Assunzione della Beata Vergine Maria

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 8-9/2020)



ANNO A – 15 agosto 2020
Assunzione della Beata Vergine Maria

Apocalisse 11,19; 12,1-6a.10ab • Salmo 44 • 1Corinzi 15,20-27a • Luca 1,39-56
(Visualizza i brani delle Letture)

LA NEMICA DELLA FINTA UMILTÀ

Di Maria abbiamo una conoscenza un po' falsata da duemila anni di tradizione cristiana che su di lei ha molto riflettuto, accrescendo il sapere teologico del suo ruolo nella storia della salvezza. Di Maria la Chiesa ha davvero compreso molte cose. Ma tante le ha anche tradite. Nella tradizione popolare, nella predicazione troppo devota, nell'iconografia eccessivamente carica, nella teologia di bassa lega di cui si nutrono tanti libriccini spirituali... di Maria sono state dette molte cose imprecise. A volte inventate, talvolta decisamente bizzarre. Ci sono, poi, le derive spirituali di certi movimenti, che fanno di Maria quasi una dea, ponendola come colei che intercede presso il Figlio, quasi che sia più buona del Figlio, quindi capace di piegarne il giudizio a maggior misericordia.
Sì, ci sono cose gravi che si dicono di Maria. Di una Maria troppo Madonna e poco donna. Troppo santa e poco discepola. Troppo in alto sugli altari anziché in basso, come lei è stata, quando "non era ancora Madonna". Maria ha la grandezza dei piccoli. Per capirla dobbiamo conoscerla per quella che è stata e che il Vangelo di oggi narra. Maria è stata una donna povera, una rappresentante di quel popolo di poveri e umili di Israele che ha custodito la fede, mentre i grandi e i potenti leggevano le Scritture senza mettersi in cammino, come i sacerdoti di Gerusalemme consultati da Erode alla nascita di Gesù.
Maria viene salutata da Elisabetta come «la madre del mio Signore». Nella sua piccolezza Maria non nega questo immenso titolo che la pone, tra tutte le ragazze di Israele, come colei che ha ricevuto il dono di essere la madre del Messia. È piccola e non nega questa gloria che la pone al di sopra di tutte. Maria è capace di accettare questa proclamazione di Elisabetta perché è davvero umile: non ammantata di quella falsa umiltà di cui siamo tanto esperti noi, che ci scherniamo se veniamo lodati per gustare ancor di più l'orgoglio della lode ricevuta. E per la stessa ragione nascondiamo i vizi spacciandoli per virtù.

Maria sa che è il Signore che l'ha fatta grande, per grazia, per elezione. Vedendolo, lei lo proclama grande: «Grandi cose ha fatto in me [... ] per questo la mia anima lo magnifica, lo proclama grande». È l'esperienza, il vissuto che le fa riconoscere che Lui è grande e sa fare in lei, piccola, cose grandi. Perciò, senza tanta falsa umiltà, risponde alla cugina Elisabetta senza diniego: «Sì, mi è stata fatta grazia e io ne sono grata». Ecco, quindi, la nostra vocazione, di cui possiamo prendere coscienza se ci specchiamo in Maria, quella vera,non quella delle immagini distorte. La nostra vocazione è di esser piccoli grandi uomini, piccole grandi donne.
La Chiesa è fatta di un popolo di poveri e umili, che sanno di essere fatti grandi dalla misericordia di Colui che li ha amati. Noi cristiani assomigliamo a Maria quando sappiamo vivere la vera umiltà, che consiste nella consapevolezza dei propri limiti e piccolezza. Ma soprattutto di essere amati gratis e in anticipo e – cosa ancora più difficile – nella consapevolezza di ciò che questo amore fa in noi e per noi: «Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente». Sì, in me! Lui è onnipotente contro la mia impotenza, perché capace di generare al di là della mia sterilità.


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