Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 10/2020)
ANNO A – 15 novembre 2020
XXXIII Domenica del Tempo ordinario
Proverbi 31,10-13.19-20.30-31 • Salmo 127 • 1 Tessalonicesi 5,1-6 • Matteo 25,14-30
(Visualizza i brani delle Letture)
XXXIII Domenica del Tempo ordinario
Proverbi 31,10-13.19-20.30-31 • Salmo 127 • 1 Tessalonicesi 5,1-6 • Matteo 25,14-30
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NON FARE CATENACCIO, MA RISCHIARE
Nel calcio esiste una regola fondamentale: vince chi segna un gol più degli avversari. Il Vangelo ci ricorda che vince chi rischia e non chi fa catenaccio, chi gioca il suo talento senza sotterrarlo. Sia chiaro però che rischiare, per il Vangelo, non significa giocare in borsa per accrescere il patrimonio. Purtroppo, anche nella Chiesa c'è chi ha interpretato la parabola dei talenti come invito a moltiplicare il denaro, leggendo come benedizione il denaro accumulato... ma la prospettiva della nostra parabola non è economica! La parabola non è nemmeno un invito all'attivismo frenetico: spesso come cristiani e come uomini cadiamo nella nevrosi del fare, che ci porta a essere iperattivi, sempre di corsa ma poi incapaci di gustare il senso delle nostre vite.
La parabola è invece un invito a giocare e rischiare la bellezza del Vangelo con responsabilità e coraggio. Il terzo servo della parabola, infatti, viene definito malvagio soprattutto perché non rischia: è un uomo pigro, spento dentro, gioca in difesa paralizzato dalla paura della vita (non esiste solo la paura della morte). Questo servo è simile a noi cristiani quando siamo preoccupati di non fare "niente di male". Questo servo è malvagio perché il suo principio di vita è la fedeltà archeologica al "si è sempre fatto così", lui vive la vita e la fede non come un giardino da coltivare, ma come un museo da custodire.
Il Vangelo ci chiede invece di andare a cercare nuovi tesori, senza accontentarci di custodire i tesori antichi. Ci spinge a rischiare, fidandoci di Dio e della forza del bene. E questo è il secondo aspetto della malvagità del servo: non ha capito né Dio, né la vita. Dio non è un guardiano cattivo, non è un maestro severo e noioso che ci dà dei compiti da fare: il Dio di Gesù Cristo non è antagonista della nostra gioia, anzi lui vuole che la nostra gioia sia piena. Dio desidera e sogna che rischiamo, che costruiamo il bene non solo per noi ma per tutti.
Il Dio di Gesù Cristo è un Dio che si fida di noi e rischia, chiedendo a noi di fare altrettanto. In questo senso il dono di Dio è impegnativo perché ci chiede a nostra volta di rischiare, ci chiede di non essere burattini che osservano delle leggi, ma uomini e donne creativi capaci di percorrere cammini di senso e di amore. Il cammino che il Vangelo propone è affascinante, da percorrere senza invidie e gelosie: Dio dà a ciascuno doni diversi. Il numero di talenti diversi affidato a ogni servo non è da interpretare come se Dio desse ad alcuni di più e ad altri di meno. Ciascuno riceve doni diversi ed è chiamato a gioire per i suoi doni e per quelli degli altri, riconoscendo di aver bisogno degli altri, senza risentimenti.
Oggi chiediamo al Signore il coraggio di rischiare la bellezza del Vangelo, senza fare catenaccio. Dio è un allenatore che ci chiede di fare bel gioco, perché ciò che conta non è subire gol, ma giocare la vita. Dio non ci chiede di non sbagliare, ma di rischiare e, quando sbagliamo, ci chiede di riconoscere gli errori, di ricominciare fidandoci di lui e del Vangelo. E se rischiando, perderemo il talento ricevuto, non dobbiamo temere! Il Signore ci dirà: «Bene, servo buono e fedele, anche se non hai niente, entra nella gioia del tuo padrone, perché hai avuto fiducia in me e nella vita, hai rischiato l'amore»
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