XXVIII Domenica del Tempo ordinario (A)



Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 9/2020)



ANNO A – 11 ottobre 2020
XXVIII Domenica del Tempo ordinario

Isaia 25,6-10a • Salmo 22 • Filippesi 4,12-14.19-20 • Matteo 22,1-14
(Visualizza i brani delle Letture)

IL REGNO È PER TUTTI

Sul finire dell'esperienza di Gesù, avvicinandosi a Gerusalemme, aumentano i discorsi e le parabole che fanno riferimento al giudizio finale. Nel caso odierno abbiamo un re intento a organizzare una festa per il matrimonio del figlio. Gli invitati vengono prima designati e poi avvertiti, ma le loro reazioni appaiono le più diverse: i servi inviati ricevono un trattamento tutt'altro che accogliente, dal momento che alcuni vengono insultati, altri bastonati e altri persino uccisi. La scena è pietosa e decisamente sgradevole, ma la festa si deve fare comunque, anche perché tutto è pronto.
Se tutto è pronto e gli invitati hanno declinato l'invito, per chi sarà la festa? Sicuramente non per gli indifferenti, che sono troppo presi dalle loro cose. Di fronte all'invito del re, allora, si può continuare la propria vita come se niente fosse, quando non addirittura prendersela con i messaggeri. Ma sono loro a perdersi la festa, perché gli invitati non sono semplice coreografia ma gli autentici destinatari: una festa è tale sia per il festeggiato che per gli ospiti.
Giunge il tempo di riempire la sala con una nuova categoria di persone, assai meno nobile della precedente: i passanti intercettati dai servi agli incroci delle strade. Non hanno fatto nulla per meritarsi questo invito e sono assolutamente non selezionati: sono tutti, buoni o cattivi. Non è il loro comportamento morale a fare la differenza, perché la festa non è soltanto per i giusti; il banchetto nuziale è per chi accetta di farsi scomodare, per chi abbandona i propri affari per rispondere all'interesse manifestatogli nientemeno che da un re. È difficile non comprendere di chi si stia parlando, perché la parabola ha una corrispondenza quasi letterale con la storia della salvezza: un re, un figlio, i primi invitati che rifiutano e i secondi che accettano rimandano al passaggio dall'antico Israele al nuovo con la venuta del Figlio di Dio.

Se la parabola finisse qui avrebbe un lieto fine;ma non è così. In mezzo alla folla, infatti, pur tra tante persone, il re individua un invitato senza abito nuziale. Ha risposto all'invito, ma non si è disposto con l'atteggiamento giusto. È vero che non è stato indifferente, ma comunque è inconsapevole di dove si trova. Non si dice di lui che sia una cattiva persona, ma che si è presentato alla festa vestito in modo inopportuno. Perché il Regno di Dio non è per i buoni, ma per quanti rispondono di sì all'invito e ci mettono qualcosa di proprio. Non servono grandi virtù, ma non si può partecipare solo per fare numero: secondo la parabola gli inconsapevoli non fanno parte del Regno di Dio, allo stesso modo degli ostili o degli indifferenti. In definitiva, non si può essere nel Regno di Dio per caso.
La frase finale, lapidaria quasi fosse la morale del brano, ricorda la sproporzione tra i chiamati e gli eletti. La distinzione non è fatta da Dio. Dipende piuttosto dalle persone e dal loro atteggiamento di risposta. La risposta degli uomini non si riconosce nella loro morale, ma nell'intenzione e nella decisione di essere parte del progetto di Dio, a prescindere dalla propria condotta morale. Perché non va dimenticato che il Figlio dell'uomo non è venuto per i giusti, ma per i peccatori.


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