a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 7/2020)
ANNO A – 5 luglio 2020
XIV Domenica del Tempo ordinario
Zaccaria 9,9-10 • Salmo 144 • Romani 8,9.11-13 • Matteo 11,25-30
(Visualizza i brani delle Letture)
XIV Domenica del Tempo ordinario
Zaccaria 9,9-10 • Salmo 144 • Romani 8,9.11-13 • Matteo 11,25-30
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IL GIOGO E IL RIPOSO
Il capitolo 11 di Matteo racconta un momento difficile e deludente della vita di Gesù: Giovanni Battista è imprigionato e manda i suoi discepoli da Gesù per chiedere se davvero sia lui il Messia, come se non si fidasse più delle sue stesse parole;Gesù vede che la generazione presente è capricciosa come bambini che non sanno quello che vogliono e che, confrontata con i pagani, si dimostra cieca e incapace di riconoscere la propria fortuna. Se fossimo al posto di Gesù, questa sarebbe per noi un'ottima occasione per lamentarci e mettere a nudo tutte le nostre paranoie. Al contrario Gesù, invece di crogiolarsi in un atteggiamento di rassegnazione o di rabbia, si affida al Padre, riconferma la propria fiducia. Gesù integra l'insuccesso nella preghiera e mette ogni cosa davanti al Padre riconfermando la propria adesione al suo progetto. A lui non importa il successo,non importa di essere onorato e riverito, importa solo mantenere fedelmente l'adesione al Padre.
Un atteggiamento che dotti e sapienti non possono comprendere, perché a loro, come a noi, quel che importa è essere lodati e riconosciuti. Per questo sono incapaci di aprirsi al nuovo, ascoltare e mettersi in discussione. Chiaramente qui Gesù non sta facendo l'elogio dell'ignoranza:condanna chi è pieno di sé, chi impone le proprie idee con la violenza credendosi padrone della verità. Essere piccoli non significa essere ignoranti,ma coscienti che c'è ancora tanto da ascoltare, tanto da imparare...
Gesù usa un'immagine che può essere ambigua: il giogo è sinonimo di schiavitù, di fatica. In realtà, l'origine della parola è in un termine che indica il congiungere, l'unire. Il giogo è uno strumento di lavoro di coppia. Gesù promette riposo a chi prende il suo giogo, cioè a chi si lega a lui, perché la libertà e il riposo non si trovano nell'assenza di gioghi, ma nella fedeltà ai legami che fanno vivere e che danno riposo.
La prima relazione fedele dev'essere quella con Gesù. Se si cammina insieme a lui, si diventa capaci di scelte libere, responsabilizzanti, audaci: si diventa capaci persino di non mettere sé stessi al primo posto, di rinunciare alle posizioni di forza. Per un genitore, ad esempio, una scelta responsabile e audace può essere quella di lasciare andare i figli, vegliare su di loro da lontano, custodirli ma senza sostituirsi a loro... scelte difficili, perché si teme di diventare inutili, estromessi dalla loro vita. E questo fa soffrire.
Scelta audace è affidarsi a Gesù che promette riposo a chi assume il suo giogo. Troppo spesso si parla del giogo di Gesù dimenticando che il suo obiettivo è il riposo. Certamente un giogo resta un giogo e nulla toglie la fatica di portarlo. Amare è qualcosa di impegnativo e la sequela di Gesù comporta sforzo e fatica. Viviamo un tempo in cui la tentazione di eliminare fatica e sofferenza è molto diffusa. L'idolatria del tutto subito e senza sforzo continua a fare proseliti. Davanti a questa mentalità occorre riaffermare che non possono esserci grandi realizzazioni umane e spirituali senza fatica, dedizione, sacrificio. Il giogo di Gesù è divenuto, a un certo punto, un portare la croce. Ma questa è l'unica via per entrare nel riposo di Dio.
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