V Domenica del Tempo ordinario (A)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 2/2020)



ANNO A – 9 febbraio 2020
V Domenica del Tempo ordinario

Isaia 58,7-10 • Salmo 111 • 1 Corinzi 2,1-5 • Matteo 5,13-16
(Visualizza i brani delle Letture)

UNA COMUNITÀ INSIGNIFICANTE?

Con quale fiducia Gesù può chiamare i suoi discepoli "sale della terra e luce del mondo"? Seduto sul monte, davanti alla folla, avvicinatisi i suoi discepoli, Gesù li proclama, davanti a tutti, sale e luce, mostrando verso di loro una straordinaria fiducia. «Voi siete»: è una dichiarazione autorevole. Gesù li costituisce in questa identità di uomini e donne capaci di dare sapore alla terra, di portare luce nel mondo. Questa è la sola e vera identità della Chiesa: essere sale per, luce per.
Non esiste altra Chiesa se non quella che sa dare sapore alla terra, portare luce al mondo. Questo equivale a dire che la Chiesa non vive per se stessa, ma per la terra, per il mondo. La Chiesa esiste per l'altro: è "relativa" alla terra e al mondo, una terra da rendere saporita, un mondo da illuminare.
Proviamo a dirlo in altri termini: noi non siamo Chiesa per noi stessi, non stiamo nella Chiesa per "salvare la nostra anima". Siamo Chiesa per gli altri, stiamo nella Chiesa per "salvare" gli altri, prima che noi stessi. «Chi vuol salvare la propria vita la perderà. Chi perderà la vita per causa mia (come ha fatto Gesù: per gli altri) la salverà» (Mt 16,25), dice Gesù. Questo non significa mettersi in atteggiamento di superiorità, come se fossimo gli unici maestri; ma una Chiesa "sale e luce" significa essere Chiesa "per": non autoreferenziale, ma aperta per il mondo, per gli altri. Fatta di uomini e donne che hanno a cuore la vita degli altri e la loro salvezza, non la propria. Non si va, dunque, a messa per salvare la propria anima, ma per imparare come salvare quella altrui. E se faremo qualcosa per salvare gli altri, allora e solo allora salveremo noi stessi!
E solo così non saremo una comunità insignificante, una Chiesa insipida, una lampada smorta.
In questo senso, oggi c'è bisogno che le nostre parrocchie siano comunità "di eccellenza". Ma essere "eccellenti" non significa essere comunità fatte di "duri e puri", comunità elitarie, esclusive. Esclusive, mai!, semmai "inclusive". Non elitarie, quindi, ma "eccellenti" sì. Siamo chiamati a essere comunità che danno sapore e portano luce. Altrimenti siamo insignificanti.

E come abbiamo usato in fretta, nella Chiesa, la parola "eccellenza"! Abbiamo dichiarato "eccellenze" tutti i nostri vescovi, mettendo su di loro tante aspettative, correndo il rischio di copiare il mondo nella sua ricerca di titoli e onori. Ma l'eccellenza secondo il Vangelo non sta nel porre al centro la propria persona, la propria virtù, il proprio ruolo, la propria dignità. Ma una comunità "eccellente" funzionerà in un altro modo: gli uomini vedendone le opere «renderanno gloria al Padre», non chi le compie!
Ecco l'eccellenza del Vangelo: consiste in quella capacità di dare sapore e luce alle cose, disperdendosi in esse. Il sale sparisce negli alimenti e la luce non può venire catturata: entrambi, sale e luce, diffondono qualcosa che valorizza ciò che è altro da sé. Nessuno dice che è buono il sale, ma la pietanza che il sale esalta. Nessuno loda la luce, ma la bellezza delle cose che essa mette in evidenza. Nessuno deve lodare la Chiesa, onorare "Sua Eccellenza", glorificare le opere che i cristiani compiono. Occorre che stiamo davanti alla domanda scomoda: che cosa veramente ci preoccupa? Il confine chiuso dei nostri muri cattolici o la vita del mondo?


--------------------
torna su
torna all'indice
home