrena e ci conduce all'incontro con il Padre, che ci attende.
Gesù, nel vangelo odierno, si sta allontanando dal tempio, quando un discepolo gli fa osservare la magnificenza delle costruzioni. Per tutta risposta Gesù gli annuncia che tutto verrà raso al suolo. Poi siede sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio. Allora quattro discepoli gli chiedono, in riferimento alle sue precedenti parole, quando quella catastrofe avverrà e quali segni premonitori ci saranno. Nella risposta Gesù si allarga a considerare la fine dei tempi. Egli usa due brevi parabole: quella del fico e quella del ritorno del padrone di casa con l'invito pressante alla vigilanza. Gesù ci dona la promessa del suo ritorno: l'ora è ignota, perché ogni istante sia attesa, perché "ogni nostra ora" sia "quell'ora" in cui camminiamo incontro a Lui che viene.
Possiamo chiederci: ma come camminare incontro a Lui? Facendo nostre e mettendo in pratica le sue parole. Tutto passerà, ma "le mie parole non passeranno". La sua parola rimane in eterno, come la sua fedeltà e il suo amore. Solo Lui è la roccia stabile su cui fondare la propria vita. E più accogliamo la sua parola e la viviamo, più la nostra vita sarà trasformata in Lui. Accogliere e vivere la parola è riconoscere la presenza in noi del Risorto, che ci accompagna nel cammino di ogni giorno.

Testimonianza di Parola vissuta

SULL'AUTOBUS

Sul bus 913 ho trovato - cosa insolita - un posto libero. Seduta davanti a me, una signora con il respiratore e la bombola d'ossigeno mi guarda, le sorrido e iniziamo a parlare. Vari gli argomenti: immigrati, politica, società… Poi il discorso si fa più personale: chi è Dio per noi. Brevemente accenno alla mia esperienza al riguardo.
Prima di scendere alla sua fermata, la signora, sorridente, mi ringrazia: «È come se Dio, tramite lei, mi avesse detto: "Vedi, io ci sono!"… Chi l'avrebbe detto su un autobus?».
Forse non ci rivedremo più, ma nell'intimo qualcosa mi dice che tra noi è passato Dio.

Emi - Roma

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Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (21 novembre 2021)
Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce (Gv 18,37)

Gesù è re, ma non secondo i criteri di questo mondo: è una regalità a servizio dell'umanità, perché lui si è lasciato ferire per amore fino a morire. Il vangelo di questa domenica ripropone la scena di Gesù davanti a Pilato, raccontata dall'evangelista Giovanni. Sono messe a confronto due concezioni del potere e della sovranità. A Pilato, che lo interroga sul suo essere re, Gesù risponde: "Il mio regno non è di questo mondo". Egli sta testimo-niando la verità di Dio al mondo: un amore fino alla morte. Chi vuole riconoscere la sua regalità non può fare altro che accogliere la sua parola. Gesù viene da un mondo che supera quello presente visibile e ha la potenza di ricondurlo all'unità con Dio.
Poi Gesù collega insieme potere regale e testimonianza alla verità, e apre a tutte le creature la possibilità di entrare in questo nuovo mondo: la condizione è ascoltare la sua voce. Con la sua venuta in mezzo a noi, Gesù rende la verità visibile, la rende dono che può essere accolto e partecipato. È bello vedere che Gesù si fa riconoscere come re nel momento in cui è incamminato verso la condanna a morte in croce. Perché quella morte esprime tutta la verità del suo essere: dono fino in fondo, dono di tutto se stesso. Da cristiani possiamo chiederci quali atteggiamenti assumere per essere simili a lui e diventare così capaci di "portare la verità" a questo mondo.
Papa Francesco nell'individuare alcune caratteristiche della santità del mondo attuale indica all'inizio la sopportazione, la pazienza e la mitezza. E la chiave per entrare in queste virtù è l'umiltà.
E "l'umiltà può radicarsi nel cuore solamente attraverso le umiliazioni", prosegue il Papa. Per noi significa imitare l'esempio di Gesù che è passato attraverso l'umiliazione della croce.

Testimonianza di Parola vissuta

LA FIGLIA TOSSICODIPENDENTE

La nostra seconda figlia aveva appena 14 anni quando cominciò a comportarsi in modo strano sia a casa che a scuola. Di mezzo c'era la droga: iniziava così un calvario non solo per lei ma per tutta la famiglia.
Divenne necessario ospitarla in una casa di rieducazione. Tornata a casa per le feste di Pasqua, sembrava avesse ripreso in mano le redine della propria vita, per cui, di comune accordo, concludemmo di non farla rientrare nella casa di rieducazione. Purtroppo la situazione andò ulteriormente peggiorando.
Durante una sua assenza un amico ci suggerì di pensare anche agli altri figli e ci invitò a degli incontri che si svolgevano in parrocchia. Fu per noi una rinascita nella fede. Il primo risultato fu di non sentirci schiacciati dal dolore e dalle angosce.
Il giorno in cui nostra figlia si rifece viva, ci trovò più forti, non rassegnati, ma decisi ad essere per lei l'equilibrio che le mancava. La risalita fu lenta. Fino alla decisine di riprendere a studiare e di farsi seguire da uno psicoterapeuta.

F.W. - Irlanda

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