Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 9/2020)
ANNO A – 18 ottobre 2020
XXIX Domenica del Tempo ordinario
Isaia 45,1.4-6 • Salmo 95 • 1 Tessalonicesi 1,1-5b • Matteo 22,15-21
(Visualizza i brani delle Letture)
XXIX Domenica del Tempo ordinario
Isaia 45,1.4-6 • Salmo 95 • 1 Tessalonicesi 1,1-5b • Matteo 22,15-21
(Visualizza i brani delle Letture)
CREATI A SUA IMMAGINE
Anche gli imperatori fanno capolino nel Vangelo: la nascita di Gesù viene collocata in un contesto geopolitico ben preciso, quando Cesare Augusto decide di censire gli abitanti del suo impero. E durante il processo finale a Gesù, quando Cesare viene tirato in ballo dai sommi sacerdoti per convincere Pilato a farlo uccidere. In una sola occasione è invece Gesù a parlare di Cesare: quando viene coinvolto in una delicata discussione politica circa la liceità del pagamento della tassa all'invasore romano. Gesù è interpellato in nome della sua schiettezza, ma in realtà gli si tende un tranello.
La domanda è introdotta da un termine che dà il tono a tutta la discussione: "lecito". Il classico "si può o non si può" che tutte le figure giudicanti (genitori, insegnanti, confessori, avvocati...) si sono sentite rivolgere, come fosse facile definire una linea netta e demarcata che delimiti l'area della liceità rispetto a quella dell'illecito. La risposta di Gesù, nei secoli successivi, è servita come spunto per rispondere alla domanda del rapporto tra Stato e Chiesa, politica e religione; ma è legittimo domandarsi se sia stata questa la sua intenzione. Infatti, sembra più pertinente che la risposta di Gesù abbia riguardato il fatto di restituire a Dio ciò che gli appartiene: non però come il saldo di un debito, ma come ritorno di un figlio al padre. Al modo in cui un figlio "appartiene" al padre, così l'uomo è chiamato a restituirsi a Dio: è questa la sua salvezza, è così che salva la propria dignità. Perché a Gesù la dignità dell'uomo interessa: potremmo proprio dire che dal peccato originale in poi Dio continua a rivolgere all'uomo la domanda: «Dove sei?» (Gen 3,9), e si mette a cercarlo prima nel corso della storia di Israele e poi nell'invio di suo Figlio.
Una domanda formulata in modo binario ammette solo una risposta, positiva o negativa. Tanta morale è costruita in questa maniera: non solo quella predicata da noi presbiteri o dal catechismo,ma anche quella insegnata dai genitori in casa o dagli insegnanti a scuola o dallo Stato ai cittadini. Il tutto con categorie stringenti e di così poco respiro che la dignità delle persone rischia di essere sciupata. Per questo Gesù non risponde alla domanda in maniera diretta, ma anzitutto smaschera l'ipocrisia degli interlocutori. Gesù coglie la finta adulazione di chi gli fa un complimento. E risponde con franchezza, senza rodersi di rabbia, ma domandando che gli sia data una moneta in cui è raffigurata la testa di Cesare. Da cui il famoso detto di dare a Cesare e a Dio secondo le appartenenze. E, infatti, la domanda valida tuttora è:chi è il Signore della mia vita? Di chi porto l'immagine e l'iscrizione? La Genesi ci dice che siamo creati a immagine di Dio: per questo gli apparteniamo, come la moneta a Cesare. A farisei ed erodiani Gesù risponde che loro desiderano non avere padroni, sognano di rimanere liberi da tutto e da tutti. Non vogliono pagare la tassa all'imperatore, ma nemmeno ascoltare il Figlio di Dio: così facendo rinunciano alla loro dignità e finiscono per essere degli sciocchi egoisti, che hanno ridotto la loro vita di credenti a un gioco tra lecito e illecito simile all'evasore delle tasse che cerca ogni escamotage per la sua avidità.
--------------------
torna su
torna all'indice
home
torna su
torna all'indice
home