Pentecoste (A)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 5/2020)



ANNO A – 31 maggio 2020
Pentecoste

Atti 2,1-11 • Salmo 103 • 1 Corinzi 12,3b-7.12-13 • Giovanni 20,19-23
(Visualizza i brani delle Letture)

I FRUTTI DELLO SPIRITO

Commentando il raggiungimento della salvezza della propria squadra, un allenatore di calcio affermò che i giocatori erano stati capaci di vedere ciò che non si vedeva e sembrava impossibile. Questa frase, sorprendentemente, descrive anche l'azione dello Spirito: è colui che ci aiuta a vedere e a credere in ciò che non sembra possibile. Occorre precisare che l'azione dello Spirito non è la creazione dell'illusione, ma l'iniezione di una fiducia e un coraggio che aiuta a superare la paura, la durezza e la diversità.
Dalla paura alla fiducia. I discepoli si trovano chiusi in un luogo per timore dei giudei. Viene Gesù in mezzo a loro e a fianco di questa paura si rende presente anche la gioia per la sua presenza. La nostra vita, molto spesso, è così: un insieme di paura e di gioia. Abita dentro di noi questo doppio registro: da una parte, non ci sentiamo all'altezza di certe cose, crediamo di non essere capaci, dall'altra ci sentiamo incoraggiati da una parola, da un fratello che si rende presente al nostro fianco. Lo Spirito abita questa polarità e ci spinge a non arrendersi, ma ci fa capire che la gioia emerge in mezzo alla paura. Davanti al Signore presente, i discepoli provano una grande gioia, anche se la situazione resta difficile: la paura non è più la forza prevalente, ma resta presente in loro.
Dalla durezza al perdono. Gesù, nel momento in cui si mostra ai suoi, fa vedere le mani e il fianco, nei quali sono presenti i segni della passione, quindi della sua sofferenza, ma soprattutto del suo amore. Il sapore che si avverte dal Vangelo non è un tono di accusa né di ricatto, ma di chi mostra una strada nuova: le ferite sono presenti, ma non sono più il segno della morte e del male, bensì di un amore che ha saputo donarsi fino alla fine.
Si tratta della strada del perdono, che significa via di scioglimento delle nostre durezze, perché diventa accoglienza delle proprie ferite. L'insistenza del Vangelo è forte: «A chi perdonerete sarà perdonato, a chi non perdonerete non sarà perdonato». Non si tratta di uno sforzo di volontà o di un potere, ma di un'esperienza: quando, grazie al dono dello Spirito, riusciamo a impostare in modo nuovo la nostra vita, a comprenderla in un nuovo orizzonte, ad amarla, ad abbracciarla nella sua totalità… ecco l'esperienza del perdono, che unifica la nostra esistenza e subito si riversa sugli altri.

Dalla diversità alla comunione. Immagine concreta di tutto ciò è l'esperienza della comunione, come esperienza di accoglienza e incontro con la diversità che viene abbracciata. Ed è simboleggiato dal parlare la lingua dell'altro, o meglio ancora, dal fatto che l'altro, il diverso, l'appartenente a un'altra etnia, a un'altra cultura… comprenda nella sua "lingua nativa". Lo Spirito, quand'è accolto, ci permette d'essere persone che hanno una parola di salvezza da dire agli altri, uno stile di vita che incontra quello dei fratelli, ai quali annunciare le "meraviglie di Dio".
Ciò che sempre impressiona è che questa presenza non è mai una presenza che uniforma, ma che - per tornare all'immagine sportiva iniziale - consente alla squadra di intravvedere e credere ciò che sembra impossibile, valorizzando l'apporto di ciascuno, con un gioco di squadra: l'esperienza della comunione, garanzia della presenza dello Spirito.


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